«Si avvisano i genitori che i colloqui con le famiglie si terranno martedì dalle 15,30 alle 17,30». In questi giorni mamme e papà, compagne del padre, compagni delle madri e chi più ne ha più ne metta hanno ricevuto un avviso simile sul diario inviato dagli insegnanti della scuola primaria.
E via con l’organizzazione: c’è chi chiede un paio di ore di permesso al lavoro per non mancare all’appuntamento; chi è costretto a prendere un giorno di ferie; chi prova a fare uno slalom tra il traffico per arrivare puntuale e chi proprio non riesce a raggiungere i docenti per conoscere l’andamento scolastico del figlio o della figlia.
Un rito che si ripete, nella scuola elementare un paio di volte l’anno, in genere a novembre-dicembre e ad aprile-maggio.
Un incontro “sacro” che crea una sorta di ansia nei bambini preoccupati di chissà cosa dirà la maestra di matematica e un’attesa pari a quella dell’esame per la patente di guida nei genitori che si aspettano due volte l’anno di avere annunciata la promozione e il lasciapassare dai docenti.
Ma non sarebbe più facile nell’epoca digitale usare la Rete per dialogare con i genitori? Potremmo farlo via email, via chat, via Skype.
In ogni altro luogo, dall’azienda alla politica, dalle aule giudiziarie ai media, l’online è utilizzato per fare riunioni importanti. Nella scuola no: nel regno della burocrazia, dei compiti, della nota sul diario, della lavagna d’ardesia accanto a quella multimediale, l’incontro con i genitori è obbligatoriamente de visu.
Eppure ho sperimentato personalmente quanto sia utile, ad esempio, la posta elettronica. Con un click la mamma di Giulia nei giorni scorsi mi ha chiesto come andava la figlia a scuola. Due minuti dopo le ho risposto, dicendole esattamente quello che le avrei comunicato guardandola negli occhi. Cinque minuti più tardi la mamma di Giulia mi ha riscritto soddisfatta ed ha potuto continuare a lavorare senza spostarsi dall’ufficio, senza dover rischiare la vita per arrivare a scuola in tempo.
Non solo. Se dovessimo introdurre i colloqui online, insegnanti e genitori potrebbero “incontrarsi” molto più di quanto accade ora, avrebbero l’opportunità di scambiarsi punti di vista, consigli sui bambini quando lo desiderano, senza essere vincolati da un “rito” o dal dover chiedere la possibilità di incontrare il docente.
Allo stesso tempo l’insegnante avrebbe la libertà di rispondere nel momento più opportuno, magari consultandosi prima con qualche collega e nel caso in cui si ravvisasse la necessità di un incontro de visu lo potrebbe comunque chiedere.
Resta un problema: quanti sono gli inseganti 2.0? Quanti quelli che sarebbero pronti ad abbandonare il “rito” per comunicare attraverso una chat? Quanti colleghi hanno Skype?
La scuola ha l’urgenza di formare i suoi insegnati e di “sdoganare” il social. La lenta introduzione del registro elettronico in questi ultimi anni ha aiutato i genitori ma è stata un’operazione dettata più dall’esigenza di “controllare” che di informare.
La potenzialità dell’online potrebbe diventare una risorsa anche per lavorare in sinergia.