Consegnano la posta sulle isole più sperdute, pilotano aerei per trasportare ovunque i nostri pacchi, non si tirano indietro anche nelle situazioni più critiche. Sono donne eccezionali che, anche in contesti di “frontiera”, affrontano il loro lavoro con coraggio e passione. Ecco le storie di cinque donne che lavorano per poste italiane.
Che poste italiane sia un’azienda fatta di tante donne e molte di queste siano eccezionali, per il lavoro che svolgono, ve lo raccontiamo adesso, attraverso le loro storie uniche, e il loro coraggio, ammirevole.
Lucia Obino, portalettere
«Ho pianto per il Ponte Morandi, ma siamo ripartiti con la gente»
Portalettere di Genova, era in servizio nella zona di Ponte Morandi al tempo della tragedia e dopo il crollo non ha mai perso il sorriso ma neanche nascosto il dolore: «È rimasto un segno indelebile» dice. «Non lo dimenticheremo mai, tanta gente ha perso tutto». Un sorriso, il suo, dolce e carico di speranza, come quello delle persone che ogni mattina, l’aspettavano e l’aspettano ancora, per ricevere la posta o anche solo per fare due chiacchiere. «Nella gente che vive in questa zona ho sempre notato la voglia di ricominciare, una grande forza di volontà» racconta. proprio come la sua. Che anche nei giorni della tragedia l’ha spinta a non fermarsi mai.
Carmen Muscaridola, pilota di Poste Air Cargo
«Volo nei cieli per recapitare speranza»
Carmen sorride, sempre. E ne ha tutti i motivi. Primo ufficiale di Poste Air Cargo, pilota e donna, per fortuna non è più una mosca bianca: «La prima donna pilota italiana, Fiorenza De Bernardi, oggi ha 94 anni» ricorda lei «ma per anni è stata una profeta isolata». Poi, i tempi cambiano e Carmen capisce che anche per lei si possono aprire nuove possibilità: «Quando negli anni Novanta lessi la notizia che nella scuola di Alitalia di Alghero erano entrate le prime tre donne corsiste mi dissi: “Si può fare” e mi sono buttata». E ce l’ha fatta, visto che tutti i giorni attraversa i cieli italiani per recapitare in tempo i nostri pacchi così come i vaccini durante la pandemia.
Fabiola Perrone, direttore dell’ufficio postale di Filicudi
«In un’isola così ci si conosce tutti e questa è la parte più bella del mio lavoro»
Nata a Vulcano, Fabiola si trasferisce a Filicudi per amore. Viene assunta lì per ovviare al problema che, con il mare mosso, l’ufficio restava spesso chiuso: serviva una persona sul posto. E lei è quella giusta. Da quando c’è, l’ufficio postale di Filicudi apre tre giorni a settimana, mentre negli altri due tocca a quello di Alicudi. «Essendo le due isole più lontane, ci sono solo due aliscafi al giorno, uno la mattina e uno il pomeriggio. E in inverno il mare è spesso agitato. Una volta sono rimasta una settimana bloccata ad Alicudi: nessun problema, perché l’ospitalità in questi posti è di casa. Inutile dire che ci si conosce tutti, e questa è la parte più bella del mio lavoro: le persone vengono puntualmente in ufficio anche solo per salutare. Chiunque passi si ferma, porta una granita o un caffè» racconta.
Eliana Mismetti, portalettere a Nembro
«È il mio lavoro. Non ho mai pensato di stare a casa per colpa del Covid»
Oramai per tutti è la postina della pandemia, quella donna coraggiosa che non ha mai smesso di svolgere il suo lavoro, continuando le consegne nelle case del paesino in provincia di Bergamo, uno dei più colpiti dal Covid. E lei ne va fiera, ma non se ne vanta: «Non ho fatto nulla di straordinario, era il mio lavoro. Certo ricordo quanto abbracciavo i miei figli, quanto dicevo loro il bene che gli voglio. Tutti in quei mesi ci siamo fermati un attimo a pensare ai nostri affetti» dice. E se le si chiede di ricordare quei momenti, si commuove ancora: «Mi capita di pensare a tutta la gente che non ce l’ha fatta e che io vedevo ogni giorno. Ne manca tanta qui a Nembro».
Paola Pumilia, direttore dell’ufficio postale 14 nel quartiere Brancaccio di Palermo
«Nel mio ufficio ci sono i pennarelli per i bambini»
Dietro la sua scrivania appesi decine di disegni colorati. Sono quelli fatti dai bambini del quartiere Brancaccio, una zona storica e “molto animata” come la definisce Paola. Proprio per questo, ha cercato di aiutare questi ragazzini, con fantasia e dolcezza. «Qualche tempo fa, entra in ufficio una mamma con un bambino, che ha in mano un’arma giocattolo» spiega, con gli occhi che le brillano ancora. «Ti darò un foglio e dei pennarelli e sarei molto felice di poter appendere un tuo disegno dietro la mia scrivania» prova a dirgli Paola. Ed è subito un successo: l’arma giocattolo diventa solo un ricordo, il bimbo inizia felice a disegnare, chiede altri fogli e sorride. Da allora, la scatola di pennarelli diventa un must di Palermo 14.