La situazione dentro i servizi segreti è così ingarbugliata che il presidente Mario Draghi ha deciso di fare la mossa del cavallo: il 12 maggio scorso ha chiamato a dirigere l’organo di coordinamento delle nostre spie, il Dipartimento informazioni per la sicurezza (Dis), una fuoriclasse. Elisabetta Belloni, stimata diplomatica, è così diventata la prima donna a guidare la nostra Intelligence.

Elisabetta Belloni, la vita e la carriera

Classe 1958, nata a Roma, sposata per tanti anni con l’ambasciatore Giorgio Giacomelli, scomparso nel 2017, Elisabetta Belloni è stata anche la prima donna ammessa nel ’72 all’esclusivo liceo dei Gesuiti di Roma, il “Massimiliano Massimo” – lo stesso istituto frequentato da Draghi – poi ambasciatore di grado, prima donna Segretario generale della Farnesina (non si stupisca chi tiene alle declinazioni di genere, rispettiamo quelle della nota ufficiale di Palazzo Chigi). Ha collaborato con ministri degli Esteri di diversi colori, da Frattini a Gentiloni, da Alfano fino al grillino Luigi Di Maio. È una organizzatrice di altissimo livello, le voci dicono severa ma attentata a valorizzare il lavoro degli altri. Se vi pare che provenga da un mondo estraneo a quello delle barbe finte, come vengono chiamati in gergo gli 007, sbagliate di grosso.

Fra intelligence e diplomazia

La rete delle ambasciate rappresenta per qualsiasi Paese il primo bacino di raccolta delle informazioni, che è la ragione principale di uno servizio segreto, a meno che non devii dal suo compito, come spesso accade. Elisabetta Belloni non è chiamata a fare qualcosa di così sconosciuto alla sua formazione. Basterà tutto questo a renderla gradita al mondo delle spie? Perché questo è il primo scoglio. Ridotto non da oggi a un insieme di camerille, nonostante l’eccellenza di tanti agenti, quell’ambiente non è accogliente: si racconta che lo stesso Dis sia considerato una invasione dell’autonomia delle due agenzie, l’Aise e l’Aise, la prima per lo spionaggio interno l’altra per l’estero. È vero che il Dis ha un ruolo generale di coordinamento e non può interferire nelle attività delle singole agenzie, tuttavia esercita il controllo sulle attività di Aise e Aisi attraverso l’ufficio ispettivo e vigila sulla corretta applicazione del segreto di Stato e della documentazione classificata: poteri niente affatto secondari, dal secondo potremmo aspettarci anche un impulso alla apertura di tanti armadi ancora chiusi.


È LA POSIZIONE GEOGRAFICA A RENDERE L’ITALIA UN PAESE ATTRAENTE PER LE SPIE E A FARE DELL’INTELLIGENCE UNA RISORSA CHIAVE DELLO STATO


L’ambasciatrice Elisabetta Belloni dovrà mettere un po’ d’ordine e tenere sotto controllo personaggi come Marco Mancini. Spia emiliana amante delle lampade solari, del tennis e, ca va sans dire, delle donne, lui ora è noto al pubblico dopo il servizio di Report, la trasmissione di Rai3 che lo ha filmato in un autogrill mentre teneva una intensa conversazione con un noto leader politico, ma lavora nel settore da 36 anni, da quando precisamente Elisabetta Belloni entrava alla Farnesina. Non è l’unico scoglio. L’ambasciatrice trova una situazione difficile anche perché l’intelligence italiana è sempre stata un po’ al traino dei servizi dei Paesi più amici che hanno fatto della Penisola un punto d’osservazione importante. Tre aspetti rendono un Paese appetibile alle spie di tutto il mondo: risorse naturali, potenza militare e posizione geografica, caratteristica questa che rende l’Italia molto attraente. Perciò la nostra intelligence resta una risorsa strategica per lo Stato, a patto che sappia superare le guerre interne tra bande e tornare alle grandi sfide.

La human intelligence

Occorre recuperare la nostra esperienza e tradizione nell’attività di intelligence attraverso le persone, nota con il termine “humint” (human intelligence), negli ultimi anni trascurata a favore della fredda e meno fruttuosa raccolta informatica. Una pratica di cui è stato un grande interprete Nicola Calipari, il funzionario ucciso a Bagdad mentre riportava a casa la giornalista Giuliana Sgrena (si dice che qualcuno gli avrebbe fatto pagare quella sua capacità). Le relazioni dirette sono molto efficaci: guardi in faccia il tuo interlocutore, puoi verificare le sue parole sul terreno, non è necessario “processare” i dati informatici astratti, metterli insieme, cosa spesso impossibile.

Una donna alla guida dell’intelligence italiana

Poi c’è tutto il resto del mondo, inquieto, rissoso, alla ricerca di pace o di guerra. Il cosiddetto “Mediterraneo allargato”: è dentro quel vasto quadro che l’ambasciatore Belloni deve calarsi, un’area infuocata che va dalla Tunisia piegata dalla crisi economica alla Libia massacrata dalle bombe e all’Egitto autoritario, dalla Palestina e Israele al Libano, sempre sull’orlo della destabilizzazione, alla Siria distrutta, fino all’aggressiva Turchia di Erdogan. La scelta di Elisabetta Belloni, si dice ovunque, serve a ridare un posto all’Italia nelle relazioni internazionali, rafforzando l’alleanza con l’America di Joe Biden, e guardare con più distanza e meno confidenza Cina e Russia. Sicuramente è così, ma basterà a rendere più facile il compito del nuovo direttore? È una fuori classe, vero, ma ha bisogno di molta fortuna.

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Le trame eversive, le stragi, la commissione che indagò sulla loggia P2, Gelli e Andreotti. Sono questi i protagonisti di Colpevoli (Chiarelettere) scritto da Sandra Bonsanti con Stefania Limiti, autrice dell’articolo. Il saggio riaccende i riflettori su alcune tra le pagine più tragiche e controverse della nostra storia e sui tanti misteri dell’Italia di ieri che hanno ancora molto da dire all’Italia di oggi.