Il 21 settembre l’Italia ha presentato al Consiglio dei Ministri Agricoli un documento che evidenzia i limiti del Nutri-score, l’etichetta nutrizionale a semaforo elaborata dalla Francia e già in uso in molti Paesi che – secondo le principali associazioni italiane di categoria – penalizzerà alcuni alimenti tipici della dieta mediterranea.

Entro il 2022 un’unica etichetta: ma quale?

Di cosa stiamo parlando? Dei criteri con cui sceglieremo il cibo da portare in tavola. Entro la fine del 2022 la Commissione europea presenterà una proposta per un’etichettatura nutrizionale obbligatoria sulla parte frontale delle confezioni armonizzata per tutti i Paesi che fanno parte dell’UE. Armonizzare significa scegliere un criterio di classificazione dei cibi valido per tutti i Paesi. Ma in base a quale criterio sarà scelta l’etichetta migliore per tutti? Questo tema è diventato terreno di battaglia a livello europeo e i governi si stanno attrezzando per difendere interessi nazionali, filiere autoctone e alimenti-simbolo della propria cultura.

Le multinazionali unite pro-semaforo

Oltre alla comprensibile preoccupazione dell’Unione Europea per la salute dei suoi cittadini c’è qualcos’altro. Il 27 aprile, mentre gran parte parte della popolazione mondiale era alle prese con le conseguenze del COVID-19, una coalizione formata da oltre 40 soggetti attivi prevalentemente nel settore alimentare (per intenderci: giganti del calibro di Nestlè e Danone, Carrefour e Auchan, Lidl e McCain…) inviava una lettera al Commissario per la sicurezza alimentare chiedendo una proposta legislativa dell’UE che introduca il sistema Nutri-Score come etichettatura obbligatoria per tutti i produttori di alimenti. Quindi gli attori della guerra sulle etichette nutrizionali non sono solo i governi ma anche le aziende. Alcune delle quali – è bene dirlo – hanno iniziato già da tempo a mettere sulle loro confezioni il semaforo del sistema Nutri-Score e, presumibilmente, non hanno molta voglia di caricarsi di ulteriori costi per modificare il packaging qualora nel 2022 la Commissione europea scegliesse un altro tipo di etichetta.

L’Italia lancia la batteria contro il semaforo

Forse perché molti paesi del Nord Europa lo hanno già adottato (Francia, Belgio, in via di adozione anche in Germania, Spagna e Paesi Bassi), il Nutri-score sembra partire avvantaggiato. Ma l’Italia sta già lavorando da mesi all’elaborazione di una etichetta nutrizionale alternativa al Nutri-Score: il 27 gennaio il governo aveva proposto alla Commissione europea il NutrInform Battery. A fine luglio NutrInform Battery ha ricevuto il via libera dalla Commissione europea diventando uno degli schemi di etichettatura fronte pacco analizzati dalla Commissione europea in vista dell’armonizzazione del 2022. Il simbolo della batteria potrà quindi essere applicato in Italia facoltativamente su tutti i cibi confezionati, tranne quelli Dop e Igp esclusi dall’ambito di applicazione in virtù delle loro caratteristiche di eccellenza e di tipicità.

Come si legge la batteria

Il logo della batteria è formato da cinque pile elettriche, ciascuna delle quali rappresenta, con il proprio livello di carica, il contenuto di energia di un nutriente in una singola porzione dell’alimento: calorie, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale. La parte carica della batteria rappresenta la percentuale di energia o di nutrienti contenuta in una singola porzione rispetto al valore consigliato. A differenza del Nutri-score, calcolato su 100 grammi di prodotto, la batteria calcola per porzione e dunque varia da prodotto a prodotto: «Nella dieta di un individuo adulto medio, ad esempio, è consigliata l’assunzione di circa 35-40 ml di olio di oliva al giorno, quindi una valutazione nutritiva dell’alimento su una porzione da 100 ml può facilmente portare a deduzioni inesatte» aggiunge Federconsumatori.

La batteria non dice se un cibo va bene o meno, ma dice in che modo quel cibo concorre a coprire il fabbisogno quotidiano di nutrienti. Quindi basterà sommare le sostanze degli alimenti assunti nell’arco della giornata e la somma dovrebbe “riempire” la carica di ciascuna batteria. Le quantità giornaliere fanno riferimento a quelle raccomandate nell’Ue per un adulto medio, ossia 2000 kcal di energia, 70 g di grassi, 20 g di grassi saturi, 90 g di zuccheri e 6 g di sale.

