È partito il conto alla rovescia: mancano tre settimane all’inizio delle prove scritte dell’esame di maturità, da quest’anno sostanzialmente rinnovato.
A partire da oggi (3 giugno) sono visibili sul sito del Miur le commissioni, anche se i nomi dei commissari esterni, già noti da qualche giorno alle segreterie delle scuole, circolano ufficiosamente tra gli studenti e gli addetti ai lavori.
Tra le questioni non del tutto chiarite ci sono le modalità di conduzione dell’esame per gli studenti che hanno una certificazione relativa ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).
Le prove scritte per gli studenti Dsa
L’ordinanza ministeriale sugli esami di Stato emanata l’11 marzo scorso ha lasciato sostanzialmente invariate le norme che regolano le prove scritte e che così si possono riassumere: tempi più lunghi per gli studenti che ne abbiano di solito bisogno; uso degli strumenti compensativi previsti per loro (tipicamente, il pc: fornito dalla scuola e privo di connessione a Internet); ascolto dei testi delle prove in formato mp3 o – in alternativa – lettura di questi tesi da parte di un componente della commissione; dispensa dalle tracce della seconda prova maturità 2019 di lingua straniera che può essere sostituita da una prova orale equivalente.
Qualunque misura dispensativa e/o compensativa deve essere, come di consueto, in linea con quanto previsto per il candidato dal suo piano didattico personalizzato concordato a inizio anno con la famiglia (pdp).
Gli orali
Argomento più spinoso è invece l’orale. Da quest’anno si compone di una breve relazione sulle attività di Alternanza Scuola Lavoro svolte nel triennio (si chiamano, con rinnovato acronimo, Pcto: percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), della valutazione delle competenze di cittadinanza e Costituzione, della correzione dei due scritti e del colloquio multidisciplinare. Il colloquio partirà da un testo, un documento, un’esperienza, un progetto o un problema predisposto dalla commissione. Ogni studente ne sceglierà uno da una rosa di tre buste, pensate per evitare fughe di notizie o suggerimenti preventivi: un criterio di equità.
Busta sì o busta no per i candidati Dsa?
In una nota ministeriale del 6 maggio scorso si precisa che gli studenti con certificazioni Dsa non dovranno scegliere una busta, ma – come gli studenti con disabilità – partiranno da un argomento scelto ad hoc per loro dai commissari.
E a oggi, questo rimane quanto stabilito per legge.
La soluzione non dispiace a molti ragazzi e alle loro famiglie che vi vedono il vantaggio di poter usare al meglio gli strumenti compensativi più comunemente impiegati: uno fra tutti le mappe concettuali, alleate preziose dell’esposizione orale.
L’idea di “agevolare” l’orale eliminando la predisposizione e il sorteggio delle buste non piace però a molti altri e soprattutto all’Associazione Italiana Dislessia (Adi), che nelle scorse settimane ha formalmente chiesto al Ministero di poter far svolgere la prova orale agli studenti Dsa con le medesime modalità di tutti gli altri, permettendo anche a loro di scegliere tra le tre buste lo spunto per l’avvio del colloquio: nessuna discriminazione quindi, anche per una legittima soddisfazione dei ragazzi che esattamente come gli altri sono arrivati alla tappa conclusiva di un lungo percorso di studi.
Le buste, chiede l’Adi, siano semmai congruenti col piano didattico personalizzato, pensate e costruite per il profilo del singolo studente con certificazione.
Sarà dunque il buonsenso a guidare l’operato delle commissioni, che potranno scegliere testi d’avvio non troppo lunghi (il tempo di lettura è fattore chiave per questi ragazzi), privilegiare le immagini a documenti scritti, preferire formulazioni grafiche ampie e magari con parole-chiave in evidenza.
Insomma, in assenza di ulteriori precisazioni dell’ultima ora, che le buste siano tre o che il documento sia uno solo, tre rimangono le linee guida: congruenza totale con il piano didattico personalizzato, ragionevolezza nelle richieste da parte dei docenti interni che più degli altri conoscono i candidati e la consapevolezza che il colloquio in questa sua parte valuta le competenze didattiche acquisite più che le conoscenze (già valutate nel corso dell’anno). Ma quest’ultima indicazione, a dire il vero, vale per tutti.