Ha imperversato sui social il caso di Jenna Kutcher, fotografa e modella curvy che, dopo aver postato su Instagram una foto di lei insieme al marito “Mr. Addominali”, si è trovata a fronteggiare un’orda di commenti indignati. Alla ripetuta domanda: «Ma come fa uno come lui ad aver sposato una come te?», la Kutcher ha risposto: «Negli ultimi 10 anni questo uomo ha accolto ogni mia curva, ogni mio difetto, e mi ha sempre ricordato che sono bellissima anche quando non mi sentivo così. Sì, le mie cosce si toccano, le mie braccia sono piuttosto grandi e il mio stomaco un po’ sporgente, ma in questo modo lui ha più parti di me da amare e ho scelto un uomo che fosse in grado di apprezzarle tutte. Sono molto di più del mio corpo, così come lui e così come voi».
«Chi non è all’altezza degli standard deve accontentarsi»
Sembrerebbe l’ennesimo caso di bodyshaming. Ma credo che qui entri in gioco il meritarsi la felicità. Che l’idea sottesa ai post contro Jenna sia: come può una donna di quella stazza ambire a Mr. Addominali, e addirittura conquistarlo? Lo stesso grido di sorpresa e sospetto si era registrato alla vista dell’attore Hugh Jackman e di sua moglie Deborra-Lee Furness, lei meno avvenente di lui e considerata fortunata per aver sposato un uomo di 13 anni più giovane. «Quello fortunato sono io, mia moglie mi ha salvato la vita» risponde Jackman nelle interviste. Ma non serve. Stesso discorso per Brigitte Macron, 24 anni più del consorte presidente francese Emmanuel e da lui definita «la mia ancora». Il vizio di forma è duplice: da un lato, la parte migliore della coppia è lui, giovane, bello e palestrato (e lei ha fatto il colpaccio); dall’altro, una donna fuori standard (troppo grassa, troppo brutta, troppo vecchia) dovrebbe accontentarsi di un menu ristretto di anime gemelle (anche loro troppo grasse, troppo brutte, troppo vecchie).
«Un fisico oversize offende i canoni sociali»
Perché tanti la pensano così? Lo spiega bene Roxane Gay, una delle voci del femminismo contemporaneo più interessanti, nel memoir Fame. Nel libro racconta la storia del proprio corpo, violentato quando era piccola e che lei ha poi cercato di rendere indesiderabile, creando una cortina di grasso intorno a sé che allontanasse gli altri. Con quel corpo, arrivato a pesare 260 chili, ha vissuto per 43 anni analizzando il modo in cui veniva catalogata, compatita, incoraggiata, rifiutata. Dice Roxane: «Non mi permettono mai di dimenticare lo spazio eccessivo che il mio corpo osa occupare e la voce che oso utilizzare, la fede che oso riporre nel valore della mia voce sia a dispetto sia per via del mio corpo. Qualunque risultato ottenga, io sarò sempre, innanzitutto e soprattutto, grassa». Questo, per Roxane, dipende dal fatto che un corpo grasso è un corpo ribelle, non disciplinato. Un corpo che, secondo la società, dovrebbe trovare la forza o la volontà di diventare “normale”: termine con cui, tra l’altro, si designa una magrezza sempre più accentuata. Provate a osservare in quante pubblicità compaiono donne che hanno ritrovato il sorriso e la sicurezza in sé vedendo un tot di chili in meno sulla bilancia. Sicuri che tutto ciò sia possibile solo perdendo peso? Che solo chi è magra “meriti” di essere e mostrarsi felice?
«Si può prendere peso in gravidanza, a patto di perderlo subito dopo»
Drew Barrymore ha raccontato in tv di essere stata avvicinata in un ristorante da una fan che si congratulava per la sua gravidanza. La risposta dell’attrice? «Non sono incinta, sono grassa!». E qui c’è un’altra gabbia mentale: le donne possono prendere peso solo quando sono incinte (mentre cioè assolvono al loro secondo ruolo, oltre quello di essere belle, cioè essere madri), a patto, soprattutto se sono star, di tornare subito dopo a sfoggiare la taglia normale. Mi viene il sospetto che a confondere la fan della Barrymore sia stato non il “pancino” caro ai paparazzi ma la serenità che dimostra: Drew è in pace col suo corpo, le piace il cibo e quando non è sul set riprende qualche chilo. Una libertà simile di solito non viene perdonata alle donne dello showbiz e, poiché siamo facilmente influenzabili, nemmeno a quelle che conducono una vita lontano dai riflettori. Il nostro corpo dovrebbe essere il contenitore con cui portiamo in giro noi stessi, non una zavorra che ci impedisce di vivere la vita che vogliamo, di innamorarci e farci amare. A questo proposito Gay racconta di non aver mai osato aspirare al piacere sessuale: abituata a credere di non essere all’altezza degli uomini che le interessavano, si accontentava di chi aveva la magnanimità di amare un corpo come il suo. L’amore non per scelta, ma per gentile concessione. Perciò fanno scalpore Jenna Kutcher e Drew Barrymore: perché smentiscono l’equazione “magrezza=felicità”. Eppure anche nella Dichiarazione di indipendenza americana è scritto che che tutti gli uomini «sono detentori di diritti inalienabili, fra questi la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità». Ho controllato: non dice nulla sulla grandezza del sedere.
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