Un dettaglio. Il seno intravisto sotto la maglietta attillata, il pube nascosto dietro la cerniera dei pantaloni, la trasparenza che allude a quel che c’è e non si vede ma si immagina. Ma anche la provocazione di una nudità sfacciata, pezzi di pelle esposti, peli, capelli. L’elenco potrebbe essere più lungo, ma non serve: la storia dell’eros passa da qui.

Eros e desiderio ieri…

I tasti che hanno attivato il desiderio dall’origine del mondo sono questi, centimetro di pelle in più o in meno perché, come saggiamente diceva Vivienne Westwood – gran genio anche lei ma della moda, nonché madrina del punk – la vera zona erogena è l’immaginazione. Finché, poi, è successo l’impensabile: la realtà ha prevalso, cancellando ogni allusione e ogni non detto. Una tetta è una tetta. Che sia esposta dall’influencer di turno per rivendicare il diritto a mostrare il corpo femminile, o da una ragazza qualsiasi per il piacere di farlo, non cambia: una tetta è una tetta, appunto. Viene postata e vista, non immaginata.

E lo stesso vale per gli altri dettagli anatomici nascosti per secoli a favore di fantasie e appetiti voraci. Togliendo materia alla fantasia e lasciandoci soli con un dubbio: ma con tutta questa realtà, tutte queste foto, questi corpi fluidi, il sesso via app, l’AI, OnlyFans, come si accende oggi il desiderio? Una tetta ha ancora il potere di generare fantasie o serve altro? E soprattutto: spento il tasto dell’immaginazione, alle nuove generazioni che cosa resta?

…Eros e desiderio oggi

«Sicuramente lo sguardo sul corpo è cambiato». Roberta Rossi, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa, autrice per Rizzoli del libro Vengo prima io, risponde così. La spiegazione è chiara: il tempo e le evoluzioni sociali agiscono anche sui nostri occhi e questo ha delle conseguenze. «I punti tradizionalmente clou dell’erotismo, come il seno o il pube o l’ombelico della Raffaella Carrà versione Tuca Tuca, hanno perso il fascino e il potere seduttivo che avevano fino a quando restavano prevalentemente coperti. Anche i primi topless o le prime minigonne avevano un potere erotico molto forte perché il corpo si era abituati a vederlo vestito: scoprirlo era una trasgressione.

Andando avanti, la libertà di espressione è aumentata, togliendo progressivamente fascino ad alcune parti del corpo e spostando l’attenzione su altre cose. La mente, per esempio. Non a caso, le persone che si definiscono sapiosessuali stanno aumentando». Come è potuto succedere che la bussola dell’erotismo si sia spostata dal corpo alla mente, dice la sessuologa, è molto chiaro. «Siamo talmente sovraccarichi di immagini fisiche e corporee, che è come se non rimanesse più spazio libero nel nostro hardware mentale per poter essere sollecitati».

Se eros e desiderio diventano marketing

Paolo Crepet, psichiatra e autore per Mondadori del recente Mordere il cielo, condivide il pensiero e aggiunge: «Io appartengo a una generazione che ha conosciuto il mito dell’erotismo, le coppie maledette, e oggi vedo solo tristezza. Un tempo c’erano potenza e sofferenza dentro l’immagine erotica, oggi la sofferenza è stata tolta, spazzata via. Ma l’eros, senza sofferenza, non è nulla. E anche senza eleganza: un corpo nudo in mostra o è arte o è pornografia. Tutto, invece, è massificato. Il tatuaggio di Belen esposto a Sanremo è marketing, non erotismo: l’effetto wow! dura lo spazio di un secondo, mentre il tempo dell’eros è lento, ha bisogno di attesa non di svelamento. In questo, i social sono la morte dell’eccitazione e lo showbiz anche: gli shorts di Taylor Swift in concerto e quelli di Jesus Jeans della pubblicità “Chi mi ama, mi segua” sono gli stessi, ma hanno un potere erotico infinitamente diverso. Uno è provocazione, l’altro massificazione».

Serve una nuova mappa dell’eros

L’abitudine visiva ha disinnescato la reazione dei sensi, rendendoci indifferenti. «Nulla serve a priori: né gli stimoli ambientali né quelli sessuali» spiega Rossi. «Alcuni autori parlano di recessione sessuale. Non so sia la definizione giusta, ma di certo un minore interesse per il sesso inteso in senso classico c’è e riguarda soprattutto i giovani». Per le generazioni degli anni Sessanta e Settanta forse fino ai primissimi anni Ottanta la sessualità era una forma di trasgressione e di protesta.

