Le parole, sofferte, di Jacinda Ardern che ha annunciato di lasciare la guida del suo Paese, la Nuova Zelanda, hanno fatto il giro del mondo, soprattutto per la motivazione: “Sono umana, non ho più energie”, ha detto la premier dimissionaria. Un’ammissione che arriva da una donna giovane, Millennial, classe 1980, dunque 42enne, che aveva appena cominciato il suo sesto anno di mandato dopo aver preso le redini del Paese a soli 37 anni, cioè diventando una delle leader più giovani al mondo.

Jacinta Ardern: incinta durante il mandato

A 38 anni Jacinta Ardern era persino diventata la seconda leader mondiale di sempre ad affrontare una gravidanza durante il suo incarico. Anche lei non lo ha dichiarato esplicitamente, ma dietro le motivazioni ci sarebbe proprio la difficoltà – anche fisica – a gestire un carico di impegni e responsabilità così importanti: famiglia e lavoro, per di più un lavoro di estrema delicatezza come quello di guidare un Paese.

Come per Giorgia Meloni, prima donna presidente del Consiglio in Italia: è nata nel 1977, dunque 46enne, e come la Ardern è madre oltreché leader politica (sua figlia Ginevra ha 6 anni). Un’altra giovane donna in politica è Sanna Marin, premier finlandese, entrata in carica come primo Ministro ad appena 34 anni. Giovani, sì, ma forse troppo poche e più pronte a tirarsi indietro rispetto alle loro madri e nonne, che avevano lottato per l’emancipazione?

Jacinda Ardern
Jacinda Ardern

Le Millennials leader in politica

Il gesto della Ardern è stato accompagnato da diversi commenti: in molti hanno applaudito il coraggio di aver fatto un passo indietro, ammettendo una difficoltà. Altri hanno sottolineato gli ostacoli nel portare avanti il doppio ruolo – o triplo – di madre, moglie e capo di un Governo. In ogni caso un gesto che arriva da una classe di leader Millennials, che forse per la prima volta hanno la possibilità di arrivare lì dove le donne che le hanno precedute non sono potute arrivare. Perché, allora, scegliere di fermarsi?

«La politica è una professione totalizzante, che richiede molto: insomma, non è un lavoro come altri, che ha orari più o meno fissi» spiega Ilaria Li Vigni, autrice di Donne e potere di fare (Franco Angeli), avvocata penalista e studiosa di politiche di genere. «In questo caso in particolare, va considerato che forse ha colpito perché – al contrario e soprattutto in Italia – siamo abituati a politici di lungo corso, che tendono a faticare a lasciare gli incarichi. Forse anche per questo la scelta di Ardern è ancora più ‘potente’: una donna che punta a una carriera così difficile, si afferma, svolge un lavoro così delicato con zelo e abnegazione, ma poi sa anche decidere quando è il momento di dimettersi per dedicarsi ad altro, come alla famiglia».

Nilde Iotti
Nilde Iotti, presidente della Camera nel 1979

Le donne in politica: da Nilde Iotti alle Millennials

«So cosa richiede questo lavoro e so che non ho più abbastanza energie per rendergli giustizia. È semplice». Così la Ardern ha motivato la sua decisione, in lacrime, segno che si è trattato di una scelta sofferta. Ma è così difficile per una donna in politica riuscire a essere anche madre? Se si guardano agli esempi del passato, in Italia, torna alla mente Nilde Iotti, la prima donna nella storia repubblicana a ricoprire la terza carica dello Stato, la presidenza della camera dei Deputati. Era il 1979 quando venne eletta, lei compagna di Palmiro Togliatti, che di figlia ne ha avuta una, adottiva. Quanto a Tina Anselmi, prima donna Ministro italiana, non si sposò mai né ebbe dei figli. Anche Angelina Lina Merlin, la “madre” della legge sulla prostituzione che aveva fatto chiudere le case di tolleranza, non ebbe figli: si sposò con un uomo vedovo e padre di due figli, adottando in seguito la figlia di una cugina morta prematuramente. Anche Emma Bonino, eletta deputato a soli 28 anni con il Partito Radicale e annoverata nel 2011 dalla rivista statunitense Newsweek tra le “150 donne che muovono il mondo”, non ha mai parlato volentieri della propria vita personale, rivelando solo nel 2006 che negli anni settanta aveva avuto in affidamento due bambine, Aurora e Rugiada. «Non ho figli perché non so dire per sempre», ha spiegato in passato, anche se l’amore per la politica non l’ha mai finora lasciata, nonostante la malattia (un tumore al polmone diagnosticato nel 2015, poi guarito).

Come è cambiato il potere con le Millennials

Le giovani donne in politica oggi, invece, hanno spesso una famiglia e dei figli con i quali non esitano a mostrarsi anche in pubblico (lo ha fatto anche Giorgia Meloni quando ha prestato giuramento al momento di insediarsi a capo del Governo, davanti al compagno e alla figlia). «Oggi le donne che si impegnano in politica sono anche il frutto di una lunga marcia condotta da altre donne che hanno aperto loro la strada. È quanto accaduto anche in magistratura, dove il primo concorso aperto anche a candidate è stato varato nel 1965. Adesso, però, i tempi sono cambiati e lo dico da studiosa delle donne di potere – spiega Li Vigni – Le donne sono tenaci, determinate, serie, si impegnano, non si limitano a ‘cavarsela’: sono molto efficienti nel lavoro, ma sanno anche dedicarsi ad altro, ai propri interessi personali e alla famiglia, se lo desiderano. Forse anche la premier italiana, Giorgia Meloni, quando finirà il suo mandato deciderà di lasciare la politica, lei che vi si è dedicata fin da giovanissima e che ora probabilmente ha raggiunto il risultato che si era prefissata. Credo che questa sia una capacità tipicamente femminile, oggi più che mai anche per un cambio culturale maturato nel tempo».

Per le Millennials il potere è una leadership che si può lasciare

Forse quelle donne in politica avevano un approccio diverso allo stress che la gestione del potere politico comporta? «No, io penso che la questione sia soprattutto culturale, oltreché di genere. La cultura è ancora androcentrica, basata su regole formatesi su modelli maschili per cui la cura dei figli o dei genitori anziani è ancora affidata largamente alle donne, ma i tempi sono diversi. Nei Paesi come la Finlandia la condivisione dei ruoli è maggiore, ma credo che nulla sia impossibile. Anche da noi qualcosa sta cambiando. Certo, per dedicarsi a un lavoro così impegnativo occorre che una donna abbia un compagno, marito o partner che la sostenga e aiuti – considera l’avvocata – Oggi forse abbiamo davanti solo nuove tipologie di donne, per cui il potere è una leadership che, una volta raggiunta, può essere lasciata per dedicarsi ad altro, magari ai figli o ad altri interessi o sfide», conclude Ilaria Li Vigni.