«A questa età la maggior parte dei bambini non vede l’ora di ricominciare a uscire, giocare con gli amici, andare alle festicciole di compleanno. E questa voglia di normalità è un ottimo segnale» spiega Francesca Valla. «Ma dopo il lungo isolamento qualcuno, all’inizio, potrebbe sentirsi in difficoltà. Contano l’età, la personalità, il contesto familiare ma anche le singole situazioni: se la pandemia ha causato malattia o lutti in famiglia, a questa età i bambini avranno assorbito dai grandi la preoccupazione e un senso di pericolo che ora possono tradursi nel timore di avvicinarsi agli altri».

Ritrovare la curiosità a piccoli passi

Per dare un nome alle emozioni e affrontare con coraggio le novità, a quest’età i bambini hanno bisogno di tutto l’incoraggiamento e la comprensione dei genitori. «Mamma e papà non devono avere fretta di proporre uscite e attività, di invitare i parenti a casa o di organizzare una gita in gruppo nel weekend. Per ricostruire il tessuto delle relazioni positive e gratificanti è importante muoversi un po’ per cerchi concentrici, partendo dai familiari (nonni, zii, cugini) per allargarsi via via ad altre figure». Questo li aiuterà a riabituarsi gradualmente alla nuova routine.

Se teme il distacco, normalizza il disagio

Vuole ancora dormire nel lettone, non gli interessa giocare con gli altri, sta sempre attaccato alla mamma. C’è da preoccuparsi? «No. Il primo consiglio è di non avere paura delle paure dei propri bambini, di non negarle ma accettarle» commenta Francesca Valla. «Poi serve un po’ di pazienza per rassicurarlo e fargli capire che a volte capita di avere bisogno di restare un po’ di più protetti nella propria tana. Ma anche che, fuori, ci sono tante cose belle da fare e da scoprire e sarebbe un peccato rinunciarvi. Anche i ricordi personali sono utili: raccontargli di quando ci si è trovati in situazioni simili, per timidezza, insicurezza, paura. “Sai, anch’io alla tua età ero come te, poi una volta è successo che…”. Questo renderà normale il suo disagio e gli trasmetterà il messaggio che insieme si possono affrontare le difficoltà» spiega l’esperta.

Affronta la sua chiusura costruendo insieme

Ci sono due cure infallibili per i momenti di chiusura emotiva dei bambini: giocare o costruire qualcosa insieme. «Attraverso il gioco (gioco libero, non strutturato) infatti, un bambino si prende cura di sé, mette in scena le proprie emozioni, le racconta e impara a gestirle. Favorire quello
tra fratelli o con i coetanei, ma anche giocare con loro, può offrire lo spunto per mettere in scena una storia che lo aiuti a superare un momento critico» propone Francesca Valla. E, se non funziona, proponigli di fare qualcosa insieme: costruire una macchina o una casetta usando degli scatoloni, preparare una torta o interrare delle piantine in una cassetta sul balcone. «Le attività pratiche sono l’ideale per rafforzare i legami, far scoprire aspetti di sé, imparare la pazienza e la collaborazione, ma anche distrarsi dai pensieri cupi». E poi gioco e costruzione abitano lo stesso territorio della creatività, una risorsa preziosa perché permette di vedere il futuro, uscendo dai momenti critici.

Se è triste, non minimizzare il suo stato d’animo

«Oltre alla rabbia, c’è una seconda potentissima emozione in questo momento: la tristezza. Un’emozione che è sempre legata alla perdita, reale o simbolica che sia» spiega Alberto Pellai. «A 7 anni un bambino può essere molto triste perché non ha potuto festeggiare il compleanno o andare agli allenamenti sportivi. Ma attenzione: mai sminuirne l’importanza. Bisogna recuperare portando le cose su un piano razionale. Per esempio, spiegandogli che sì, continuiamo a usare le mascherine, ma finalmente possiamo andare dai nonni, vedere gli amici, fare sport. Così aiutiamo i nostri figli a trasformare quell’emozione in energia vitale, in felicità».

Il mini test: il genio della lampada

Ecco un gioco semplice e divertente, da proporre ogni tanto con leggerezza e che può essere usato come un piccolo test per capire quali emozioni attraversano la mente di un bambino. «Consiste nell’immaginare che, come nelle fiabe della tradizione orientale, il genio di un’antica lampada ci dia la possibilità di esprimere tre desideri. Proviamo a chiedere a nostro figlio i suoi. Le risposte, diverse, buffe e sorprendenti, in certi casi potranno indicare se, dietro alle parole del piccolo, si nascondano qualche difficoltà, una paura o un po’ di tristezza» spiega Francesca Valla. Desiderare di avere dei superpoteri o di poter adottare un cucciolo, per esempio, sono la conferma che il bambino è sereno. Ma se volesse avere più amici, meno discussioni in famiglia o “che nessuno si ammali più”, forse è perché si sente sopraffatto da pensieri negativi. E allora diventano importanti due passi: permettergli di esprimere le sue preoccupazioni (anche cominciando da questo semplice gioco) e fargli capire che la sua famiglia è in grado di ascoltarlo e di stargli vicino per rassicurarlo.

2 libri da leggere


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IL LIBRO DA LEGGERE INSIEME
Storia di capelli e rabbia” di Laura Feci Moraja (Le Maghette, ilmagodioz.com) è un album illustrato da Eleonora Musoni per piccoli lettori dai 4 agli 8 anni. Racconta di Priscilla, bambina dalla chioma rossa, che quando si arrabbia si ritrova con i capelli di fuoco vivo. Riuscirà a spegnerlo? Il libro è nato dalle tante storie di piccoli arabbiati ascoltate dall’autrice nel centro di riabilitazione dell’età evolutiva di cui è responsabile (Il Mago di Oz, a Roma) e ha lo scopo di insegnare a riconoscere un’emozione ingombrante. Oltre che aiutare i genitori a riflettere su quello che provano di fronte al proprio bambino infuriato.

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IL SAGGIO PER MAMMA E PAPÀ
“Urlare non serve a nulla” di Daniele Novara (Bur Rizzoli) è ormai diventato un classico per un’educazione senza “rabbia”, con testimonianze, riflessioni e indicazioni
pratiche a cura del pedagogista Daniele Novara, fondatore del Centro Psicopedagogico di Piacenza. È ricco dii consigli utili per imparare a controllare le proprie reazioni emotive e riuscire, con la giusta organizzazione, a gestire nel modo migliore anche i conflitti che possono crearsi con i figli, specialmente quando sono frustrati.