In Italia ci sono 350.000 ragazzini che soffrono di Dsa, disturbi specifici di apprendimento. E ogni anno aumentano le diagnosi di dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia.
Se non conosci la dislessia, leggi il nostro progetto speciale.
Si tratta di disturbi dell’apprendimento che, tradotti, significano, nella vita quotidiana, rimproveri degli insegnanti, prese in giro da parte dei compagni, sofferenza dei genitori.
Carlotta Jesi è una giornalista che dirige Radiomamma.it, impresa al femminile da lei fondata, impegnata online e nei quartieri a costruire servizi innovativi per i genitori e una Milano sempre più family friendly.
Carlotta è mamma di due figli, 12 e 10 anni, entrambi dislessici, ed è autrice del libro “I miei bambini hanno i superpoteri” (Sperling & Kupfer), da qualche settimana nelle librerie.
Conosce profondamente il percorso a ostacoli, spesso altissimi, che ogni famiglia affronta quando ha a che fare con la dislessia. «Scrivi meglio è il messaggio che la maestra continua a ripetere su ogni compito. Ma mio figlio non lo fa apposta. D’altronde anche noi genitori, prima di capire cos’era realmente, abbiamo scambiato la dislessia per un crampo alla gamba, un mal di testa, il trasloco, la stilografica con il pennino rotto, quel bullo di quinta e la preadolescenza».
Il libro la racconta bene, questa corsa a ostacoli. Nelle pagine si avverte lo smarrimento di chi non dimentica la frase che uno dei suoi due figli ha sussurrato ai compagni di classe che lo prendevano in giro perché rallentava la ricerca: «Credete che se riuscissi a scrivere meglio e più veloce non lo farei?». Ma “si respira” anche la voglia di valorizzare i “superpoteri” dei bambini, come la creatività. E la capacità di tutta la famiglia di affrontare e risolvere il problema con sensibilità e persino divertimento.
Questa è una intervista a tre. A “mamma Carlotta” e ai suoi due bambini, che qui chiameremo Il Grande e Il Piccolo.
Quando avete scoperto la dislessia?
Mamma Carlotta: «Nel bel mezzo delle elementari dei nostri figli, dopo aver strigliato per mesi il maggiore pensando che svolgesse male i compiti per svogliatezza e mancanza di impegno. Prima di capire che si trattasse di dislessia, abbiamo imputato la sua stanchezza, la sua ansia e la sua fatica ad andare a scuola ogni mattina ai capricci, ai crampi, alla paura dei bulletti più grandi e perfino alla preadolescenza. Lo vedevamo sfiorire e non abbiamo capito il perché finchè la sua battaglia silenziosa contro lettere, numeri e parole non si è trasferita sulle pagine del quaderno».
Il Grande: «Avevo 9 anni, ero in quarta elementare e mi sembrava di non riuscire più a fare niente».
Il Piccolo: «Io ero in seconda, oggi invece frequento la quinta e sto per uscire dalle elementari».
E quando avete capito che chi è dislessico ha dei superpoteri?
Mamma Carlotta: «Quando abbiamo smesso di pensare alle cose che i bambini non riuscivano a fare in modo tradizionale e ci siamo concentrati sul loro, personale, modo di risolverle. Ci siamo messi a studiare come funziona il cervello di un dislessico e abbiamo capito che dovevamo fare un passo indietro, abbiamo imparato a lasciarci stupire da loro senza sgridarli o giudicarli subito perché svolgono i compiti o preparano la cartella in un modo che a noi non sembra efficiente o lineare».
Il Grande: «Durante un viaggio in macchina, i nostri genitori hanno iniziato a spiegarci che mio fratello si ricorda sempre ogni dettaglio e che questo superpotere della memoria non è da tutti. Guidavano e ci dicevano che io, invece, sono bravo a disegnare e a creare fumetti perché metto sul foglio le forme che vedo in testa, perché i dislessici pensano per immagini. E’ il potere della creatività».
Il Piccolo: «In autostrada, mentre il papà e la mamma ci raccontavano dei superpoteri ho pensato a tutte le storie e i personaggi di libri e film che conosco e che gli altri bambini invece si dimenticano. Forse avevano ragione sui poteri…».
Carlotta, cosa consigli alla mamma di un bambino dislessico?
«Innanzitutto, di non smettere mai di dire a suo figlio che è speciale e che ce la può fare. E poi di pretendere che a scuola venga messo nelle condizioni di imparare. Le direi così: “Non avere paura di parlare con presidi, insegnanti e altri genitori. Preparati a fare il finimondo. Se non ti ascoltano insisti, se non capiscono spiega, se ti escludono o ti lasciano sola chiedi aiuto senza vergogna”».
Ragazzi, avete un consiglio da dare a un vostro coetaneo dislessico?
Il Grande: «Magari ti sentirai male perché a scuola ti danno le verifiche facilitate o del tempo in più per svolgere gli esercizi anche se tu ti senti capace di fare i compiti come il resto della classe. Penserai che ti prenderanno in giro per questi aiuti che ricevi, ma gli altri compagni non vedono solo questo aspetto di te quindi cerca di non preoccuparti troppo».
Il Piccolo: «Non pensare di avere una malattia o un problema grave».