«Oggi la necessità di ribadire la nostra libertà attraverso il gesto sessuale non c’è più e questo ne ha spento l’energia rivoluzionaria. Se a questo aggiungi l’esposizione costante dei corpi, il risultato è chiaro: i corpi in sé non suscitano più emozione. I ragazzi, infatti, fanno meno sesso almeno per come lo intendevano le vecchie generazioni. Hanno i loro modi di avvicinarsi e stare insieme che assomigliano spesso a uno scambio di coccole. La trasgressione l’hanno spostata sul tema dell’identità e della fluidità».

Infatti, spiega Lisa Diamond, psichiatra americana, docente dell’Università dello Utah, la fluidità è legata più all’erotismo che all’orientamento sessuale. «Il desiderio sessuale non è soltanto qualcosa di fisico, ha a che fare con la complessità del cervello» scrive. «La nostra capacità erotica è molto più ampia di quanto la gente pensi. L’accettazione della fluidità di genere ha aperto nuove possibilità per l’espressione erotica. Le persone sono più libere di esplorare e sperimentare senza sentir- si vincolate da rigidi ruoli di genere». «Preferisco l’idea del genderless» dice invece Paolo Crepet.

La rivoluzione: eros e desiderio sono genderless e inclusivi

«Quello che inventò Alessandro Michele da direttore artistico di Gucci. Togliere importanza al sesso, inteso come componente genetica è uno scenario interessante. Ovviamente il seno o i genitali faranno sempre parte dell’immaginario erotico, ma l’erotismo del futuro lo vedo qui, in un territorio genderless appunto, dove l’aspettativa, il non detto e la fantasia tornano protagonisti». Se lo sguardo sui corpi è cambiato e con questo i percorsi del desiderio, non vuol dire che ai corpi si sia diventati genericamente insensibili: sono differenti i dettagli che ci attraggono.

Secondo uno studio recente pubblicato sul Journal of Sex Research, l’attrazione fisica sembra diventata più inclusiva, con un elenco più ampio delle caratteristiche considerate desiderabili, tra cui corpi plus-size, tatuaggi, piercing, cicatrici. In realtà, dice la dottoressa Rossi, assistiamo a una polarizzazione. «Da una parte c’è l’attrazione per forme meno longilinee, meno perfette, simmetriche, belle esteticamente che è conseguenza della cultura dell’inclusione e della body positivity. Dall’altra assistiamo all’estremizzazione del corpo ideale che si cerca con la palestra, l’alimentazione, il ricorso massiccio alla chirurgia plastica su seno, labbra e natiche connesse all’immaginario erotico tradizionale. Anche i sex robot sono disegnati secondo un’immagine molto stereotipata perché quel tipo di immaginario è an- cora efficace su molti». Ogni corpo ha il suo pubblico. E questo, sì, è un pensiero erotico.

La mostra da non perdere

A Milano fino al 21 settembre arriva in mostra Sesso Kitsch, retrospettiva dedicata a Nino Migliori presso la M77 Gallery (www.m77gallery.com). Si tratta di una serie di nove immagini, realizzate dal fotografo negli anni Settanta. «L’idea era raccontare il modo di vestirsi di quegli anni e di nascondersi oppure di offrirsi» spiega l’autore, 98enne, tra i più importanti rappresentanti della fotografia italiana.

«Era un modo kitsch, come dice il titolo. Nel mio lavoro la rappresentazione in senso erotico dei corpi è rara. Gli unici esempi, in 76 anni di carriera, sono questa serie e la serie Make love not war, e non è un caso che siano arrivati proprio in quegli anni: la fotografia era il mio sguardo sul mondo. In quel periodo la liberazione dei corpi era ovunque e ho sentito la necessità di rappresentarla. Era un’esigenza sociale, non estetica».

Oggi, dice, forse andrebbe riproposta, ma lui ha quasi cento anni e il suo sguardo è lontano. «I corpi sono un problema che non mi tocca più, mi interessa altro. Il mio ultimo lavoro si intitola Bicchierotti e sono dieci scatti di bicchieri o piatti infranti su uno sfondo nero. Volevo ragionare sulla fine delle cose, e questo è stato il modo di rappresentarla».