Sono le 7.30 del mattino. È il giorno dopo l’affossamento in Senato del Ddl Zan. Un messaggio WhatsApp di mia figlia mostra un selfie di lei e i suoi amici che vanno a scuola con indosso una mascherina arcobaleno. Chi l’avrebbe detto che questa maledetta pandemia ci avrebbe regalato un accessorio così efficace per esprimere le nostre idee. Ci copre la bocca, ma parla per noi. Un leggero brivido mi scuote. È emozione, ma è anche paura. La stessa che provo ogni qualvolta esce con i calzettoni arcobaleno. Ogni qualvolta prende il tram e va dall’altra parte della città con la borsa arcobaleno. L’ammiro per come indossa le sue idee.

Provo paura-di-madre ogni volta che lo fa. Perché so che, quando il dibattito su quelle idee si polarizza, uno vale per tutti: colpisco il singolo per colpire il simbolo che indossa. E non abbiamo neppure una legge che ci tuteli da questo. Ma a lei non dico niente. Così come non dico niente quando esce con una maglietta scollata o una gonna corta. Non voglio vederla crescere come vittima, ma dentro la luminosa libertà delle sue idee. Passano alcuni giorni, mi guardo attorno, leggo i giornali, scrollo i feed dei social network, chiacchiero con lei di ciò che accade in classe. E sento sciogliersi le mie stesse paure.

Se c’è un effetto delle urla da stadio con cui il Senato ha accolto la morte del Ddl Zan, è che oggi persino il più machista dei compagni di mia figlia concentra il suo superomismo nella difesa di un’idea non binaria della società. Mai la classe dirigente è stata così lontana dalle strade, dalle piazze, dai giovani. E, per una volta, lo scollamento è più generazionale che politico: se mi è capitato di sentire adulti di fede progressista argomentare sull’inutilità del Ddl Zan, non credo di aver mai incontrato un giovane indifferente al tema.

Questa generazione, con il suo modo di essere, deciso ma pacato, è un’onda che travolge chiunque graviti nel suo raggio di azione. Non si può restare indifferenti a come, silenziosamente, la loro visione libera della sessualità e dell’appartenenza di genere prendono posto a tavola con noi. Non so se oggi sarei la stessa persona e direi le stesse cose se quell’esserino arcobaleno non mi ronzasse attorno tutto il dì.

E noto con stupore come la politica, per una volta, deficiti di opportunismo. Mentre i brand fanno a gara per conquistare la generazione Z, i politici hanno un orizzonte talmente corto da prendersi il lusso di non capire da che parte della storia “convenga” stare adesso.