Sul fine vita resta ancora molto da fare. Dopo che la Corte costituzionale non ha ammesso il referendum sull’eutanasia, che aveva raccolto oltre 1,2 milioni di firme, si torna a parlarne per il caso di Stefano Gheller, il 49enne della provincia di Vicenza che, affetto da distrofia muscolare, ha chiesto il suicidio assistito.
In Italia manca una legge sull’eutanasia
La Usl ha dato il proprio assenso, ritenendo che ci siano le condizioni previste dalla sentenza Cappato, ma molti altri malati non possono attuare la stessa scelta, per i limiti previsti dalle norme. In Italia, infatti, manca proprio una legge specifica sull’eutanasia, chiesta da anni dall’Associazione Luca Coscioni. Cosa manca? A che punto siamo? Chi può chiedere il suicidio assistito e chi invece ne rimane escluso?
Stefano Gheller e il suicidio assistito
Dopo “Mario” (di cui vi avevamo raccontato la storia), ora è la volta di Stefano Gheller, 49enne del vicentino che, affetto da distrofia muscolare, ha ottenuto il via libera dalla Usl al suicidio assistito. Nel suo caso la tempistica è stata più rapida. «Il gruppo multidisciplinare di medici della Usl di competenza ha analizzato il suo caso e ha dato il via libera. La Regione Veneto ha dimostrato cura e attenzione nel rispondere a Stefano, e lo ha fatto nel solco della normativa attualmente prevista nel nostro Paese ma, nell’Italia del sabotaggio dei diritti civili, persino il rispetto delle regole diventa un fatto straordinario» osserva l’avvocata Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti civili, tra i quali quelli sulla scelta del fine vita. «Tutti dovremmo poter essere liberi di scegliere sul nostro fine vita, in tempi brevi e senza passare da lunghe battaglie legali nei tribunali, come molte persone malate sono ancora costrette a fare, nonostante il suicidio medicalmente assistito sia legale in Italia a seguito della sentenza 242 della Corte costituzionale che ha valore di legge» prosegue Gallo.
Eutanasia: oggi in Italia è legale il suicidio assistito
La battaglia per una legge sull’eutanasia parte da lontano, specie per l’Associazione Luca Coscioni, ma non è finita: «La sentenza 242\2019 sul caso ‘Cappato\Antoniani’ (il Dj Fabo, NdR), che ha valore di legge immediatamente applicabile dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 27/11/2019, ha di fatto reso legale in Italia il suicidio medicalmente assistito poiché l’aiuto al malato a determinate condizioni indicate dalla Corte non costituisce più reato» ricorda Filomena Gallo.
I requisiti per accedere al suicidio assistito
Ma cosa significa? Cosa si può fare? «Chi possiede determinati requisiti (patologia irreversibile, grave sofferenza fisica o psicologica, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di prendere decisioni libere e consapevoli) e ne fa richiesta, può accedervi legalmente in Italia. È grazie a questa storica sentenza che “Mario”, Federico Carboni, è riuscito, pur dopo circa due anni di sofferenze e battaglie legali nei tribunali, a vedere rispettato il proprio diritto e a poter scegliere sul proprio fine vita» ricorda Gallo. Si è trattato certamente di una svolta importante, «che affonda le sue radici nelle battaglie iniziate ormai più di 15 anni fa da Piergiorgio Welby per il diritto ad una morte “dignitosa” e poi da tanti altri dopo di lui che hanno scelto di rendere pubbliche le loro battaglie per poter estendere questo diritto a tutti, come Peppino Englaro per Eluana, Giovanni Nuvoli, Paolo Ravasin, Max Fanelli, Dominique Velati, Walter Piludu, Davide Trentini, Fabiano Antoniani».
Ma il percorso, secondo l’Associazione Luca Coscioni, non è terminato: «Ora manca una legge che permetta a tutti di poter scegliere liberamente se e come porre fine alle proprie sofferenze, nel caso queste divengano insopportabili. Una legge che non discrimini e non lasci fuori nessuno e non costringa intere famiglie a viaggi della speranza all’estero per potere vedere rispettato un diritto che il proprio Paese continua a negare. Una legge che affermi la volontà certa, consapevole della persona anche nel fine vita» conclude Filomena Gallo.
