Il numero di casi di epatite acuta nei bambini è aumentato anche in Italia, arrivando a una trentina, mentre nel mondo se ne contano circa 270. Il ministero della Salute ha emesso una circolare, che recepisce le indicazioni degli esperti dell’EDCD, il centro di controllo europeo sulle malattie: l’epatite acuta nei bambini potrebbe essere causata dall’adenovirus. Si invita anche a una maggiore igiene generale per evitarne la diffusione.
L’adenovirus come sospettato numero uno
A quasi due mesi dal primo caso segnalato nel Regno Unito, il 5 aprile scorso, l’ECDC, l’European Center for the Diseases Control, ha messo nero su bianco quello che qualcuno aveva sospettato fin da subito: a causare le epatiti acute in età pediatrica potrebbe essere l’adenovirus, un virus che normalmente causa raffreddore e gastroenteriti. Al momento non ci sono focolai localizzati, ma gli esperti ritengono che il contatto ravvicinato con una persona infetta «dovrebbe essere considerato la via più probabile di esposizione».
Come si trasmette l’adenovirus che causa l’epatite acuta
Una circolare del ministero della Salute, emessa nelle scorse ore, recepisce le indicazioni dell’ECDC. Nello specifico e per quanto riguarda la trasmissione del virus, si ritiene che la più probabile sia quella oro-fecale (dalla bocca o tramite le feci), specialmente nei bambini piccoli. Ma «di fronte alla mancanza di solide evidenze scientifiche, le raccomandazioni si riassumono in una buona pratica igienica generale». Insomma, in attesa di conferme si invita la popolazione e soprattutto gli operatori che hanno contatti con bambini piccoli (insegnanti in asili, scuole, personale medico in ospedale, ecc.) a seguire «un’accurata igiene delle mani e l’adesione alle pratiche di igiene respiratoria dovrebbero essere implementate nelle strutture educative per l’infanzia in cui si verificano focolai di gastroenterite. Per il personale che si occupa del cambio di pannolini dovrebbe essere considerato l’uso di guanti monouso, seguito da un’attenta igiene delle mani. Dovrebbe essere intrapresa un’accurata disinfezione delle superfici. Nelle strutture sanitarie per tutti i casi probabili devono essere seguite le precauzioni standard e di contatto con l’aggiunta di precauzioni respiratorie, se i casi hanno sintomi respiratori».
Epatite acuta: si indaga sulle cause
«Nonostante non sia ancora del tutto chiaro cosa abbia causato le infezioni al fegato nei bambini al di sotto di 10 anni, non credo sia il caso di allarmarsi. Anche in passato ci sono state epatiti in età pediatrica a eziologia sconosciuta, quindi di cui non erano note le cause. Naturalmente, di fronte di un certo numero di casi come quelli segnalati, soprattutto nel Regno Unito, è giusto fare ulteriori indagini» aveva spiegato all’indomani dei primi casi il professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo all’Università Campus Biomedico di Roma.
L’ultimo report dalla Gran Bretagna: possibile infezione da adenovirus
L’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA) aveva già diffuso un report, che apriva all’ipotesi che questo virus possa essere all’origine delle rare epatiti dall’origine sconosciuta. Secondo il report (diffuso dalla Fimmg – Federazione italiana medici di medicina generale) «L’adenovirus è l’agente patogeno più comune rilevato nel 75% dei casi confermati» di epatiti acute nei bimbi in Gran Bretagna e, in particolare, «il ceppo di adenovirus chiamato F41 sembra la causa più probabile».
Gli scienziati stanno studiando se c’è stato un cambiamento nella composizione genetica del virus che potrebbe innescare più facilmente l’infiammazione del fegato. Nel report dell’agenzia, aggiornato al 25 aprile e diffuso dai media inglesi, si sottolineava che la maggior parte dei bambini che contraggono l’adenovirus non hanno sintomi particolarmente gravi.
L’italia non credeva all’ipotesi dell’adenovirus
In realtà l’Istituto Superiore di Sanità non credeva inizialmente a questa possibilità, tanto che dichiarava: «L’ipotesi che sia un adenovirus a causare le epatiti è di per sé improbabile, in quanto questo tipo di virus normalmente non è associato a malattie epatiche». L’adenovirus è un virus noto, che causa raffreddore e gastroenteriti, ma in questo caso non sembra più escluso come possibile causa: «Se ne è parlato perché sta circolando una forma di influenza tardiva, che potrebbe essere dovuta proprio all’adenovirus e che sta dando problemi intestinali» chiarisce il professor Ciccozzi.
