Con l’arrivo dell’estate capita a chiunque di sentirsi in imbarazzo nello scoprirsi, soprattutto se c’è qualche chilo in più. Una sensazione di vergogna e pudore insieme, che però normalmente si risolvono in modo rapido e senza conseguenze. Ben diverso è il caso di chi invece non solo è insoddisfatto del proprio corpo o di una sua parte, ma diventa ossessionato al punto da compromettere i propri rapporti sociali, isolandosi e cercando di nascondersi o rivolgendosi a un chirurgo estetico, nella speranza che possa “cancellare” ciò che non piace e viene considerato un “difetto”. In questo caso sia è in presenza di dismorfofobia, un disturbo da non sottovalutare. “In tutti noi c’è una insicurezza legata al corpo che può diventare una dismorfofobia, se non viene affrontata e risolta” spiega a Donna Moderna Marco Inghilleri, psicoterapeuta e vicepresidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale (SISES).
Come riconoscere la dismorfofobia
Secondo alcune ricerche ne soffrirebbe il 12% della popolazione, in particolare donne, ma è difficile inquadrare numericamente il problema, perché molti si vergognano di parlarne. “È un fenomeno in forte crescita, legato alla mercificaszione del corpo e amplificato da social e selfie. Il corpo è diventato un medium, un mezzo attraverso cui costruire le proprie relazioni. In una società che mercifica l’uomo, avere determinate caratteristiche fisiche facilita i rapporti e il successo. Questo, unito a una crescente standardizzazione, spinge ad assomigliare all’idea idealizzata che ci si è costruiti di se stessi. Ma spesso questa è un’ astrazione, non reale” spiega Inghilleri.
“La spettacolarizzazione della realtà costruisce dei modelli ai quali i comuni mortali cercano di assomigliare e adeguarsi. È chiaro che il corpo, in particolare delle donne, è carico di simbologie e finisce al centro delle attenzioni. Questo può portare a una maggiore richiesta di interventi chirurgici, ma anche ad aumentare le problematiche alimentari” aggiunge lo psicoterapeuta.
“Spesso c’è un’insicurezza di fondo, legata a una problematica di tipo psicologico, che porta la persona a cercare di risolvere un dubbio sul proprio aspetto rivolgendosi al chirurgo estetico. Ma il problema non può essere risolto, proprio perché non ha a che vedere con il proprio aspetto” spiega il chirurgo estetico Matteo Stocco. “Sta al professionista capire se intervenire o se parlare con il soggetto, ed eventualmente indirizzarlo allo psicoterapeuta. A me è capitato il caso recente di una donna, che si è presentata chiedendo di eliminare alcune cicatrici da acne giovanile. Ma queste cicatrici semplicemente non c’erano, quindi mi sono astenuto, consigliando di rivolgersi a un esperto in campo psicologico” spiega il medico.
Quali sono i sintomi?
“Alcuni tratti ricorrenti nei soggetti che soffrono di dismorfofobia sono il continuo controllo del proprio aspetto, che si traduce in una costante auto osservazione che porta dei comportamenti ripetitivi come specchiarsi nelle vetrine, senso di disagio sociale (o fobia sociale), coprire il corpo o alcune sue parti, o ancora ad esempio il disertare la spiaggia, dove il corpo è esposto” spiega Marco Inghilleri. Anche gesti che appaiono piuttosto comuni, come il coprirsi il viso con i capelli, possono dunque nascondere un disagio più profondo.
A che età?
“Il disagio nei confronti del proprio corpo compare la prima volta che si ha uno sguardo consapevole di sé, quindi nell’adolescenza perché è in questo periodo della vita che è fondamentale avere una buona relazione sociale. A quest’età il corpo cambia e l’adolescente sente di perdere il controllo: non sa come diventerà e questo crea ansie e angosce rispetto a quello che sarà il risultato finale. Ecco che la chirurgia estetica rappresenta il tentativo di incanalare e controllare i cambiamenti” spiega Inghilleri.
Quando diventa patologia?
“Diventa un problema più serio nel momento in cui la richiesta di modifica parti del proprio corpo diventa un pensiero pervasivo e ricorrente, a cui non corrisponde un riscontro oggettivo all’osservazione medica. Ognuno vive in modo differente quelle che possono essere delle disarmonie, ma se queste non ci sono, allora si è in presenza di un disturbo più serio” dice Stocco.
Quali parti del corpo?
“Il viso è una delle parti sulle quali si richiede maggiormente di intervenire, nella fattispecie per cancellare quelli che sono visti come difetti di tipo dermatologico: è il caso delle cicatrici da acne, della disomogeneità della cute (come per alcune macchie) o del naso. Ma naturalmente anche il seno è al centro delle attenzioni per le donne. Nella mia esperienza, a soffrire di dismorfofobia sono nel 70% proprio le donne e per un 30% gli uomini, ma con un aumento per questi ultimi” aggiunge Stocco.
Se il sesso debole diventano gli uomini
“Per il sesso maschile si parla di vigoressia, ovvero la maniacalità nel vedersi troppo magri, con pochi muscoli, oppure con pochi capelli o con dimensioni dei genitali ritenute inadeguate” – dice il chirurgo estetico – “Non è un caso che siano un crescita richieste come l’allungamento del pene”. “In effetti gli uomini oggi tendono a voler essere apollinei, con un corpo statuario. D’altra parte c’è una iper erotizzazione del corpo. Come sessuologo vengo spesso interpellato da persone che soffrono per le dimensioni dei genitali, pensando di non essere sufficientemente dotati. Un’altra richiesta riguarda lo sbiancamento dell’ano. Il problema è che in questa società l’essere belli viene considerato già un biglietto da visita verso il successo, inteso come il possesso di oggetti, dalla bella macchina al lavoro ben pagato” spiega Inghilleri.
“Il fenomeno sta interessando molti giovani: sono numerosi i ragazzi che passano ore in palestra per modellare il corpo e corrispondere a un’idea che hanno di loro stessi. Ma in realtà cercano di risolvere problematiche che sono esclusivamente interne e psicologiche. Per raggiungere certi ideali molti giovanissimi assumono sostanze dopanti, senza considerare che queste portano atrofia ai testicoli, impotenza e sterilità. L’idea di forza fisica, esterna, in realtà è compensatrice di una enorme fragilità interiore: il sesso debole oggi quello maschile, non quello femminile” conclude il sessuologo e psicoterapeuta.
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