Estendere i divieti di fumo anche a spazi esterni – dove si ritrovano bambini e donne in gravidanza e non solo – a cominciare da parchi pubblici, arene estive e luoghi per spettacoli all’aperto, spiagge attrezzate, stadi, campi sportivi, giardini e pergolati di ristoranti e pizzerie. Aumentare, e di molto, il prezzo delle sigarette tradizionali e pure delle sigarette elettroniche e ricariche. Prevenire i  danni ambientali provocati dai mozziconi di sigarette buttati in giro.

Le proposte – girate al governo, al parlamento, alle altre istituzioni e ai cittadini – arrivano dagli esperti del Comitato nazionale per la bioetica (bioetica.governo.it), l’organo pubblico con compiti di consulenza e di informazione sui temi sensibili legati all’ambito delle scienze della vita e della cura della salute, al progredire delle ricerche e alle applicazioni tecnologiche.

“Divieto di fumo all’aperto: una battaglia da rilanciare”

“Nel 2003 – spiega il presidente, Vincenzo D’Avack, avvocato, giurista e professore universitario – il Comitato aveva già elaborato e  presentato un documento su questi temi. Abbiamo sentito il dovere di rilanciare le problematiche trattate, con una nuova mozione, anche perché nel frattempo sono arrivate sul mercato le sigarette elettroniche e perché le ricerche scientifiche ci dicono che sono comunque in aumento i tumori polmonari. In questi anni qualche passo avanti si è fatto, ad esempio vietando di fumare in macchina, oltre che nei luoghi pubblici chiusi. In alcune stabilimenti balneari sono state messe delle limitazioni, per scoraggiare i tabagisti. Ma alla norme non sempre si accompagnano le sanzioni e così, si pensi a ospedali e scuole, i divieti non spesso non vengono rispettati”.

“Libertà individuale, danni per tutti”

Altra considerazione del professor D’Avack, autore del testo della mozione in tandem con Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto farmacologico Mario Negri di Milano: “Il nostro intento non è quello di interferire con i comportamenti e le libertà individuali, come qualcuno ci accusa di fare. Non ci stiamo accanendo contro i fumatori e le libere scelte dei singoli. Vogliamo invece richiamare nuovamente l’attenzione della società sulle conseguenze negative individuali e collettive generate dal consumo di tabacco. Pur muovendo dal rispetto della libertà individuale – continua – bisogna essere consapevoli degli  atti che provocano danno ad altri, considerando in particolare le implicazioni per la salute del fumo passivo.  Dal punto di vista bioetico questa situazione è ancora più rilevante in determinate circostanze, ad esempio in presenza di donne in gravidanza e di minori che vivono tra adulti che fumano. Allo Stato – rimarca sempre il presidente del Comitato nazionale per la bioetica – compete il compito di tutelare insieme i singoli e la collettività, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona”.

Le e-cig non sono immuni da rischi

Un altro aspetto che sta particolarmente a cuore ai membri del Comitato per la bioetica è la necessità di alzare il livello di informazione, e di consapevolezza, sulle e-cig. “Nel  suo recente rapporto sul fumo – si argomenta nella mozione e il presidente D’Avack tiene a ribadire – l’Organizzazione mondiale della sanità ha voluto sottolineare la nocività di questi prodotti per la salute non solo dei fumatori, ma anche per quella di terzi. La ragione? Rilasciano nell’aria composti tossici e includono additivi il cui effetto non è ancora noto. E non è ancora chiaro se aiutino davvero a smettere di fumare. Molte persone le usano in parallelo alle sigarette tradizionali: si fuma il tabacco convenzionale dove è possibile farlo e si ‘svapa’  nei luoghi dove esistono i divieti. Nelle e-cig, sebbene non si raggiunga la combustione, la nicotina è comunque presente nel prodotto, ad eccezione del vapore aromatizzato”.

Tutte le richieste del Comitato nazionale per la bioetica

Fatte queste premesse, richiamati i dati epidemiologici, il Comitato sollecita una serie di interventi mirati,  “da attivare con urgenza visto il grande rilievo che possono assumere per la salute pubblica” e evitando il rischio di “stigmatizzare le persone che fumano”, coinvolgendole invece in chiave positiva. Alla richiesta di estendere lo stop al tabacco in spazi esterni, frequentati da più persone, si aggiungono altri suggerimenti.  Ecco i principali, puntualmente motivati. La prima cosa su cui si batte è la prevenzione. “Bisogna promuovere una informazione corretta sui pericoli dell’uso del tabacco per sé e per gli altri e rendere efficace la campagna antitabagismo nelle scuole di ogni ordine e grado e nei luoghi di lavoro, fornendo linee guida e percorsi didattici, con l’ausilio di personale specializzato, di medici, psicologi, sociologi e mass media. Occorre anche incrementare il numero di centri antitabagismo, oggi poco numerosi in Italia”.

Sigarette elettoniche: “Più informazioni”

Per quanto riguarda le e-cig, si ritiene opportuno attivarsi per “informare adeguatamente gli utenti che il preteso beneficio di svezzamento che deriva dall’uso delle sigarette elettroniche non trova alcuna prova scientifica e non è scevro di rischi per il fumatore e per chi gli sta accanto”. Ergo, “le limitazioni imposte nel nostro Paese andrebbero estese anche alle sigarette a tabacco riscaldato e alle sigarette elettroniche”.

