Se un italiano (e un’italiana) su cinque alla domanda «Condivide l’idea che le donne dovrebbero stare a casa per potersi prendere cura della famiglia?» risponde di sì, non è solo questione di emancipazione. Sarebbe troppo semplice spiegare così questo risultato shock al sondaggio commissionato a Tecné dall’agenzia di stampa Dire – e presentato in Senato – che vi abbiamo rilanciato su Facebook. È troppo semplice perché è la nostra Italia di oggi a essere estremamente complessa.
A spiegare il tutto, senza tanti mal di pancia e partiti del “donne a casa” o “donne lavoratrici”, basterebbe la fotografia tracciata da Livia Papagni e condivisa, tra tante, da Sandra Franceschini e Consiglia Castaldo: «Da donna insegno alle mie figlie che devono lavorare per se stesse, per essere indipendenti. Da madre spiego loro che devono lavorare per poter mantenere i figli che mettono al mondo perché non è detto che i mariti restino per sempre, ma i figli da mantenere sì. Da lavoratrice dico che mancano i servizi per permettere alle donne di lavorare anche dopo i figli. Da imprenditrice dico che per le aziende assumere donne giovani con la prospettiva di farsi carico delle loro maternità, riduzioni di orario e assenze è un suicidio».
Ecco, forse la spiegazione di quella risposta che avete definito “medievale” sta tutta qui: nella mancanza di strutture, aiuti, sostegno alle donne che lavorano, come sottolineano Roberta Fogli e Alessandra Lipari. Che aggiunge: «Invece del reddito di cittadinanza avrebbero potuto istituire lo stipendio per le casalinghe. Sarebbe giusto permettere a ogni donna di scegliere se lavorare oppure stare a casa, che è un lavoro a tutti gli effetti». Fanno eco Maria Grazia, Ginevra De Santis e Celeste Felicia, ma il dibattito rischia di perdersi perché lo stipendio delle casalinghe accende gli animi (più di 20 commenti su questo, tutti a favore, da Donata Calza a Roberta Chiarini, tra tanti). E intanto la questione si smaglia tra “più part time per le donne” e “tre anni di maternità dopo la nascita del bambino”.
In realtà non è questo il punto, lo sappiamo. Piuttosto, dobbiamo chiederci: se il mercato del lavoro non sostiene le aziende, che libertà di scelta hanno le donne? Così possiamo anche capire le parole di Roberta Fogli e Annamaria Spagnuolo: «Visto che siamo costrette a stare a casa, almeno educhiamo i nostri figli». Il che ha, amaramente, un altro vantaggio: «Già che di lavoro ce n’è poco, almeno riduciamo la concorrenza».