Valter Longo e la dieta mima digiuno
Il suo nome è noto perché Valter Longo è considerato un vero e proprio guru della dieta mima digiuno o dieta della longevità. Adesso il medico esperto di anti-aging torna a far parlare di sé per uno studio dal quale sono emersi i benefici di questa alimentazione non solo in termini di benessere generale (o di forma fisica), ma anche nella riduzione dei sintomi dell’Alzheimer. La ricerca, condotta dalla University of Southern California, dove si trova la School of Gerontology di Los Angeles, è stato coordinato proprio dal medico italiano, che abbiamo raggiunto per farci spiegare cosa è stato scoperto.
Cosa ha scoperto la ricerca sulla dieta mima digiuno
«Lo studio è stato condotto prima su un campione di topi, poi anche su un gruppo di pazienti in Italia, dove a Perugia si stanno terminando le analisi su persone che presentano segni di Alzheimer lieve e decadimento cognitivo lieve» premette Valter Longo. Nel primo caso, agli animali sono stati fatti seguire due cicli mensili di dieta mima-digiuno. In particolare, per due volte in un mese sono stati alimentati con una forte riduzione calorica. Il risultato è che la dieta mima digiuno, come spiega Longo, «funziona molto bene e aiuta cognitivamente i topi ad avere effetti ridotti» del morbo di Alzheimer. A diminuire sono stati i livelli di beta amiloide e della proteina Tau iperfosforilata, cioè due responsabili della malattia.
«I risultati sono stati molto molto buoni e il fatto di aver testato la mima digiuno su due tipi di topi differenti ci fa ben sperare sui benefici anche per l’uomo, che comunque stanno già emergendo dallo studio condotto in Italia – spiega l’esperto – Ciò che abbiamo notato sono gli effetti positivi nella riduzione dell’infiammazione a livello cerebrale nel gruppo di topi che ha seguito la dieta mima digiuno».
Nell’insorgenza e nello sviluppo dell’Alzheimer, infatti, un ruolo chiave è giocato dall’infiammazione cerebrale.
Il “superossido” che causa l’Alzheimer: cos’è
Ma come è possibile che l’alimentazione ridotta, seppure per pochi giorni al mese, possa aver prodotto questi benefici? Secondo gli esperti, tra i quali ci sono stati anche i ricercatori italiani dell’Unità operativa di Geriatria del Policlinico San Martino di Genova e dell’Ospedale di Perugia, il motivo starebbe nel fatto che la dieta mima digiuno limita la produzione del cosiddetto “superossido”, cioè un radicale libero che sarebbe la causa principale del danno cerebrale prodotto dal morbo di Alzheimer.
«Fin dal 2000-2001 avevamo individuato il ruolo di questo superossido: si tratta di molecole molto tossiche che sono prodotte dalle cellule immunitarie, cioè cellule “sentinella” contro virus e batteri che sono prodotte dal midollo e poi vanno al cervello con il compito di rimuovere i depositi, che concorrono al decadimento cognitivo» spiega Longo. Hanno la funzione, dunque, di “spazzine”. Il sospetto è che in alcuni casi attacchino i peptidi, cioè proteine che funzionano da antimicrobici che proteggono dalle infezioni, scambiandoli per “nemici” del sistema immunitario. Ne deriva uno stato infiammatorio continuo che a lungo andare causa un danno permanente al cervello che si traduce nell’Alzheimer.
Il metabolismo influisce sull’Alzheimer?
«Ciò che cambia è che 20 anni fa non sapevamo come contrastare questo processo, mentre ora abbiamo visto che la dieta, nello specifico la mima digiuno, riduce i livelli di infiammazione causati da questo superossido» chiarisce Longo. «La maggior parte dei farmaci contro l’Alzheimer, infatti, non risulta efficace: si limita a cercare di bloccare il processo neurodegenerativo, quando però ormai è in corso o in stato avanzato. Pensiamo, quindi, che oltre ai farmaci sia importante un intervento di tipo metabolico. D’altro canto l’importanza dell’alimentazione e del metabolismo sono dimostrati dal fatto che i diabetici hanno un rischio pari a quasi il doppio di sviluppare Alzheimer. La mima digiuno non solo riduce il superossido, ma causa una vera rivoluzione metabolica» prosegue il medico anti aging.
Come agisce la dieta mima digiuno
Secondo Valter Longo e il team di ricercatori, dunque, la dieta mima digiuno sarebbe in grado di limitare il superossido, grazie a una diversa distribuzione dei nutrienti. I topi, infatti, sono stati alimentati prevedendo una buona quota di grassi insaturi, ma un ridotto apporto calorico, poche proteine e carboidrati complessi. In questo modo sono stati imitati gli effetti di un regime alimentare con sola acqua, con il vantaggio però di non far venire meno i nutrienti necessari.
«Nella nostra ricerca abbiamo introdotto dei supplementi chetogenici: il nostro scopo, infatti, era spingere il cervello a funzionare non solo con il glucosio, ma con corpi chetonici (quindi ridcendo drasticamente i carboidrati a vantaggio di proteine e soprattutto grassi, NdR). Noi pensiamo che questo porti, come dimostra la ricerca sui topi, a innescare un meccanismo rigenerativo o di clean up: una pulizia del danno accumulato. Il corpo, con il digiuno, avvia un reset. La nostra speranza è che di verificare anche sull’uomo un processo di pulizia nel cervello per ripristinare almeno in parte ciò che è danneggiato e cosa va riparato, come è stato dimostrato che avviene per l’intestino, il pancreas e il sangue – chiarisce Longo – È possibile che questi interventi rigenerativi funzionino anche per il cervello, perché sono processi naturali».
Lo studio sull’uomo: a che punto è
La ricerca sull’uomo, in fase clinica I, sta terminando: «La maggior parte dei pazienti ha concluso 12 cicli di dieta mima digiuno in un anno, uno al mese, con un risultato sorprendente, considerando l’età e le condizioni: si tratta di persone con diagnosi di decadimento cognitivo lieve o morbo di Alzheimer lieve che, essendo anziani, faticano a cambiare le loro abitudini alimentari» spiega Valter Longo. A ciò si aggiunga la difficoltà di gestire la patologia. «Non possiamo aspettarci miracoli, questo deve essere chiaro, nonostante per il pancreas abbiamo registrato risultati enormi, con la dimostrazione che le cellule beta che producono insulina si rigenerano, seguendo la dieta mima digiuno. Il cervello è sicuramente più complicato, non torna giovane, ma certo seguendo la terapia farmacologica indicata da un neurologo e affiancandola a un intervento nutrizionale messo a punto da un esperto, si possono ritardare gli effetti neurodegenerativi e il declino cognitivo tipici dell’Alzheimer» conclude Valter Longo. Niente fai-da-te, quindi, perché occorre il supporto di uno specialista.