Nessun legame con i vaccini Astrazeneca e J&J
L’esperto esclude anche un possibile nesso con i vaccini AstraZeneca e Johnson&Johnson, che ne hanno utilizzato un tipo come vettore virale: «Intanto va detto che per AstraZeneca e J&J si è usato un adenovirus inattivato delle scimmie e non dell’uomo. L’unico che lo ha usato di tipo umano è il siero russo Sputnik – spiega l’epidemiologo – Ma in ogni caso si tratta di un adenovirus inattivato». Si tratta di un virus geneticamente modificato in modo da non replicare nelle cellule dell’organismo umano. «Una ipotetica riattivazione implicherebbe un meccanismo molto complicato, troppo: è assolutamente da escludere» spiega Massimo Ciccozzi.
Altre ipotesi sulle cause: il lockdown
Un’altra possibile spiegazione è che le misure di precauzione imposte nella pandemia potrebbero aver portato i bambini piccoli a essere esposti per la prima volta all’adenovirus in un momento successivo della loro vita rispetto a quando normalmente accade, portando a una risposta immunitaria più vigorosa, in alcuni, nei confronti dell’adenovirus. «Le ipotesi che circolano sono molte, ma nessun convincente, mentre ritengo che quella da prendere più seriamente in considerazione sia legata al lockdown. Come supposto anche dall’ECDC, il Centro europeo di controllo delle malattie, il periodo di chiusura e le misure anti-Covid, come le mascherine, potrebbero avere in qualche modo impedito o rallentato il contatto con vari virus. Adesso che le restrizioni stanno venendo meno, riprende anche la circolazione di questi virus, che possono essere di tipo influenzale e già noti, oppure anche sconosciuti» spiega Ciccozzi.
«Bisogna tenere presente, infatti, che il sistema immunitario nella normalità è in continuo “allenamento”. Ciò non è avvenuto durante il lockdown, proprio a causa delle restrizioni, quindi ora nei bambini, che più degli adulti hanno vissuto le restrizioni della pandemia senza la scuola e i contatti con i coetanei, adesso potrebbero avere un sistema immunitario un po’ meno rispondente a molti virus anche meno conosciuti o nuovi, insomma che abbia una ridotta capacità di reazione» spiega ancora l’esperto.
Epatite acuta: esclusa la causa dell’intossicazione alimentare
Come chiarisce anche l’Istituto Superiore di Sanità, «ogni anno in Italia, come negli altri paesi, si verifica un certo numero di epatiti con causa sconosciuta e sono in corso analisi per stabilire se ci sia effettivamente un eccesso. Le ipotesi iniziali del team di indagine nel Regno Unito proponevano una causa infettiva o possibile esposizione a sostanze tossiche. Una serie di questionari, con i quali è stato chiesto ai pazienti e alle famiglie, quali cibi avessero consumato, quali bevande avessero assunto o altre abitudini personali, non hanno però portato a individuare una possibile causa comune delle epatiti acute: «Questo ha portato a escludere cluster familiari o localizzati a livello territoriale, come ad esempio in una città, perché le segnalazioni hanno riguardato bambini che vivono in posti differenti e persino in Paesi differenti» conferma Ciccozzi.
Esclusa la causa di eventuali farmaci
L’allarme, infatti, è scattato il 5 aprile scorso nel Regno Unito e ha riguardato prima l’Inghilterra, poi Galles e Irlanda del Nord, Scozia, ma anche man mano Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Olanda, Romania e Spagna. Altre segnalazioni sono poi giunte da Svezia, Israele e Italia. «Per lo stesso motivo, quindi per la diffusione sul territorio in modo così ampio, non è neppure credibile che si sia trattato di intossicazioni da sostanze come farmaci, che è una delle possibili cause di epatite» aggiunge l’epidemiologo, secondo cui la causa va ricercata, invece, nelle conseguenze del lockdown.
Scartati coronavirus e vaccini anti-Covid: perché?
È stata scartata, invece, l’ipotesi che potesse esserci un nesso con il coronavirus. «Tra 13 casi notificati dalla Scozia, per cui sono disponibili informazioni di dettaglio sul testing, 3 avevano una infezione confermata da Sars-CoV2, 5 erano negativi e 2 avevano avuto una infezione da Sars-CoV-2 tre mesi prima. 5 casi avevano un test positivo per adenovirus tra gli 11 dei 13 casi per cui erano disponibili dati su questo tipo di test», come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità. «Lo stesso vale per i vaccini anti-Covid che, per via dell’età pediatrica, sono stato somministrati in quantità minore o nulla» aggiunge Ciccozzi.