Le donne in carriera divorziano molto più facilmente rispetto alle loro controparti maschili, persino in un Paese come la Svezia che è al primo posto fra quelli in Europa che più si sono impegnati nel combattere il gender gap (e cioè la distanza tra le condizioni socio-economiche degli uomini e quelle delle donne). Un Paese, insomma, che fa molto meglio dell’Italia, dove secondo il 24° Rapporto sulle Retribuzioni il divario tra i salari degli uomini e quelli delle donne oscilla tra l’8,1% e il 13,5%, a seconda dell’inquadramento lavorativo.
Le donne pagano il prezzo più alto
La notizia deriva da un recente studio dell’Università di Stoccolma pubblicato sull’American Economic Journal e riportato dalla Bbc, che rileva appunto come le donne, anche a fronte di incentivi come congedi parentali generosi e soluzioni lavorative flessibili, «finiscono comunque per pagare un prezzo più alto per il loro personale successo nella carriera». «La promozione a un lavoro di alto livello in politica aumenta il tasso di divorzi tra le donne ma non per gli uomini, e le donne che diventano amministratori delegati divorziano più velocemente rispetto agli uomini che ricoprono lo stesso ruolo», ha sintetizzato Johanna Rickne, professore all’Università di Stoccolma e coautrice della ricerca.
Lo studio, che ha preso in esame uomini e donne eterosessuali che lavorano per aziende private con 100 o più dipendenti, ha scoperto che le donne sposate avevano il doppio delle probabilità di divorziare tre anni dopo la loro promozione a livello di Ceo rispetto alle loro controparti maschili. Per quanto riguarda il settore pubblico, avvalendosi di una documentazione che spazia negli ultimi trent’anni, secondo la ricerca le donne sindaco e parlamentari promosse dopo un’elezione hanno raddoppiato le loro possibilità di separarsi dai loro partner, mentre non c’erano prove di un effetto simile per gli uomini.
Anche le dottoresse, gli agenti di polizia e le sacerdotesse che hanno progredito nella loro carriera seguono questa tendenza. Gli autori hanno anche osservato che anche se la maggior parte dei partecipanti allo studio aveva figli, questi ultimi avevano già lasciato la casa dei genitori prima del loro divorzio, quindi i fattori di stress non erano collegati alla pressione di avere figli piccoli.
Ci sono in gioco fattori culturali difficili da riformare
Secondo Rickne, «sebbene la Svezia abbia fornito la legislazione e le strutture sociali per far sì che una donna non debba scegliere tra la famiglia e la carriera, la ricerca rivela che quello che succede nelle famiglie una volta che le donne fanno grandi avanzamenti di carriera è tutt’altra storia». Secondo i ricercatori, infatti, nonostante i grandi passi in avanti in materia di emancipazione dai classici (e rigidi) ruoli di genere, «è ancora piuttosto inusuale che gli uomini siano quelli che supportano le proprie compagne nelle loro carriere». Ovvero, che siano loro a occuparsi al lavoro di cura tradizionalmente affidato alle donne.
D’altra parte, è anche vero che «le donne con un alto reddito tendono a non sposare uomini con un reddito inferiore che potrebbero diventare dei “mariti domestici”. Sposano spesso uomini con un reddito ancora più alto del loro. Ma pensando alle possibilità sul mercato del lavoro, quest’ultima potrebbe non essere la scelta più giusta. La cosa migliore è cercare di costruire una relazione egalitaria sin dall’inizio». Tra le coppie Millennial le cose vanno decisamente meglio: non sono rari i casi di partner che, sul fronte lavorativo, si supportano a vicenda in diverse fasi della vita, ma la strada per raggiungere una parità coniugale è ancora lunga.