Sigarette: prezzi, rincari, tassazione

“In Italia – ancora parole del Comitato – un pacchetto di sigarette ha un costo che è in linea con la media europea, ma che è la metà rispetto al Regno Unito, Irlanda e Norvegia e  di molto inferiore a Paesi quali Francia, Svezia, Svizzera, Islanda”. Limitarsi a ritocchi minimi – come sembra succederà a breve, con 40 centesimi in più a pacchetto – non viene ritenuto sufficiente. “Per scoraggiare gli acquisti e il consumo  – sostiene il presidente – dovremo allinearci ai prezzi più alti e imporre una maggiore tassazione. Inoltre è importante che non vi siano differenze significative di prezzo tra i diversi tipi di tabacco. Aumenti non generalizzati rischierebbero di indurre semplicemente i fumatori a consumare il prodotto più economico. È questo il caso dei tabacchi trinciati per sigarette rollate a mano, che costano quasi la metà rispetto alle sigarette confezionate, e che sono sempre più usate in Italia, soprattutto dai più giovani”.

Attenzione anche all’ambiente

Esperienze positive e progetti ad hoc già esistono. Ma sono pochi e in aree delimitate. “Si deve richiamare l’attenzione e sensibilizzare sul fatto che i mozziconi delle sigarette usualmente abbandonati per strade e in spiagge e parchi pubblici, spesso perché mancano adeguati contenitori, sono realizzati in acetato di cellulosa, sostanza difficilmente biodegradabile e causa di un persistente e continuo inquinamento ambientale. Se accendere una sigaretta significa immettere più di 4.000 sostanze chimiche ad azione nociva, tossica e cancerogena, una parte di queste resta nel filtro e nella parte non fumata. Oltre a una riduzione del consumo di sigarette, serve un comportamento consapevole e responsabile da parte degli utenti e da parte dei comuni, degli amministratori locali, dei datori di lavoro: dovrebbero non solo emanare regole di comportamento – ecco i desiderata –  ma anche istallare, come accade per altre tipologie di rifiuti, raccoglitori su misura” .

“Basta pubblicità e stop alle sponsorizzazioni”

Il Comitato vorrebbe poi far mettere al bando spot e inserzioni. Come?  “Inibendo ogni forma di pubblicità anche occulta dei prodotti e dei marchi riferibili al tabacco o alle sigarette elettroniche”. Da eliminare sarebbero anche le sponsorizzazioni, erogate “dai produttori di tabacco anche a fondazioni politiche o istituti di ricerca”.  Di contro “fondi pubblici, trasparenti e svincolati da condizionamenti di parte” dovrebbero incrementare i progetti di ricerca “coinvolgendo medici, psicologi, antropologi, pubblicitari, al fine di una migliore conoscenza dei lati oscuri o poco conosciuti del tabagismo (ad esempio i meccanismi della dipendenza), così da aumentare gli strumenti di prevenzione primaria”. Ultima richiesta, non meno importante: “Considerato l’utile che lo Stato ricava dalla vendita di sigarette e affini, sarebbe opportuno prevedere la possibilità che il Servizio sanitario nazionale rimborsi i farmaci per il trattamento del tabagismo e disponga di maggiori risorse per la cura della dipendenza”.

Qualche dato, per inquadrare rischi e pericoli

“Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità – ricorda la mozione del Comitato per la bioetica –  il fumo di tabacco rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile. È riconosciuta da tempo l’associazione con i tumori del polmone, del cavo orale e di gola, esofago, pancreas, colon, vescica, prostata, rene, seno, ovaie e di alcuni tipi di leucemie. Otto  milioni di persone perdono la vita ogni anno per i danni da tabagismo e ci sono 1,2 milioni di decessi di non fumatori  a causa dell’esposizione al fumo passivo. Al fumo di sigaretta è attribuibile l’85-90 per cento di tutti i tumori polmonari. Nel 2019 sono attese in Italia 42.500 nuove diagnosi di tumore del polmone (29.500 negli uomini e 13.000 nelle donne). La sopravvivenza a 5 anni dei malati è pari al 16 per cento, condizionata negativamente dalla grande proporzione di pazienti diagnosticati in stadio avanzato. La sopravvivenza a 10 anni dei pazienti è 12 per cento (11 per cento tra gli uomini e 15 tra le donne). I non fumatori esposti al fumo passivo – non viene mai ripetuto abbastanza – presentano un aumento del rischio relativo di ammalarsi di tumori del polmone nel corso della loro esistenza”.

In Italia quasi 12 milioni di tabagisti

Eppure “gli ultimi studi statistici indicano che in Italia vi sono ancora 11,6 milioni di fumatori. Sul totale della popolazione italiana a partire dai 14 anni d’età fuma il 23,3 per degli uomini e 15 per cento delle donne. Si stima che siano attribuiti al fumo di tabacco più di 70.000 morti l’anno con oltre il 25 per cento di questi decessi compreso tra i 35 e i 65 anni di età, che rappresentano un importante potenziale per patologie tumorali, respiratorie e cardiovascolari. Le azioni di educazione sanitaria e prevenzione intraprese non sono sufficienti a scoraggiare il consumo. Inoltre da alcuni anni l’industria del tabacco sta promuovendo le nuove sigarette a tabacco riscaldato e incrementando il suo mercato verso la sigaretta elettronica. Questi prodotti di nuova generazione – conclude il Comitato per la bioetica –  sono reclamizzati come meno tossici attraverso una pubblicità ingannevole. I pacchetti delle sigarette a tabacco riscaldato ad esempio non contengono le ‘immagini shock’ che si trovano nei pacchetti tradizionali”.