Seta nera e orli di pizzo, ricami preziosi, margherite e limoni che fanno capolino su spalle e gambe, borse e occhiali che più trendy non si può. Ecco a voi la collezione Abaya di Dolce & Gabbana. I due stilisti italiani hanno lanciato la prima linea di tuniche (abaya, appunto) e veli tutta destinata alle donne musulmane. Un debutto che ha fatto davvero discutere. Perché non si parlato solo di stile, linee e tessuti, ma anche di cultura e religione. Due termini oggi infuocati.
Il mercato prima di tutto
Allora, cerchiamo di capirne di più. Non è la prima volta che il mondo delle passerelle flirta con le fedeli di Allah. La prima a provarci con una “Ramadan collection”, nel 2014, è stata la stilista americana Donna Karan, seguita a ruota dal brand stelle e strisce Tommy Hilfiger. Poi sono arrivati anche i marchi low cost Zara, Mango e H&M, che ha fatto posare la modella di origini arabe Mariah Idrissi.
Il motivo della liaison tra moda e Islam? Semplice, l’economia. Lo confermano i dati della società d’informazione Thomson Reuters: l’anno scorso i consumatori arabi hanno speso quasi 300 miliardi di dollari in abiti e accessori, nel 2019 ne sborseranno 500.
La collezione D&G sarebbe “passata di moda”
Insomma, è un mercato che fa gola a molti. Peccato che la strada verso i guadagni sembri lastricata di buche. Infatti, dopo la collezione di Dolce & Gabbana sono fioccate le polemiche. Soprattutto sulla stampa mediorientale: “Le modelle scelte non vanno bene (sono chiaramente europee, ndr) e gli abaya sono passati di moda” ha tuonato la creativa saudita Nabila Nazer. “Mi piace l’idea ma non il modo in cui è stata realizzata. Se avessero studiato meglio, avrebbero compreso che questi capi per noi non rappresentano più una novità”.
Il hijab è una dichiarazione di moda?
Sulla Rete sono nate le squadre: quella favorevole alla collezione, fatta di tantissime donne e under 25 che hanno ringraziato gli stilisti per aver finalmente pensato a loro; e quella contraria, con l’hashtag “nothanksD&G” e il commento più ritwittato che recita “Il mio hijab non è una dichiarazione di moda. Preferisco pregare Allah per conto mio”.
La collezione sfata molti pregiudizi
Perché, è inutile negarlo, in questo caso le tendenze si mischiano con tanto altro. “Io voglio applaudire questa iniziativa” ci confessa Alia Khan, fondatrice e presidentessa dell’Islamic fashion and design council (una specie di Camera della Moda araba). “Domenico Dolce e Stefano Gabbana si stanno prendendo dei rischi e sono da apprezzare. Prima di tutto, hanno dedicato a migliaia di donne dei capi lussuosi ed eleganti. E poi stanno contribuendo a sfatare i pregiudizi che circolano su di noi. Troppi occidentali ci identificano con veli e sottomissione, ma siamo molto di più. E vedere questa collezione sulle riviste e sulle pubblicità permette agli europei di familiarizzare con noi, di capirci.
Certo, c’è tanto da fare. Noi, per esempio, puntiamo molto sulla modest fashion, ovvero una moda che non si limiti solo a impreziosire una tunica ma che crei abiti inediti, dal sapore occidentale e al tempo stesso rispettosi delle nostre tradizioni. Perché quelle rimangono ben salde. Lo dico a studiosi ed esperti che si meravigliano e ci accusano di non occidentalizzarci mai. In fondo, voi vorreste musulmanizzarvi?”.