Il grande lampadario al centro, realizzato con contenitori in plastica per la ricotta, sembra un bellissimo mazzo di fiori bianchi. Dai pallet che arredano le pareti pendono ex latte da salsa che ospitano adesso deliziose piantine aromatiche. Le ciotole sul bancone, ricavate da tubi dismessi, sembrano pezzi di design. È tutto bello e tutto riciclato all’ecostazione di Ferla. Questo Comune di 2.500 abitanti in provincia di Siracusa 10 anni fa ha avviato una coraggiosa rivoluzione green che lo ha portato non solo dentro l’associazione dei Comuni Virtuosi e in cima alla lista di quelli Ricicloni e Rinnovabili di Legambiente, ma anche sotto i riflettori dell’odierno dibattito sulla transizione: con Treviso e Milano, Ferla è il caso studio del prestigioso Rapporto “Economia circolare e città verdi” di Symbola, una raccolta di buone pratiche per lo sviluppo urbano sostenibile.
«Abbiamo puntato su bellezza e partecipazione. Perché se vivi in un posto bello è automatico mantenerlo tale» dice il sindaco, Michelangelo Giansiracusa. «Soprattutto se l’obiettivo è condiviso: con il progetto Agorà, per esempio, abbiamo invitato la gente in piazza a tirare fuori idee per il cambiamento». Ricevendo così anche il Premio europeo per la democrazia partecipata. Questo laboratorio di pratiche green è adesso il modello indicato dalla Commissione regionale ambiente per tutti i Comuni siciliani. E anche al resto d’Europa ha tanto da insegnare.
«Nessuno si era mai posto il problema dei rifiuti. Siamo andati casa per casa a spiegarlo e abbiamo offerto incentivi: chi va all’ecostazione ha uno sconto sulle tasse»
L’ecostazione di Ferla
La bella ecostazione di Ferla, costruita secondo i canoni della bioarchitettura, è l’inizio e il simbolo di questa storia: nata dalla collaborazione tra privati e amministrazione, montata con l’aiuto delle associazioni, è stata inaugurata nel 2014 con tanto di spettacolo teatrale, Compostino. «Qui è nato il primo progetto di compostaggio di comunità del Sud Italia, ispirato alle pratiche francesi: i cittadini portano i rifiuti organici usati poi per fertilizzare orti e terreni e hanno lo sconto sulla tassa rifiuti» racconta Emma Schembari, presidente dell’Associazione Rifiuti Zero di Siracusa. «In una Sicilia dove la spazzatura è spesso legata al concetto di emergenza, Ferla ha sposato i 10 passi della nostra strategia internazionale, dalla raccolta porta a porta alle iniziative per ridurre i rifiuti».
Non è stato facile, perché nessuno qui si era mai posto prima il “problema rifiuti”. «Ma noi ci credevamo» dice il sindaco. «Abbiamo riportato dentro l’amministrazione il servizio di nettezza urbana, che prima era appaltato, per ottimizzare le risorse e avere il controllo diretto della raccolta. Poi siamo andati casa per casa a spiegare, dato incentivi economici, bandito concorsi a premio».
In 10 anni la differenziata è passata dal 4 al 75%
Così facendo, sono bastati 10 anni per un cambio completo di rotta: la differenziata è passata dal 4 al 75%. «I miei figli, qualche settimana fa, hanno preso il Covid» racconta una cittadina, Marina Pantano, 43 anni. «In questi casi la legge prevede che la spazzatura sia smaltita tutta insieme, e non avviata al riciclo, per questioni di sicurezza. I bambini, 8 e 11 anni, differenziavano lo stesso, perché per loro è ormai istintivo. E quando vedevano che l’operatore della nettezza urbana metteva tutto nello stesso sacco nero quasi piangevano».
Certo, coinvolgere le nuove generazioni, già sensibili ai temi ambientali, è più facile che fare breccia nelle abitudini dei meno giovani. «Ho capito che ce l’avevamo fatta quando ho conosciuto un ex vigile in pensione che andava a raccogliere con l’Ape Piaggio i contenitori in plastica ovunque per portarli alla stazione e ottenere i punteggi per lo sconto» racconta il sindaco. «O quando una vecchietta mi invitò nella sua casa: in un angolo aveva allestito una sua personale isoletta ecologica, con un cartone per ogni categoria di rifiuti e i cartelli sopra. Ecco, lì mi sono commosso».
A Ferla si ricicla anche l’acqua
A Ferla si ricicla anche l’acqua. Sulla parete della scuola stanno impiantando un sistema di fitodepurazione super innovativo. Quella di scarico dei lavandini viene convogliata alla parete dove il terriccio, trattenuto e ossigenato dalle radici delle piante, la depura: da lì finisce nei wc. Con un risparmio di 300 metri cubi di acqua potabile
ogni anno, il 30% del fabbisogno della scuola. E tutto ciò che arriva all’ecostazione viene recuperato in modi sorprendenti.
«Per noi che siamo delle creative, quel posto è stato una manna» racconta Angela Bellofiore, fondatrice, con Pina Garro, dell’associazione Ricicreo. «Abbiamo cominciato con i posaceneri tascabili recuperati dal tetrapack, da distribuire durante gli eventi per evitare le cicche a terra. Poi ci è venuta l’idea di creare abiti da passerella. All’inizio ci chiamavano “quelle della spazzatura” perché andavamo a rovistare alla ricerca di materiali particolari, come i contenitori in plastica blu che abbiamo quasi trasformato in tulle. Ma dopo la nostra prima sfilata siamo diventate delle star. Adesso teniamo laboratori per i bambini e portiamo in tutta la Sicilia, con le nostre sfilate, il messaggio del rifiuto come risorsa».
La casa dell’acqua e i pannelli fotovoltaici
La casa dell’acqua e i pannelli fotovoltaici a tappeto sono stati la naturale evoluzione di questo percorso: le scuole, con il solare termico, sono autosufficienti per il riscaldamento. In tutti gli altri edifici pubblici, grazie alle rinnovabili, si soddisfa il 40% del fabbisogno. L’asticella, sempre più alta, adesso si chiama “comunità energetica”. «In Italia sono pochissime, Ferla è la prima in Sicilia, tanto che abbiamo dovuto studiare una formula giuridica apposita per costituirla» spiegano Marisa Meli, docente universitaria, e Milena Pafumi, avvocata, che hanno seguito la nascita della comunità nell’ambito del progetto “Transizione energetica e nuovi modelli di partecipazione e sviluppo locale” dell’università di Catania. «Cittadini, imprese e istituzioni che installano impianti per le rinnovabili mettono in comune l’energia prodotta localmente e la redistribuiscono tra loro. I vantaggi non sono solo ambientali: sono economici, perché lo Stato concede incentivi da reinvestire in progetti green. E anche sociali, se pensiamo al nuovo tema della “povertà energetica” che tante famiglie adesso, con i rincari, dovranno affrontare».