L’endometriosi ti cambia dentro. Ti cambia dentro nel senso letterale del termine, infiammando e trasformando gli organi colpiti; e ti cambia dentro, “dentrissimo”- nell’anima. Questo perché accade? Accade perché l’endometriosi è molto più di una malattia. E’ una malattia che da intima e personale diviene malattia sociale.
Accade perché l’endometriosi colpisce un apparato, quello ginecologico, in cui si annida l’archetipo dell’essere donna, il mistero della femminilità. Insomma, è una malattia che rischia di inquinare e togliere forza al nucleo di luce della donna, alla sua stessa identità, al suo “posto nel mondo”, al suo senso.
Da scrittrice mi piace partire dalle parole e dall’etimologia: ENDO (dentro), METRO (utero). Qualcosa che accade là dentro, qualcosa che accade dentro l’utero-quel luogo segreto da cui viene la vita. Immaginate di essere malati proprio nel nido organico che dovrebbe essere l’origine di tutto, che dovrebbe portare vita! Immaginate la frammentazione del nido, la sua separazione: la donna stessa perde unità, vede spostarsi il proprio baricentro di persona.
Endometriosi: cos’è
Ma cos’è esattamente l’endometriosi? È una malattia che si comporta come un tumore e agisce tramite la proliferazione e l’insediamento di focolai in seguito allo sfaldamento dell’utero. Quando l’utero si sfalda per trasformarsi in ciclo mestruale, nell’endometriosi accade che il “prodotto” dello sfaldamento, invece che fuoriuscire, torni indietro (le cause non sono ancora del tutto note) e “metta su casa” dove capiti attraverso minuscoli focolai.
I focolai però crescono, nutriti dagli estrogeni, e diventano cisti “cioccolato”, cioè cisti vive che mestruano e sanguinano creando vere e proprie emorragie interne qua e là. Il sangue, là dove non dovrebbe essere, crea flogosi cronica, tessuto cicatriziale, aderenze e addirittura arriva a mutare e a trasformare la funzionalità degli organi circostanti. Complicazioni dunque di ogni ordine e grado. Complicazioni “segrete” e molto dolore. Un dolore costante e invalidante. Un pellegrinaggio infinito e spesso frustrante tra specialisti di ogni tipo: ginecologo, gastroenterologo, urologo, neurologo, immunologo, reumatologo etc… E soprattutto un costo elevatissimo tra farmaci, visite spesso private per i lunghi tempi d’attesa, integratori e medicamenti per tamponare ogni nuovo sintomo. Un costo altissimo nonostante molte di questi 3 milioni di donne solo in Italia siano spesso disoccupate o vengano licenziate.
Il dolore dell’endometriosi non viene capito
Non si muore di endometriosi ma si può morire a causa delle conseguenze di interventi complicatissimi e delicati. E spesso si muore dentro: si muore dentro quando si diventa sterili a causa di, si muore dentro quando perdi il lavoro perché il tuo dolore non viene creduto e perché la società ti considera una pigra nullafacente che s’inventa un male dopo l’altro, si muore dentro per tutta la vita persa in un letto tra antidolorifici e spasmi, si muore dentro per ogni pacca sulla spalla di chi minimizza, si muore dentro quando non puoi “amare” (spesso i rapporti sessuali possono essere molto dolorosi) e magari vieni pure lasciata per questo.
L’endometriosi ti fa morire dentro
Si muore dentro a causa del ritardo diagnostico che genera danni micidiali e irreversibili e invalidità permanenti che ti fanno sentire una donna a metà. Si muore dentro perché certe terapie ti fanno vomitare “sorci verdi” e modificano il tuo corpo e tutto il tuo equilibrio sistemico, modificano la tua forma originaria, il tuo peso, la tua pelle, i tuoi capelli, la tua bellezza.
L’endometriosi ti fa ammalare di dolore
L’endometriosi non è uno scherzo, né un’invenzione. È quella “roba lì”, schifosa forse, che vedete in qualsiasi foto su Google e che si può “toccare con mano”.
