Aumentano il giro d’affari, i decessi e i ricoveri legati alle droghe, ma soprattutto aumentano gli adulti che si avvicinano alle sostanze stupefacenti. A dirlo sono i dati della relazione al Parlamento 2019 del Dipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del consiglio. A far riflettere è soprattutto il dato relativo alle consumatrici donne over 40. Davvero aumentano le dipendenze al femminile? Se sì, perché?

Droga, aumentano i decessi anche tra le donne

Se la spesa complessiva per gli stupefacenti aumenta, superando i 15 miliardi, cresce anche il consumo e soprattutto il numero di morti legate alla droga: dai 296 decessi del 2017 ai 334 del 2018. Quasi la metà dei casi, che riguardano vittime maschili e femminili, è dovuta all’assuzione di eroina (46,1%), seguita da quella di cocaina (19,2%). La metà dei ricoveri complessivi (49,9%) ha riguardato pazienti di età compresa tra i 25 e i 44 anni. Il dato che fa riflettere, però, riguarda le donne e in particolare le over 40, con un + 92%. Un dato che però va analizzato alla luce di un quadro complessivo.

Come cambia il consumo

«A livello generale i fattori che spiegano questo andamento sono tanti, primo tra tutti il ritorno dell’eroina, ma non più assunta in endovena, dunque con la vecchia siringa, bensì sotto forma di fumo da inalare in microdosi. Queste hanno un costo inferiore e portano a pensare che possano essere meno dannose. Ma, come emerge dal report, poiché è aumentata la quantità di principio attivo in genere in tutte le sostanze, possono crescere anche gli effetti collaterali, fino alla morte» spiega Alessandro Calderoni, psicologo e psicoterapeuta. Ma perché l’aumento tra le donne? «Vedere un numero come +92% può far impressione, perché significa un quasi raddoppio, ma occorre vedere il dato da cui si partiva» spiega Roberto Gatti, Responsabile Dipartimento Area Dipendenze ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. «Si parla di poco più di 300 decessi tra uomini e donne, dunque il dato riferito alle sole vittime femminili è certamente contenuto. Va anche detto che di recente c’è una maggiore sensibilità di genere che spinge a indagare di più il mondo delle donne, anche in questo ambito, oltre che in quello dell’abuso di alcol o farmaci. Detto questo, sono doverose alcune valutazioni, che possono aiutare a capire se si tratta di un allarme, di fenomeno già noto o del tutto nuovo».

Un fenomeno nuovo?

«Una prima valutazione riguarda la maggiore sensibilità nei confronti dei decessi per overdose. Fa effetto leggere che sono aumentati quelli femminili, ma non significa necessariamente che più donne consumano droga e ne muoiono. Spesso si tratta di tossicodipendenti croniche, che magari hanno incidenti di percorso sbagliando sostanza o dose, e ne rimangono vittime» aggiunge l’esperto. «Un’altra valutazione riguarda la diffusione delle droghe, certamente cambiata. Rispetto al passato, quando il mondo degli stupefacenti era legato agli ambienti della controcultura, dell’emarginazione e della disperazione, oggi le droghe sono più friendly, alla portata di più persone sia per i costi inferiori che nella distribuzione, rivolta a una fetta di popolazione maggiore. D’altro canto è un fatto che la presenza delle sostanze legali e illegali è già molto elevata tra i giovani, quindi si punta a una popolazione di adulti, che rappresentano il nuovo mercato e che si accostano in maniera crescente» spiega Roberto Gatti.

Ma perché si parla di donne?

