Ci vorrà tempo perché Venezia torni alla normalità. Intanto bisogna correre ai ripari. La “missione Impossibile” è stata affidata a Elisabetta Spitz, romana, 66 anni, una laurea in architettura e una lunga carriera nell’amministrazione pubblica e nella gestione del demanio. Ma soprattutto una donna che, come già accaduto in passato, è stata chiamata a risolvere un’emergenza.
Chi è Elisabetta Spitz
Classe 1953, Spitz si è laureata in Architettura ed è profonda conoscitrice del patrimonio edilizio italiano. Dal 2000 è stata alla guida dell’Agenzia del Demanio, con l’incarico – rinnovato per tre volte fino al 2008 – di gestire i beni immobiliari di tutto il Paese, dopo essersi occupata della riforma del ministero delle Finanze. Ma perché chiamare lei per risolvere l’emergenza a Venezia? Profonda conoscitrice della macchina statale, ha già lavorato per la città lagunare tra il 1992 e il 1998, come presidente del consorzio di progettazione della salvaguardia delle aree abitate della città e poi come Consulente dell’Autorità Portuale di Venezia, con l’incarico di mettere a punto il “Piano di gestione del Porto di Venezia e governance delle procedure” come si legge nel suo curriculum.
Tra carriera, vita privata e nuove missioni impossibili
Già amministratore delegato Invimit (2013-2018), la controllata pubblica che si occupa della cessione di parte del patrimonio immobiliare dello Stato, a inizio 2019 è stata nominata dalla Banca d’Italia commissario straordinario di Sorgente sgr, società immobiliare del gruppo Sorgente in una querelle giudiziaria con Enasarco, l’ente di previdenza degli agenti e rappresentanti del commercio. Manager, ma anche madre, Spitz nella vita privata è stata sposata con Marco Follini, ex segretario UdC, da cui ha avuto una figlia. Per lei ora una nuova sfida, che ha il sapore della missione impossibile, a cui sono spesso chiamate le donne, dopo momenti di grave crisi.
Un commissario donna: un caso?
Che a tentare di risollevare Venezia e soprattutto risolvere il problema cronico di una città stupenda ma fragilissima sia stata chiamata una donna può aver stupito, ma gli esperti sanno che la scelta può essere ricaduta su Elisabetta Spitz non solo per le sue capacità professionali. Spesso accade, infatti, che il compito di gestire situazioni critiche sia affidato a una donna. Perché? Secondo molti esperti di fronte a condizioni particolarmente delicate e rischiose la formula preferita è quella di puntare l’attenzione sulla novità di genere, dunque optare per un “management rosa”. È il fenomeno che viene chiamato “scogliera di cristallo”.
La “scogliera di cristallo”
Dopo il “tetto di cristallo”, definizione con cui si intende la difficoltà per le donne di raggiungere posizioni di vertice nel mondo professionale a vantaggio invece dei colleghi uomini, da tempo si parla anche della “scogliera di cristallo”. È il fenomeno per cui a ricoprire una posizione di leadership in un’organizzazione in crisi sono chiamate appunto donne nel ruolo di “traghettatrici”. Susanne Bruckmüller e Nyla Branscombe, ricercatrici all’universotà del Kansas, nel 2010 hanno condotto diversi studi (pubblicati sul British Journal of Social Psychology) arrivando a una conclusione: quando una società è percepita come “in crisi” si è più propensi a scegliere un manager donna, specie se i predecessori sono stati uomini. Quando, invece, il contesto è percepito come “di successo”, i candidati di entrambi i sessi hanno le stesse possibilità di essere selezionati. In molti hanno ipotizzato come possibile spiegazione, l’idea che la donna possa rappresentare un’alternativa solo quando i margini di successo siano risicati (come a dire che “peggio di così…”).
Le altre donne “paracadute”
Nel 2013 è toccato ad Antonella Mansi, all’epoca 39enne, traghettare il Monte dei Paschi di Siena fuori da una crisi da 350 milioni di debito, vendendo un terzo dell’istituto colpito dallo scandalo dei derivati. Ma gli esempi si sprecano anche all’estero. Forbes ha citato la scogliera di cristallo nel caso di Carly Fiorina e Marissa Mayer, rispettivamente chiamate ai vertici di Hewlett-Packard e Yahoo!. Mary Robinson è stata la prima donna premier in Irlanda, con il compito di risanare le finanze del Paese, così come Theresa May ha avuto il difficile compito (non riuscito) di siglare gli accordi per la Brexit. Michelle Bachelet, ex presidente cilena e già vittima di torture, è stata chiamata a risolvere (o quantomeno gestire) il problema del rispetto dei Diritti Umani come Commissario all’Onu, mentre in un’Europa in crisi di identità la guida è stata affidata a Ursula Von Der Leyen, che viene affiancata economicamente da Christine Lagarde, un’altra donna con una missione (quasi) impossibile: far meglio o almeno uguagliare i successi di Mario Draghi alla Banca centrale europea.