Tanto vale dirlo subito: ho due figli dislessici, io e mia moglie siamo ex balbuzienti e il mio terzo figlio pure. Confesso che all’inizio non mi sembrava una situazione idilliaca ma, negli anni, ho cambiato idea. Quando il mio secondogenito ha manifestato i primi segni di questo disturbo, io e mia moglie non abbiamo capito: pensavamo che fosse un gran pelandrone.
I sintomi? Distrazione, testa tra le nuvole, odio per i libri, concentrazione ridotta a dieci minuti al giorno. Mamma mia, se penso alle preoccupazioni di quel periodo! Ma, al tempo stesso, in nostro figlio riconoscevamo doti uniche: talento artistico, capacità di relazionarsi con gli altri, generosità, intuizione, qualità istrioniche, creatività e intelligenza.
E allora, come mai questo rifiuto verso lo studio e la scuola? Ed ecco la prima cosa che ho imparato, grazie alle parole di una neuropsichiatra. «Signori miei voi avete un bambino particolare. Non uno scansafatiche ma, semplicemente, un dislessico, disturbo che si può gestire senza problemi. Meno male che ve ne siete accorti subito, così avete evitato sofferenze a lui e preoccupazioni a voi».
Da quel giorno abbiamo iniziato a vederlo in un modo diverso (sia noi sia le maestre) e a valorizzare le tantissime qualità eccezionali. Una cosa positiva della dislessia, poi, è che impone a chi ne soffre di capire subito quali sono le cose che gli piacciono e che sa fare bene, evitando le altre. I miei due figli stanno vivendo il tutto in modo sereno e imparando molto di loro stessi.
La terza cosa che ho imparato è che noi genitori non dobbiamo avere paura di questo disturbo: i ragazzi dislessici sono davvero unici. Pensate che la fidanzata di mio figlio (anche lei dislessica) a 18 anni ha scritto un bellissimo libro, disponibile gratuitamente, per aiutare a capire questo problema. Se volete, potete scaricarlo dalla Rete. Si intitola Dislesia… ah no, scusa, dislessia di Anna Rosa Confuorti. Il titolo non è già stupendo?