Gli internauti di tutto il mondo tremano da quando hanno appreso che la società di marketing politico Cambridge Analytica, manipolando i dati di milioni di profili Facebook, sarebbe riuscita  a condizionare le presidenziali americane e il referendum inglese per la Brexit nel 2016 (ma forse anche l’ultima tornata elettorale italiana). Mark Zuckerberg, fondatore del social network, è finito nel mirino con l’accusa di non aver difeso a sufficienza la privacy degli utenti e ora sia il Congresso Usa sia l’Unione europea vogliono ascoltarlo. Che cosa sta succedendo?

Il pericolo del “micro targeting”

Ormai lo sappiamo, il nostro “navigare” viene registrato: pagine visitate, acquisti online, “like” o pollici bassi. Con il fine principale di ricevere pubblicità su misura per i nostri gusti. «Questo è lecito. Da Facebook a Google, tutte le piattaforme gratuite disponibili sul web non potrebbero essere tali senza venderci agli inserzionisti» spiega Riccardo Puglisi, professore di Economia pubblica all’università di Pavia, esperto del rapporto tra politica e media. Come in quella famosa massima del marketing: «Se il prodotto è gratis, il prodotto sei tu». Ma c’è dell’altro e si chiama “micro targeting”, cioè l’invio di messaggi elettorali personalizzati dopo che un algoritmo ha elaborato il nostro profilo psicologico sulla base dell’attività online: nel caso Cambridge Analytica chi era più propenso ad apprezzare e condividere fake news diventava un obiettivo di tali messaggi.

«Tutto nasce 3 anni fa, quando 270.000 inglesi e americani si iscrivono tramite Facebook all’app This is your digital life. Oggi è vietato, ma allora l’applicazione ha avuto accesso in automatico alla rete di amici degli iscritti, archiviando 50 milioni di profili, rivenduti a Cambridge Analytica, che a sua volta li ha offerti ai comitati elettorali». Zuckerberg sostiene di averlo saputo solo in un secondo tempo. Smentito però da Christopher Wylie, la gola profonda ex direttore di Cambridge Analytica che ha vuotato il sacco. E che sostiene sia coinvolto anche un partito italiano, benché Antonello Soro, nostro Garante della privacy, abbia affermato che non ci sono prove concrete.

Le proposte (poco amichevoli) della Rete

Il nuovo regolamento dell’Unione Europea sulla privacy, in vigore dal prossimo 25 maggio, corre ai ripari. Impone un consenso esplicito dell’utente per l’uso di informazioni sull’orientamento politico e religioso e, se fosse stato già operativo, avrebbe obbligato Facebook a denunciare subito la “fuga” di dati, non con 3 anni di ritardo. «Sul fatto che Facebook possa condizionare davvero le elezioni molti studiosi restano dubbiosi. Il vero rischio è la manipolazione commerciale e l’arma è la consapevolezza» conclude Puglisi. «Dalle newsletter alla “migliore offerta”, ogni proposta della Rete non è amichevole, cela un interesse tanto più profondo quanto il nostro vantaggio appare evidente. Mai dimenticarlo. Se sono indotto a mangiare una pizza cattiva, pazienza. Ma se sottoscrivo un mutuo a un tasso folle, credendo di fare un affare, è grave».

Ecco come proteggerci

Debutteranno a maggio, come ha illustrato il capo del dipartimento privacy di Facebook Erin Egan, i nuovi strumenti a difesa degli utenti. Alcuni, come la maggior facilità di cancellazione del proprio account (opzione oggi nascosta rispetto alla sospensione, che mantiene i nostri dati in archivio) anticipano le richieste Ue. Ma le novità principali sono la rimozione perpetua dei post e una schermata accessibile da ogni pubblicità che ci spiegherà come e perché siamo stati “targettizzati”.

Caso Facebook, come si difende la privacy?