Una serata d’evasione, che si tratti di una festa in casa per pochi intimi, di un appuntamento in discoteca o di un rave party. Si balla, ci si diverte, si beve, rassicurati da un ambiente che appare disteso e in compagnia di persone che già si conoscono. Tanto che può capitare di perdere di vista il bicchiere del drink finale o la bottiglietta d’acqua utile a riprendersi prima di tornare a casa. È questo, di solito, l’ultimo flash prima di risvegliarsi violati nel corpo e annebbiati nella mente. È questo, da Treviso a Rimini, da Siena a Roma, il filo rosso che lega le storie di almeno 6 vittime, uomini e donne, di violenza sessuale nell’ultimo anno.
Dai verbali d’indagine, tuttavia, emerge un altro fattore comune. Di solito è espresso con 3 lettere maiuscole – GBH, GHB, GBL – ma ormai tutti l’hanno ribattezzato con un altro nome, decisamente più inquietante: la droga dello stupro. Nelle ultime settimane il termine ha invaso le pagine di cronaca. Merito, o colpa, delle inchieste eccellenti che hanno travolto un parroco toscano, don Francesco Spagnesi (indagato per importazione e spaccio, forse finanziati con i soldi della colletta ecclesiastica), l’ex guru social della Lega Luca Morisi (in un’indagine controversa per detenzione e cessione di stupefacenti che vede coinvolti anche 2 escort), l’ex regina dei fotoromanzi Claudia Rivelli e il conduttore tv Ciro Di Maio (sequestrato in casa di ciascuno dei due un litro della sostanza).
Cos’è la droga dello stupro?
Il nome indica molecole diverse. Ma cosa intendiamo quando parliamo di droga dello stupro? Come è fatta, quanto è davvero diffusa, quali sono i suoi effetti? «In generale» spiega Luigi Grasso, responsabile delle politiche di prevenzione delle Asl di Genova «il termine indica diversi tipi di stupefacenti, utilizzati per lo più a scopo ricreativo ma, nei casi più gravi, anche in grado di facilitare la violenza su soggetti indeboliti dall’assunzione». Prima del loro boom, lo si riferiva anche a prodotti come l’ecstasy o lo speed, un mix di oppiacei e stimolanti. «Oggi invece la cronaca lo associa principalmente a 2 sostanze psicotrope: si tratta del GHB, in inglese GBH, l’acido gamma-idrossibutirrico, e del GBL, sigla della molecola sintetica gamma-butirrolattone».
I nomi precisi delle droghe dello stupro sono GHB e GBL. Sono sostanze chimiche nate in ambito farmaceutico come antidepressivi. Dagli anni ’90 circolano come “party drugs” perché rilassano e danno euforia
Nessuna delle due nasce di recente: sviluppate in ambito farmaceutico come antidepressivi, classificate come droghe proibite negli Usa sin dagli anni ’80, iniziano a circolare in Europa nel decennio successivo, soprattutto fra i locali techno e i sex party privati. «Gli effetti “buoni” di GHB e GBL, se assunte in modica quantità, sono simili a quelli di altre sostanze chimiche utilizzate negli stessi contesti» continua l’esperto. «Euforia, parlantina, rilassatezza muscolare, perdita delle inibizioni e del senso di stanchezza». Non a caso, i nomi con cui circolavano all’inizio erano D&S, che sta per Dance & Sex, o ecstasy liquida, anche se la composizione è diversa.
Gli effetti peggiorano con il sovradosaggio
Gli effetti peggiorano con il sovradosaggio. È quando le dosi aumentano, o le sostanze vengono assunte (magari inconsapevolmente) insieme ad alcolici o ad altre droghe, che le conseguenze si fanno pesanti: «Vertigini, nausea e senso di dissociazione sono i più comuni» rileva Grasso. «Ma nella maggior parte dei casi subentrano effetti simili a quelli dell’ipnosi, come l’arrendevolezza e la perdita di memoria a breve, fino a un periodo di 8-12 ore». Che poi è lo stesso lasso di tempo entro il quale queste sostanze possono essere tracciate da un’analisi clinica, visto che vengono smaltite quasi del tutto per via urinaria.
Assunte in grande quantità, le droghe dello stupro provocano effetti simili a una seduta di ipnosi. Ma vengono eliminate dall’organismo in mezza giornata
Se a ciò si aggiunge che le droghe dello stupro sono liquide, trasparenti, inodori e insapori, il che rende un gioco da ragazzi scioglierle in un cocktail o persino nell’acqua, ecco spiegato il loro successo fra coloro che non hanno in mente una serata di divertimento, bensì uno stupro. Ed ecco perché, oggi, le si trova in vendita a meno di 150 euro a dose sul dark web (già liquide o in polvere) con un nomignolo molto più evocativo: Ko.
Non sempre c’è un legame tra consumo e stupro
Attenzione però a parlare di boom o a esagerare con gli allarmi, almeno per quanto riguarda la connessione diretta fra sostanza e violenza. «È vero che negli ultimi mesi la nostra attenzione è cresciuta, soprattutto a causa della scoperta di un paio di laboratori clandestini che indicano un aumento dell’offerta, e quindi della domanda, qui in Italia» spiega una fonte investigativa. «Ma è vero anche che i sequestri di GHB e GBL negli ultimi 2 anni sono stati poco più di una trentina e i casi di intossicazione grave viaggiano sui 15 l’anno: cifre molto basse rispetto ad altre sostanze simili, comprese quelle più comunemente usate per stordire una vittima, come sonniferi o tranquillanti comuni».
Da non dimenticare, poi, che esistono molti casi documentati nei quali la droga è stata assunta in modo consapevole, magari anche a fini sessuali ma consenzienti. Un fatto che non ne diminuisce certo pericolosità e necessità di contrasto, ma che a volte per gli indagati per detenzione – associati indirettamente a un reato molto più grave come lo stupro – può rivelarsi un boomerang sul quale chi fa informazione dovrebbe riflettere.