Come si legge il semaforo

L’etichettatura nutrizionale a forma di semaforo, detta Nutri-score, è stata messa a punto da ricercatori francesi. Il semaforo ha cinque livelli rappresentati da lettere (da A ad E) e colori. Ad esempio la A su sfondo verde indica un prodotto più salutare, si prosegue via col verde chiaro, il giallo, l’arancione e infine il rosso (la E) che indica un prodotto meno indicato per la salute. ll semaforo valuta in modo positivo (verde) i cibi che contengono proteine, fibre, frutta, verdura e frutta secca, in modo negativo (rosso) i cibi che hanno elevato tasso di calorie, grassi saturi, zuccheri e sale. Il semaforo dà un consiglio al consumatore.

I limiti del semaforo

«A causa dell’algoritmo che sta alla base del Nutri-score, gli alimenti vengono valutati sulla base di alcuni nutrienti considerati negativi (sale, zuccheri e grassi saturi) e di altri positivi (frutta, verdura, fibre e proteine) – spiega Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare – La scelta degli ingredienti positivi però è del tutto arbitraria: perché questi e non altri? Perché i polifenoli, antiossidanti di cui è ricco l’olio d’oliva, non vengono considerati? Perché micronutrienti fondamentali come calcio, fosforo, ferro, zinco e selenio non vengono presi in considerazione? Giudicare un prodotto sulla base di alcuni elementi ignorandone altri conduce chiaramente a valutazioni distorte, se non del tutto errate. Così, ci ritroviamo ad avere l’olio d’oliva, il prosciutto di Parma e il Parmigiano reggiano con una valutazione pessima o comunque negativa mentre una busta di patatine fritte viene considerata con questo sistema come più sana di una scatola di sardine, malgrado le sardine costituiscano un’ottima fonte di proteine, vitamine B12, B3, B2, A e D, nonché di fosforo, calcio, ferro, magnesio e selenio».

Il semaforo non va bene per la dieta mediterranea

In molti hanno levato lo scudo contro il sistema di etichettatura a semaforo. «Questa etichetta è sicuramente di immediata lettura ma rischia di essere fuorviante – aggiunge Federconsumatori – Concentrandosi su un numero limitato di nutrienti e non tenendo in considerazione vitamine, sali minerali e antiossidanti fa passare in secondo piano la complessità della composizione degli alimenti, inducendo semplicisticamente il consumatore a percepire come buoni i cibi a cui viene associato il colore verde e come cattivi gli alimenti classificati con il colore rosso: il paradosso che ne deriva è la penalizzazione di prodotti come l’olio extravergine di oliva (che, a causa della percentuale di grassi, viene bollato con il semaforo rosso) e l’attribuzione del bollino verde a prodotti unanimemente riconosciuti come poco salutari, come le bibite light».

L’importante è la semplicità di lettura

Ma c’è anche qualche voce fuori dal coro. Franca Braga, responsabile centro di competenza alimentazione e salute dell’associazione Altroconsumo, non demonizza l’etichettatura a semaforo: «È bene ricordarci perché si è iniziato a parlare di etichettatura nutrizionale frontale. Lo scopo è quello di aiutarci a scegliere a colpo d’occhio alimenti più equilibrati per favorire stili di vita più sani. È un pilastro della prevenzione primaria. A nostro avviso il Nutri-score, grazie ai colori e alle lettere evidenziate, è uno strumento efficace e facilmente comprensibile». E per quanto riguarda la presunta minaccia agli alimenti della dieta mediterranea, «L’etichetta frontale non serve a fare la lista dei buoni e dei cattivi ma a dare ai consumatori indicazioni semplici per limitare il consumo di ciò che contiene troppo sale, troppi grassi, troppi zuccheri. Questo significa promuovere la dieta mediterranea – sempre che parliamo di quella vera con frutta e verdura, legumi, pesce e carboidrati, preferibilmente integrali – e favorire un meccanismo virtuoso che spinga i produttori a riformulare e rendere più sana la composizione nutrizionale dei loro prodotti».

Al di là dell’etichetta che verrà scelta dalla Commissione europea nel 2022, una cosa è certa: l’obiettivo di queste etichette di facilitare la comprensione, da parte del consumatore, del contributo o dell’importanza dell’alimento ai fini dell’apporto energetico e nutritivo di una dieta, rischia di naufragare in un mare di polemiche legate come al solito agli interessi nazionali.