Gli esclusi dal suicidio assistito: il caso di Elena
Ad oggi, infatti, rimangono escluse dalla possibilità di accesso al suicidio medicalmente assistito tutte quelle persone che non sono “tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale”. Non rientrano nei casi previsti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale, per esempio, casi come quello di Elena Altamira: «La signora Elena era affetta da patologia oncologica polmonare irreversibile con metastasi, non dipendeva da nessun trattamento o dispositivo di trattamento di sostegno vitale, non assumeva farmaci, salvo antibiotici e antidolorifici secondo necessità. Quindi chi si trova nelle sue condizioni non può accedere al suicidio assistito in Italia, perché non presenta i requisiti indicati nella sentenza» ricorda Gallo, che sottolinea come “proprio per questo motivo, Marco Cappato, lo scorso agosto, ha accompagnato in Svizzera la signora Elena Altamira, compiendo una nuova azione di disobbedienza civile». La donna aveva 69 anni, era originaria di Spinea in Veneto ed era malata a uno stadio terminale, ma ha scelto di morire in Svizzera, a Schwerzenbach, dove Cappato l’ha accompagnata per poi autodenunciarsi al suo ritorno a Milano.
Cosa sono il testamento biologico e l’Osservatorio permanente sui DAT
Se il suicidio assistito in Italia è ammesso solo in certi casi, è invece possibile per tutti fare un testamento biologico. Il testamento biologico, o biotestamento, è un documento legale che permette a una persona di esprimere le proprie volontà, mentre è in salute, riguardo ai trattamenti sanitari da intraprendere nel caso di una propria eventuale impossibilità futura, a causa di malattia o incapacità. Viene redatto, quindi, quando si ha piena capacità mentale e fisica. Vi ricordate il caso di Samantha, finita in coma a 30 anni dopo un intervento chirurgico? I familiari, dopo mesi di consulti per capire l’eventuale esito di un risveglio e di trattamenti di riabilitazione, avevano chiesto di interrompere le cure per rispettare le sue volontà, espresse a voce a familiari e amici: nessun accanimento terapeutico. Il 19 marzo scorso hanno ottenuto di poter staccare i macchinari che la tenevano in vita in una Rsa di Belluno.
Ma pur essendo previsto da una legge del 2017 (n.219) in molti non conoscono l’esistenza del testamento biologico: «A livello istituzionale non è mai stata condotta alcuna campagna informativa e senza informazione la legge sul testamento biologico per molti non esiste nemmeno. E anche in questo caso, come già accade in tema di suicidio medicalmente assistito, tocca a una piccola Associazione sostituirsi allo Stato nel garantire alla popolazione diritti civili fondamentali. Per questo da inizio 2022 l’Associazione Luca Coscioni, insieme a decine di volontari e volontarie e con l’aiuto delle Cellule Coscioni locali, ha promosso un accesso agli atti generalizzato per richiedere a oltre 5.000 comuni quante DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) sono state ricevute e quante di queste sono state trasferite alla Banca dati nazionale» spiega Filomena Gallo. In questo modo si potrà arrivare a creare un Osservatorio permanente: «Le DAT/testamento biologico sono uno strumento utile, anche se si è in buona salute, per avere certezza un giorno di vedere affermate le proprie scelte in materia di trattamenti sanitari e di fine vita» spiega il segretario dell’Associazione Coscioni.
Il numero bianco per info su eutanasia e testamento biologico
Nonostante la Corte costituzionale non abbia ammesso il referendum sull’eutanasia lo scorso giugno (e a maggior ragione per questo motivo), resta ancora molto da fare: «Sul fronte del fine vita continuiamo con il servizio del Numero Bianco (06 9931 3409), la prima infoline gratuita a cui quotidianamente e grazie all’aiuto di volontari adeguatamente formati, rispondiamo alle chiamate della cittadinanza che ricerca informazioni su DAT, cure palliative, eutanasia e suicidio medicalmente assistito in Italia – conferma Gallo – Continueremo a fornire aiuto legale a chi ce lo chiederà e se sarà necessario Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli continueranno a mettere in campo la forza della disobbedienza civile. Non solo sul tema del fine vita, ma anche sul fronte di tutti gli altri diritti civili e libertà negate».