Si dice che “I soldi non sono tutto nella vita”, però…possono fare la differenza. In realtà non servono stipendi a molti zeri per trovare la felicità.
Per la felicità bastano mille euro al mese, dicono gli italiani
Per 6 italiani su 10 sarebbe sufficiente un guadagno di almeno 1.000 euro al mese. Il dato, che emerge da un’ indagine condotta da Revolut e ricerche Dynata, sembra sorprendere e arriva alla vigilia della Giornata internazionale della Felicità, il 20 marzo. Il risultato si aggiunge, però, ad altri studi che sottolineano l’importanza delle relazioni sociali e affettive.
Cosa conta di più: denaro o relazioni?
Secondo il sondaggio di Revolut, realizzato a febbraio 2023 per comprendere se e come gli italiani valutano il binomio denaro e felicità, poco meno del 60% degli italiani si dice soddisfatto del proprio reddito. Entrando nello specifico, inoltre, viene indicata la cifra di almeno 1.000 euro come stipendio minimo. Ma allora quanto conta il guadagno per essere felici? «Il risultato mi lascia abbastanza stupita, piacevolmente stupita» premette Anna Maria Coramusi, Vicepresidente nazionale dell’Associazione nazionale di sociologia e presidente ANS Lazio. «Sembra andare in direzione opposta rispetto agli input che, come sociologa sul campo, ricevo quotidianamente, anche dallo scambio con colleghi e nei luoghi di aggregazione o di attesa. La sensazione, piuttosto, è che la gente sia insoddisfatta a livello generale dei propri redditi, che sono percepiti come molto ridimensionati. Posso concordare, però, sul livello minimo di stipendio indicato in € 1.000, purché, se residenti in alcune città, si viva in un nucleo familiare. Lo stipendio, a mio avviso, ha un grande valore, anche simbolico: ci fa sentire parte integrante della Società, componente attiva e indispensabile di essa», spiega Coramusi.
Quanto è importante lo stipendio
«Sicuramente la felicità non può dipendere esclusivamente dal reddito, ma sapere di avere un potere d’acquisto in linea con il contesto in cui si vive e di poter gestire il proprio denaro in modo consapevole ed efficace è, a ragione, motivo di serenità per molti italiani. Se il 58% afferma di essere felice con il proprio reddito attuale, non possiamo però ignorare che tra le donne la percentuale si abbassa al 54%, rispetto al 63% degli uomini, sintomo della necessità sempre più impellente di cambiare certe dinamiche socio-economiche ma anche culturali, e di favorire una maggiore e più capillare educazione finanziaria», osserva Ignacio Zunzunegui, responsabile Sud Europa di Revolut.
Anche donare fa la felicità
Il denaro, però, non serve solo per le proprie esigenze. A rendere felici è anche la possibilità di spendere per gli altri, almeno per il 12% degli italiani, cioè pressoché la stessa percentuale di coloro che invece preferiscono fare acquisti solo per sé (11%), mentre il 61% afferma di essere felice allo stesso modo quando spende per sé e per gli altri. C’è poi un 12% che preferisce “investire” in esperienze condivise con le persone care. Ma quali sono le voci si spesa principali? Gli italiani sembrano più felici di spendere in viaggi (74%, in particolare 77% delle donne rispetto al 71% uomini), seguiti da esperienze culinarie come cene da chef stellati, location particolari, etc. (54%), svago (concerti ed eventi sono indicati dal 50%), mentre per il 62% delle donne anche shopping & beauy sono importanti (per gli uomini solo nel 28% del campione).
I viaggi al primo posto
«Che i viaggi siano al primo posto nei desiderata di impiego del tempo libero è evidente ed è un aspetto molto positivo dell’attuale fase storico-sociale. Conoscere, sperimentare, interagire con l’altro, vivere esperienze nuove e arricchenti, ha un valore inestimabile da assaporare e rivivere nei racconti al lavoro, tra amici, in famiglia. Anche per la maggiore facilità di raggiungere ogni angolo del mondo…ovviamente visitabile – commenta la sociologa – Significativo il risultato della seconda scelta: una serie di esperienze particolari che offrono gioia e piacere da vivere soprattutto in compagnia. Concerti, spettacoli, eventi hanno un valore culturale, sono “coccole per la mente”, per lo spirito. È interessante che, sia pur vicine, le percentuali maggiori in questo caso riguardino le donne. E se fossero loro a coinvolgere i compagni di vita in queste avventure? Va da sé l’evidente squilibrio di genere riguardo allo shopping & beauty, anche se devo sottolineare che spesso dello shopping femminile fruiscono i loro compagni e figli».
Quanto contano social e influencer?
È indubbio, comunque, che i valori o gli “oggetti” che oggi rendono felici sono differenti rispetto al passato dei nonni e dei genitori. Se un tempo il denaro era investito in progetti a lunga scadenza, come famiglia e casa, oggi cosa è cambiato? E che peso hanno i social (o gli influencer) in tutto questo? «La Società è vita, è viva e ha, quale sua caratteristica distintiva, il mutamento. Oggi i cambiamenti non solo sono inarrestabili, ma anche velocissimi, quasi convulsi – spiega Coramusi – Ritengo positivo questo desiderio di cogliere il bello, il buono, il piacevole che la vita può offrire, ovviamente meritato e reso possibile dal proprio lavoro, dalla gestione oculata e finalizzata delle proprie risorse. Quanto a influencer e social penso siano loro stessi frutto di questo mutamento sociale in atto, di cui però intercettano stimoli e potenzialità prima di altri e ne diventano divulgatori. Da qui l’attrazione a considerarli modelli di vita e il desiderio di partecipare, di condividere, di fare parte».
I soldi fanno la felicità?
Eppure secondo l’Harvard Study of Adult Development, il più lungo studio sulla felicità mai condotto finora, a rendere appagante la vita non sarebbe tanto il denaro quanto la vita sociale e affettiva. La ricerca, iniziata nel 1938 su 724 individui di diversa estrazione economica e sociale, seguiti sin dalla loro adolescenza e intervistati ogni due anni, è diventata oggi un libro appena pubblicato (The Good Life: Lessons from the World’s Longest Scientific Study of Happiness** di). Gli autori, Robert Waldinger e Marc Schulz, confermano l’importanza di amicizie, relazioni sentimentali e familiari a discapito di quelle lavorative. Ma allora quanto è vero che i “i soldi non fanno la felicità, ma aiutano”? «Io credo che sia un concetto che è stato e sarà condivisibile anche in futuro. Lo confermano anche altre ricerche: l’incremento di ricchezza a livello globale ha sostenuto il cammino verso un progressivo miglioramento della qualità della vita. Per esempio è diminuita l’ansia data dall’impossibilità di poter soddisfare bisogni essenziali come l’abitare, l’arrivare alla fine del mese senza grandi sacrifici, ma anche – perché no? – il poter fruire di un soddisfacente uso del tempo libero con sport, libri, spettacoli, etc.», conclude la Vicepresidente Nazionale ANS, Presidente Dipartimento Lazio.