«L’avevo conosciuto su Facebook tre anni prima. Di solito sono molto diffidente, ma un’amica lo frequentava e me ne aveva parlato bene. Separato con una figlia, come me. Religioso, diceva. Siamo usciti qualche volta e, quando gli dicevo che mi interessava solo come amico, rispondeva che sapeva aspettare. Una domenica, poco dopo che avevo perso mia madre ed ero troppo giù per uscire, mi ha proposto di portarmi la spesa e cenare insieme da me. Sembrava premuroso.

Mentre cucinavo, ha versato il prosecco e me ne ha passato un calice. Ne ho bevuti solo pochi sorsi, poi il buio: non ricordo nulla del resto della serata.

Durante la notte sono stata male, l’ho intravisto accanto a me ma ero troppo stordita per alzarmi. Al mattino mi sono ritrovata a letto in pigiama, però non avevo memoria di essermi cambiata. Lui non c’era più, in cucina era tutto pulito. Sono andata dal medico, mi ha mandata in pronto soccorso e, dopo i risultati delle analisi, è arrivata la polizia».

Stefania Loizzi, 49 anni, è stata la prima a denunciare Ubaldo Manuali, il netturbino di Riano, in provincia di Roma, ora sotto processo per violenza sessuale plurima. Leggendo la notizia all’inizio del 2023, altre due donne hanno capito di essere state circuite e abusate da lui. E potrebbero essercene ancora, visto che usava sostanze che non lasciano ricordi e, senza lesioni, è difficile essere consapevoli della violenza subita. Il vuoto di memoria è uno degli effetti della cosiddetta “droga dello stupro”, definizione che in realtà racchiude più di una sostanza.

Arriva il documentario Chemsex

Se ne sente parlare molto, ma si sa ancora poco. A chiarirne i contorni è Chemsex – La droga dello stupro, documentario di Daniele Autieri e Romina Marceca, su Sky Crime e Now il 24 e 25 settembre. Oltre a raccogliere le testimonianze di numerose vittime, i giornalisti ricostruiscono le indagini delle forze dell’ordine spiegando come questi stupefacenti capaci di azzerare la memoria, poco costosi e facilmente utilizzabili, stiano cambiando il panorama dello spaccio. Circolano in discoteche, locali, feste private, ma vengono acquistati anche da singoli, sul web o da pusher. E a farne le spese sono soprattutto le donne.

Le testimonianze raccolte da Romina Marceca

«In 25 anni di mestiere ho raccolto molte testimonianze: è il modo che preferisco di fare inchieste, perché nessuna carta giudiziaria lascia emergere esperienze ed emozioni quanto i racconti delle persone coinvolte» dice Romina Marceca, cronista di La Repubblica oltre che autrice del documentario. «Non c’è un’età più colpita di altre, tra le vittime. Ho parlato con donne dai 18 ai 50 anni, che stavano attraversando periodi particolari della loro vita quando hanno incontrato lo stupratore. Stefania, per esempio, è una persona matura, ma era in un momento di fragilità dopo il lutto della madre. Bianca, violentata a Capodanno del 2020, è figlia di un diplomatico ed è cresciuta cambiando spesso città. Maria, 20enne drogata da un ex calciatore e filmata durante la violenza, era arrivata dal Perù cercando una vita migliore in Italia. In Chemsex appare anche una 32enne che ha scelto di studiare Psicologia, e oggi è una terapeuta, forse proprio per il trauma subito a 16 anni, quando le sostanze usate erano diverse da quelle che circolano oggi. Uscita da scuola, un ragazzo della Roma bene le aveva proposto di bere qualcosa al bar. Era stata la madre, vedendola rientrare tardi con i leggings a rovescio, a portarla in ospedale, dove sono emerse le tracce della violenza che la figlia non ricordava».

Droga dello stupro: sostanze ed effetti

Le storie si somigliano per la facilità e la rapidità della violenza che le droghe rendono possibili. Le più usate sono il GHB (acido gamma-idrossibutirrico) e il GBL (gamma-butirrolattone, che diventa GHB a contatto con la saliva). Si tratta di liquidi originariamente prodotti per la fabbricazione di vernici, spacciati in piccoli flaconi al costo di pochi euro, semplicissimi da usare senza richiedere di essere “tagliati”, anche se a volte vengono utilizzati insieme ad altre molecole (come ecstasy, benzodiazepine, perfino antistaminici). Bastano poche gocce a dare uno stordimento profondo, soprattutto se unite all’alcol che ne potenzia gli effetti. Provocano vertigini o perdita di coscienza nel giro di 10-15 minuti e ci si risveglia 5 o più ore dopo senza ricordare nulla.