L’infiammazione cronica crea poi una sorta di cortocircuito e fa sì che il dolore da nocicettivo diventi neuropatico e il dolore pelvico diventi dolore globale e sistemico perché l’infiammazione porta in giro tossine. Pensate a questa immagine: pensate a una fiamma vicino a un oggetto di plastica. Osservatene il bordo e noterete che, a causa del calore, dopo un po’ si deformerà. Così accade nella nostra pancia e accade spesso che l’endometriosi sia accompagnata da altre patologie infiammatorie e simil autoimmuni. Accade spesso che una conseguenza dell’endometriosi sia la fibromialgia, un’altra bella gatta da pelare estremamente invalidante e fonte di dolore. Una specie di drago invisibile che si appoggia su tutte le fibre muscolari divorando l’energia vitale e regalando un ventaglio di sintomi inimmaginabili che coinvolgono tutti gli organi e tutti gli apparati.
Avere l’endometriosi e la fibromialgia significa che molti giorni al mese “non ce la fai”:
Non ce la fai a portare tua figlia a scuola.
Non ce la fai a fare la spesa.
Non ce la fai a stendere il bucato.
Non ce la fai a preparare la cena.
Non ce la fai ad invitare amici a casa.
Non ce la fai a dire SI’ a svariati inviti.
Non ce la fai nemmeno a pensare…perché il dolore fisico disarciona la lucidità cognitiva e crea una sorta di nebbia, una parete tra te e il mondo (la fibro fog).
Ma il vero problema, oltre al dolore e alla scarsa qualità di vita, qual è? Il vero problema è che non sei creduto, anzi spesso deriso e isolato, perché sono malattie DENTRO, malattie che non si vedono, malattie etichettate erroneamente come immaginarie o psicosomatiche.
Chi ha l’endometriosi ama terribilmente la vita
Da scrittrice e soprattutto da donna, affetta sia da endometriosi che da fibromialgia, ho voluto dare voce a ciascuna di noi scrivendo un romanzo, pubblicato con una piccola casa editrice bolognese- Cicogna Editore. Ironia della sorte: la malattia del nido e una cicogna come casa editrice. Il mio romanzo s’intitola Matilda con la A, titolo denso di significati. Matilda sono io, è la mia anima messa a nudo (e non è mica facile o scontato farlo), la mia autobiografia- ma Matilda sono anche tutti quei 3 milioni di donne e non solo perché nella mia storia personale c’è un pezzettino di tutte. Matilda con la A perché Matilda chiede di essere ascoltata, di essere ascoltata davvero con attenzione e solamente con l’attenzione ti ricorderai che non è Matilde, ma Matilda con la A e in quella A finale c’è un microcosmo, un giardino segreto, una riflessione sulla vita tutta.
Sì, perché Matilda, nonostante il dolore, ama terribilmente la vita e la racconta tutta, senza sconti: dalla sua Bologna al liceo, dalla famiglia d’origine all’amore, dalla vita alla morte, dall’amicizia al perdono, dalla malattia alla maternità. La vita tutta. La vita di un’adolescente e poi di una donna che non smetterà mai di credere che ci possa essere un domani migliore. E il domani può essere migliore solo col rispetto, col riconoscimento e non lasciandoci “invisibili” e- magari -con una cura. Il domani può essere migliore soltanto “insieme”: senza guerre, senza etichette, senza dietrologie, senza sotterfugi, senza giochi di potere, senza pettegolezzi. Ma con l’amore che serve a tutti e domandandosi: se fosse mia figlia? Se fosse mia madre? Se fosse mia sorella? Se fosse mia moglie? Se fosse la mia migliore amica? E se, invece, fossi io?
Ah, dimenticavo: ho 40 anni. Nonostante l’endometriosi ho due splendidi figli e amo prendere a morsi la vita. Amo ogni Resurrezione, ogni gesto creativo, ogni impasto di acqua e farina che mette in tavola giorni più buoni. Sono Cecilia e Matilda, quelle con la A.
di Cecilia Mazzeo Orlandi
(a cura di Barbara Rachetti)