Le città italiane non riducono abbastanza in fretta i livelli di smog. Risultato? Ventinove centri sforano i limiti di polveri sottili, 72 risultano fuorilegge per salute umana in relazione alla quantità di polveri sottili Pm10. E’ il preoccupante scenario che emerge dal nuovo rapporto di Legambiente dedicato allo smog, “Mal’Aria di città 2023: cambio di passo cercasi”.
Inquinamento, Torino la città “peggiore”
Le situazioni peggiori a Torino, Milano, Asti, Modena, Padova e Venezia. Per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) e del biossido di azoto (NO2), queste città nel 2022 hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti consentiti.
A guadagnarsi la maglia nera quanto a inquinamento è il capoluogo piemontese che nel 2022 ha sforato per 98 giorni – il massimo consentito per legge è 35 – il limite di 50 microgrammi al metro cubo di PM10. Non va meglio a Milano (84 giorni), Asti (79), Modena (75), Padova (70), Venezia (70), Cremona (67), Treviso (66).
Smog, nuovi limiti imposti dal 2030
Un problema non solo per il presente, ma anche e soprattutto per il futuro dati i nuovi limiti imposti al 2030. Rispetto ai nuovi target europei previsti al 2030, si legge nel rapporto, “la situazione è ancora più critica: fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per l’NO2″.
Nello specifico le città che devono impegnarsi di più sono Torino e Milano (riduzione necessaria del 43%), Cremona (42%), Andria (41%) e Alessandria (40%) per il PM10; Monza (60%), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (57%), Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia, Asti e Mantova (50%) per il PM2.5; Milano (47%), Torino (46%), Palermo (44%), Como (43%), Catania (41%), Roma (39%), Monza, Genova, Trento e Bolzano (34%), per l’NO2.
Prospettive? Serve un cambio di passo
“La tendenza di decrescita dell’inquinamento è troppo lenta, esponendo le città a nuovi rischi sanitari e sanzioni” spiega Legambiente. E sottolinea come i centri più distanti dall’obiettivo previsto per il Pm10 “dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni tra il 30% e il 43% entro i prossimi sette anni, ma stando agli attuali trend di riduzione registrati negli ultimi 10 anni, potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungere l’obiettivo”, quindi solo nel 2040.
“L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza“, spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “In Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52.000 decessi annui da Pm2.5, pari a un quinto di quelli rilevati in tutto il continente”.
Le strade da seguire ci sono ma implicano investimenti importanti sul trasporto pubblico, pedonalizzazioni e zone 30, condivisione dei mezzi, reti di ricarica dei mezzi elettrici, ciclabili, “azioni coraggiose” da parte di Governo Regioni e ai Comuni, per città più pulite e sicure.