Un nuovo studio dell’Università di Helsinki, pubblicato sulla rivista JAMA Psychiatry, ha esaminato quanto il disturbo mentale possa venire trasmesso all’interno delle reti di adolescenti.

Lo studio sugli adolescenti finlandesi

Nello studio sono stati inclusi i dati su tutti i cittadini finlandesi nati tra il 1 gennaio 1985 e il 31 dicembre 1997, le cui informazioni demografiche, sanitarie e scolastiche erano collegate dai registri nazionali. I membri della coorte sono stati seguiti dal 1° agosto dell’anno in cui hanno completato la prima media (all’età di circa 16 anni) fino alla diagnosi di disturbo mentale, emigrazione, morte o fino al 31 dicembre 2019, a seconda di quale evento si sia verificato per primo. L’analisi dei dati è stata eseguita dal 15 maggio 2023 all’8 febbraio 2024.

adolescenti

Adolescenti e probabilità di sviluppare un disturbo mentale

I ricercatori hanno esaminato i dati di oltre 710.000 finlandesi provenienti da 860 scuole superiori per determinare se avere un amico con un disturbo mentale influenzasse la probabilità di svilupparne uno a loro volta. A circa 47.000 persone del gruppo è stato diagnosticato un disturbo mentale. Dei restanti 666.376 membri della coorte, 167.227 persone (25,1%) hanno ricevuto una diagnosi di disturbo mentale durante il follow-up.

L’influenza dei compagni con disturbi mentali

I ricercatori hanno scoperto che c’era un aumento del 5% nel rischio totale di aver diagnosticato un disturbo mentale se la persona aveva più di un compagno di classe diagnosticato; nessun aumento del rischio, invece se il compagno diagnosticato era uno solo. L’associazione era particolarmente forte nel primo anno di follow-up, con un aumento del rischio del 9% se una persona aveva un compagno di classe diagnosticato e un aumento del rischio del 18% se aveva più di un compagno di classe diagnosticato. I rischi risultati più alti erano relativi a disturbi dell’umore, d’ansia e alimentari.

I risultati dello studio finlandese suggeriscono che i disturbi mentali potrebbero essere trasmessi all’interno delle reti dei coetanei adolescenti, anche se saranno necessarie ulteriori ricerche per chiarire i meccanismi alla base di questo possibile “contagio”.