Cosa significa “chemsex”?

«La prima volta che ho sentito parlare di “chemsex” è stata nel 2012: definisce tutto quello che chimicamente facilita la prestazione sessuale e, inizialmente, era diffuso in Gran Bretagna» spiega Matteo Marti, direttore del Laboratorio di Tossicologia Forense all’Università di Ferrara. Sono sostanze ipnotico-sedative che, appena prese, danno un senso di euforia e disinibizione e per questo sono in uso tra chi cerca sesso estremo e trasgressivo. «Abbiamo iniziato l’inchiesta proprio chiedendoci come e quando l’intrattenimento estremo sfoci in comportamento criminale» aggiunge Romina Marceca.

Droga dello stupro, e di come viene diffusa e utilizzata

«Il GBL è usato nei cosiddetti “chill party” perché disinibisce totalmente e molti lo assumono a più riprese, appena inizia la fase “down”, per continuare festini che durano anche giorni. Dà dipendenza, perché poi il sesso “normale” non appaga più». Il confine tra lo sballo e l’abuso è molto sottile. Ci sono sempre più molecole e sempre più mirate all’effetto che si vuole raggiungere – psicoattivo, psicotropo, anestetico – e vengono anche abbinate per ridurre la difesa, sia fisica sia emotiva, della persona che viene abusata. La diffusione è incontrollabile e spesso in cronaca si leggono notizie di maxi-sequestri, come l’operazione delle Fiamme Gialle che lo scorso giugno ha rintracciato 12.000 prodotti e 3.600 spedizioni di sostanze dopanti e droghe dello stupro nelle province di Verbania, Novara, Pavia, Ascoli Piceno e Roma. I maggiori quantitativi arrivano dalla Cina e, divisi in piccoli flaconi, vengono spediti in tutta Europa.

Dopo la droga dello stupro: conseguenze fisiche e psicologiche

Quali sono le conseguenze psicologiche per le vittime di stupri inconsapevoli? Lo racconta molto bene la miniserie televisiva I may destroy you – Trauma e rinascita (su Sky e Now), scritta e interpretata dall’autrice londinese Michaela Coel per raccontare la propria esperienza. Dopo una notte passata a bere e ballare, si ritrova con un taglio, il telefono rotto e incomprensibili lampi nella memoria di un rapporto sessuale in una toilette. Segue un’altalena di frustrazione e rabbia, momenti di fragilità e bisogno di non rinunciare a capire quanto era successo, che l’ha poi portata a scrivere la serie centrata sulle relazioni, sul confine tra consenso e violenza.

«Tutte le donne che abbiamo intervistato dicono che il buio della memoria è la cosa più brutta, anche se per alcuni versi potrebbe essere una fortuna» conclude Romina Marceca. «E tutte purtroppo provano senso di colpa, comune anche negli altri tipi di stupro». Stefania Loizzi non ne è ancora uscita. «Faccio psicoterapia in un centro antiviolenza, a volte però chiedo agli amici di ospitarmi per non dormire a casa da sola» racconta. «Penso a mia figlia, che per fortuna ne è rimasta fuori: quella sera era passata da me prima che lui arrivasse, se fosse rimasta sarebbe rimasta coinvolta».

Cosa fare per proteggersi?

«L’alcol è considerato da sempre la prima “droga dello stupro” se preso in dosi elevate, ma con l’aggiunta di Gbl o altre sostanze diventa un sedativo ancora più potente» dice la dottoressa Sabina Strano Rossi, tossicologa forense del Policlinico Gemelli di Roma. Come proteggersi? Innanzitutto mantenendo il controllo della propria bevanda, anche fosse solo acqua o caffè, dal momento in cui viene versata. Se vi sentite male, o vedete star male un’amica, è importante mettersi in sicurezza, bere acqua, andare alla toilette o uscire dal locale. E soprattutto, dopo essersi riprese da un vuoto di memoria, andare in pronto soccorso il più presto possibile. «Alcune sostanze vengono smaltite velocemente e restano nel sangue o nelle urine in dosi troppo basse per essere una prova dell’abuso». Esistono sul mercato le “smart straw”, cannucce che cambiano colore in presenza di certe sostanze, «ma non le rilevano tutte, perciò non sono totalmente affidabili» dice l’esperta.

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