«Vedere un bambino pluriminorato che si porta il cucchiaio alla bocca è come vedere Amstrong che sbarca sulla luna. E se il giorno dopo il cucchiaio torna a volare, tu torni sulla terra, ma sai che subito dopo ripartirai». La grande sfida di chi, come Leopoldo Cozzolino, lavora per la Lega del Filo d’Oro, è quella di costruire ogni giorno una quotidianità fatta di piccoli gesti. E di scommetterci di continuo. «Devo ringraziare le persone sordocieche che mi obbligano a fermarmi, a cercare un contatto, una vicinanza, in un mondo che ormai lavora solo sulla lontananza. Il digitale non crea legami e relazioni ma un’intimità fittizia, a comando. Con i disabili invece devi “starci dentro” in modi e tempi che non decidi tu».
Fare un lavoro che ami oggi è un privilegio. «Io mi diverto e mi emoziono con le persone sordocieche. Lavorare con loro è come cercare la frequenza giusta alla radio: giri la manopolina finché la trovi». Leopoldo, commercialista mancato, di mestiere è infermiere, in realtà da più di 20 anni è l’anima della sede territoriale di Napoli della Lega del Filo d’Oro. E oltre a cercare ogni giorno la frequenza giusta su cui allinearsi, lavora insieme ai colleghi della sede territoriale di Napoli per essere un punto di riferimento per le persone sordocieche, per favorirne l’integrazione nel contesto in cui vivono e con le strutture e i servizi del territorio. Il suo compito è coordinare al meglio tutti gli attori del complesso copione che racconta la vita dei bambini e degli adulti sordociechi, di cui loro stessi sono protagonisti, ma in cui sono coinvolti in prima persona genitori, fisioterapisti, logopedisti, insegnanti di sostegno, operatori scolastici e domiciliari. «Intorno a una persona con disabilità esiste una costellazione di interventi. Si stabiliscono degli obiettivi educativi e poi si valuta man mano come vengono raggiunti, da ciò che succede a casa a quanto si fa a scuola. Noi per esempio lavoriamo a stretto contatto con i presidi, gli insegnanti e perfino gli operatori scolastici, cioè i bidelli, che hanno il compito di aiutare i bambini a mangiare e lavarsi. Il nostro obiettivo è far capire che sul bambino con disabilità esiste un progetto di vita in continua evoluzione e stimolare tutte le persone coinvolte a dare il meglio di sé perché questo progetto sia un successo».
Anche il progetto di vita di Leopoldo è un successo. Era partito con gli studi di economia e commercio ma la spinta verso gli altri gli ha fatto cambiare rotta. «Volevo legarmi, contaminarmi, spendermi per chi ha più bisogno. E così, dall’essere socio di una cooperativa, sono passato a seguire la formazione al centro di Osimo della Lega del Filo d’Oro, dove ho imparato l’alfabeto Malossi e la dattilologia. Poi mi sono diplomato come infermiere e ho iniziato a lavorare qui a Napoli, dove l’associazione non esisteva ancora. Nei primi anni Novanta la realtà del Sud era ancora più difficile di oggi, molto variegata, con tante persone con disabilità che faticavano a uscire allo scoperto e a cercare aiuto. Sono andato io a cercarmele e a portarle prima a casa mia e poi nella sede, che nel frattempo si stava strutturando». Un lavoro da pioniere in un contesto macchiato da diffidenza, vergogna, sfiducia. «Percorrevo anche 4mila chilometri al mese ma se tornassi indietro non cambierei nulla. Ancora oggi qui faccio tutto: riparo la macchina, gestisco i fornitori, organizzo le feste, sbrigo le pratiche».
Persone come Leopoldo sono un punto di riferimento per capire come guardare alla disabilità: «Alle persone disabili io chiedo sempre uno sforzo in più: devono per primi sapersi proporre in un certo modo e mettersi nei panni della persona che li assiste. Spesso i ciechi utilizzano la disabilità per suscitare la pietà altrui, rinunciando alla propria dignità. D’altra parte, anche noi “normodotati”, se vogliamo che i disabili vengano accolti come persone, dobbiamo metterli nella condizione di ovviare alla loro disabilità. Come quando si organizza una cena fuori: ci si deve assicurare che i bagni siano accessibili, o che ci sia luce sufficiente in modo che anche chi ha un residuo visivo possa usarlo».
La vera uguaglianza è questa: mettere il disabile in condizione di fare le stesse cose degli altri in modo che non usi la sua condizione come una scusa.
Aiuta anche tu la Lega del Filo d’Oro
La Lega del Filo d’Oro, presente in 8 regioni con Centri Residenziali e Sedi territoriali, dal 1964 assiste e riabilita le persone sordocieche (189.000 in Italia) e con deficit psicosensoriali, cercando di accompagnarle all’autonomia. Il lavoro prezioso dell’associazione è garantito, oltre che dai volontari, dalle donazioni. Tutti possiamo contribuire ai progetti in corso: il più ambizioso è la costruzione del nuovo Centro nazionale a Osimo, in parte già realizzato. Noi lo abbiamo visitato ed è una struttura accogliente e funzionale che, grazie a spazi ampi, può ospitare e supportare molte persone, tra familiari e persone con sordocecità. Ma c’è bisogno dell’aiuto di tutti per ultimare i lavori.
Fino al 31 dicembre possiamo donare tramite un semplice SMS solidale digitando il numero 45514.
Per saperne di più sulla Lega del Filo d’Oro
Quasi il 50 per cento delle persone sordocieche ha anche una disabilità motoria, 4 su 10 hanno danni permanenti legati a una disabilità intellettiva. In 7 casi su 10 le persone sordocieche hanno difficoltà ad essere autonome nelle più semplici attività quotidiane come lavarsi, vestirsi, mangiare, uscire da soli. Un “esercito” di invisibili con disabilità plurime di cui spesso s’ignora l’esistenza. Dal 2006 le risorse raccolte grazie al 5×1000 hanno permesso all’associazione di moltiplicare il suo aiuto: i centri sono diventati 5 in tutta Italia, le sedi territoriali 8, le persone assistite quasi 900.
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