Il consumo tra gli over 40 e 50

«Se da un lato oggi le rilevazioni tengono maggiormente conto delle emergenze femminili, si osserva anche pressione crescente a livello sociale e psicologico sulle donne che hanno ormai raggiunto e superato il livello di stress maschile. Questo può portare in alcuni casi, e per entrambi i generi, a comportamenti disfunzionali: dipendenza dal gioco o dalla sessualità, col bisogno di cambiare partner con frequenza, ma anche disturbi alimentari, che interessano soprattutto le donne. A livello epidemiologico, per esempio, stiamo assistendo proprio a una recrudescenza di questi ultimi nelle donne over 40/45» aggiunge lo psicologo Calderoni. Anche il consumo di droghe è un campanello d’allarme? «I disturbi alimentari possono essere ricondotti a fragilità non risolte in adolescenza e gli adulti di oggi possono trovarsi a vivere alcune situazioni di crisi che fanno riemergere quei problemi: affrontare una separazione o un divorzio, difficoltà economiche o lavorative aumentano proprio quel carico di pressione su uomini e donne che, a livello generazionale, vivono degli enormi cambiamenti. I dati clinici e le osservazioni sociologiche ci dicono che i 40/50 enni di oggi sono a cavallo tra due generazioni: quella totalmente analogica dei loro genitori, fatta di fatica fisica e sacrifici, e quella dei figli, i nativi digitali, più abituati ad avere tutto a portata di clic. Nel mezzo ci sono uomini e donne in età matura, che sono cresciuti con l’analogico e oggi possono disporre invece delle comodità del digitale e dei progressi tecnologici, che nella maggior parte dei casi portano benefici. Abbattono le barriere di spazio e tempo, rendono tutto più veloce, vicino e fruibile. Ma quella iperconnettività data, ad esempio, da internet non può risolvere ogni aspetto della vita, men che meno i problemi relativi alla sfera emotiva, sulla quale invece arriva a influire, specie in quegli adulti che conoscono le differenze tra i rapporti umani del passato, fatti di contatti fisici, e quelli del presente, virtuali. È in queste situazioni e in soggetti più fragili, con minore capacità di affrontare lo stress, che possono sorgere difficoltà che potenzialmente spingono a cercare soluzioni in palliativi, come ad esempio il cibo, l’alcol o la droga, visti come potenziali rimedi» spiega Calderoni.

La difficoltà a “tenere insieme” tutto ci rende più esposte

«L’uso di droghe ha da sempre rappresentato un rifugio della mente nel quale trovare conforto e rassicurazione quando all’esterno non si hanno più sicurezze» aggiunge la psicologa e psicoterapeuta Barbara Volpi. «Il dato che emerge dalla relazione, però, può essere interpretato in linea con la modernità e con la ricerca affannata delle donne: il fare, il rincorrere, il cercare di conciliare i vari ruoli di madre, moglie e professionista. Tutto ciò può farle crollare in un momento delicato della vita come quello della maturità semi-aulta. spesso è un periodo di bilancio in cui spesso dominano l’incertezza, il rimpianto o il senso di  fallimento per aver magari commesso errori, o ancora il senso di colpa per non aver agito prima. A questi sentimenti si può unire anche la rabbia verso un mondo che non ha voluto vedere i problemi che le donne sono state chiamate ad affrontare, lasciandole sole» spiega Volpi. 

Le donne sono più stressate degli uomini

«È un dato di fatto che, oltre al ruolo materno, le donne hanno anche quello lavorativo, spesso precario e, come sappiamo, meno soddisfazioni economiche e più discriminazioni» dice il dottor Calderoni. «Sicuramente hanno un carico maggiore che può portare anche maggiore fragilità. Esiste poi anche un altro tipo di pressione: le donne non hanno più il diritto di invecchiare perché la menopausa viene allungata farmacologicamente e viene loro richiesto di essere sempre attraenti. Dopo i 40 anni si registrano anche separazioni o divorzi: se l’ex ha una nuova relazione con una partner più giovane, la donna si ritrova “sul mercato” e deve trovare il modo di piacere e piacersi. Tutto questo è fonte di enorme stress, con una sindrome da prestazione che ha superato in alcuni casi quella tipicamente maschile» spiega Calderoni.

Si può parlare di allarme sociale?

In una condizione di incertezze e pressioni le donne, secondo la dottoressa Volpi, possono vedere nella droga l’unica via d’uscita. «Il pensiero che spesso viene formulato è “evado”, allento le tensioni, mi sballo per non pensare al caro prezzo di dipendere da qualcuno o qualcosa, arrivando a cancellare me stessa» spiega Volpi, che parla di allarme sociale: «È un grido di aiuto di tante donne: denunciano una società che le ha abbandonate. Loro rispondono tentando di richiamare quella società e mettendo in atto una regressione adolescenziale, ma alla base c’è una profonda depressione. La droga  rappresenta una ribellione, che ribellione non è» conclude la psicoterapeuta Barbara Volpi.