Ci scrivete in tante in redazione per chiederci di parlare della fibromialgia, una “malattia fantasma” che a fatica viene diagnosticata (come l’artrite reumatoide), si cura in modo ancora non specifico (anche se ci sono novità interessanti su farmaci e cure) e soprattutto non viene riconosciuta. Chi ne soffre racconta di non essere creduta (perché sì, colpisce nella maggior parte dei casi le donne), di dover “convincere” perfino i medici di avere dolore in tutto il corpo, e di non riuscire a fare una vita normale. La famiglia, poi, sminuisce, sottovaluta, ironizza. E le donne soffrono, anche psicologicamente.

Fibromialgia: usciamo dalla solitudine

Come tante di voi scrivono, è importante per chi ha la fibromialgia uscire dalla solitudine e dal silenzio, rompere quell’isolamento che in questi casi può sembrare la soluzione più semplice. Condividere la propria storia aiuta a rendere più sopportabile il dolore, a trovare coraggio, a scoprire nuove amicizie, magari nuovi modi per curarsi.

Il fatto è che sulla fibomialgia resta ancora una certa ignoranza: non sempre i medici di base sannno riconoscerla e inviare la paziente dallo specialista. E anche tra gli specialisti, ci sono differenze profonde. Parlarne sempre di più quindi è importante, non solo per aiutarsi a vicenda, ma anche per diffondere la conoscenza di questa patologia.

«La fibromialgia non si vede, non lascia segni sulla pelle o causa ferite che gli altri possono vedere. E’ un solitario dolore disperato». Scrive così una di voi, Sefi Cracchiolo. Qui vi raccontiamo la sua storia, e molte altre che ci avete mandato voi stesse.

Le vostre storie di fibromialgia

Sefi Cracchiolo: «Non isolatevi, non lasciate che il dolore vi domini»

sefi cracchiolo fibromialgia

Soffrire di fibromialgia è molto difficile: non so come mi sveglierò oggi, se potrò muovermi, se potrò ridere o andare all’appuntamento con un’ amica o mi limiterò ad avere voglia di piangere nel sentire gli aghi conficcati che mi lacerano la pelle o la testa confusa e vista annebbiata. Quello che so per certo è che non è finta: soffro di una malattia cronica. È importante considerare che non sempre le stesse strategie serviranno a tutte le persone. Ho bisogno di trovare quelle strategie che sono buone in base alle loro peculiarità e alle mie esigenze. Questo significa essere in contatto con esperti, medici e psicologi. Sono necessari trattamenti multidisciplinari e ciascuno porterà alla conoscenza di questa condizione in modo da “capire” il tuo nemico.
Occorre avere un atteggiamento positivo e sappiamo che non è semplice: occorre reagire al dolore e non deprimersi. Non esitate a parlare con le persone che soffrono della vostra stessa malattia, non isolatevi.
Cercate le attività che vi permettono di far fronte allo stress e ansia: ci sono appropriate tecniche di rilassamento che possono aiutare. Yoga può essere molto utile.Anche musicoterapia ed Art terapy.
Mai perdere il controllo della tua vita, non lasciare che il dolore ti domini. Per fare ciò, crea momenti quotidiani di svago, per quanto piccolo.
Fate una passeggiata e non evitare il contatto sociale. Ascoltate le vostre emozioni, i vostri pensieri. Ciò che pensiamo e sentiamo ha una diretta influenza sulla malattia. Se si dicono frasi come “non posso alzarmi”, “questo non ha nessuna soluzione” o “non ho più forza”, si aumenterà la vostra sofferenza.
Nel momento in cui ho scoperto il nome della malattia che mi devasta da quando sono nata, dopo un nomadismo medico durato decenni, insieme a Barbara Suzzi e Debora Borgese abbiamo deciso di impegnarci. Ed è così che inizia a prendere forma “Comitato Fibromialgici Uniti – Italia” (CFU-Italia). Attraverso gruppi d’ascolto su spazi virtuali, con Barbara Suzzi e insieme ad altre malate affette da fibromialgia, avviamo un nuovo percorso per combattere la solitudine e l’invisibilità della malattia. In breve tempo, i partecipanti attivi hanno concretizzato che l’unione fa la forza e che tante voci di sottofondo possano trasformarsi in una unica e potente voce. Viene perciò creata una pagina divulgativa d’informazione su Fibromialgia, Sensibilità Chimica Multipla ( MCS) , Encefalomielite Mialgica (CFS/ME), attingendo articoli provenienti da tutto il mondo scientifico e avvalendosi anche della collaborazione di medici disponibili a dare risposte alle innumerevoli domande inoltrate dalle pazienti e dalle loro famiglie nella rubrica “ Medici Amici”. Nel giro di pochissimi mesi la pagina è diventata uno strumento seguitissimo e interattivo, al punto da decidere di proseguire attraverso la costituzione in associazione per trattare concretamente e attivamente i problemi legati alla Fibromialgia. A dare conferma della bontà di questa idea Debora Borgese, oggi Presidente dell’Associazione. Non è fibromialgica ma sin da subito ha dimostrato che, solo grazie alla collaborazione di tutti, si può concretizzare l’obiettivo comune, ovvero spingere verso il riconoscimento della fibromialgia tra le malattie croniche e invalidanti. Grazie a lei, il “Comitato Fibromialgici Uniti – Italia”, nella sua veste di associazione di volontariato, diventa promotore di un’interrogazione e di una mozione presentata alla Camera dei Deputati e di una risoluzione proposta all’Assemblea Regionale Siciliana. Contestualmente vengono lanciate in pagina diverse campagne di sensibilizzazione: “Mettiamoci la Faccia”, in cui le persone malate decidono di esporsi in prima persona rendendo pubblico il proprio viso e raccontando la propria storia. “Mettiamoci la firma “, con l’avvio della Petizione Popolare per il Riconoscimento della fibromialgia, MCS, CFS/ME coinvolgendo le referenti territoriali di tutta Italia. “Le aziende ci mettono la faccia e la firma”, grazie alle aziende che supportano l’associazione promuovendo la petizione popolare all’interno delle loro sedi.
“Noi fibromialgici siamo dei piccoli ragni che tessono, giorno dopo giorno, dei fili di congiunzione facendo rete virtuale per dare visibilità alla nostra patologia. Il nostro motto è: un’unica potente voce in questa ragnatela dorata! “».

Martina Mazzoni: «La malattia incide sullo studio e sulle relazioni»

«Voglio raccontare anch’io la mia storia, non per ricevere compassione, ma per condividere la mia esperienza, così che le persone come me possano sentirsi meno sole.Ho 18 anni e tutto è cominciato in prima superiore, a 14 anni: ho iniziato ad avere giramenti di testa, dolore ai muscoli, ipersonnia, fastidio alla luce, voglia di non fare niente e parecchia fame. Da questo primo momento, ho iniziato a far visite specialistiche di ogni tipologia: neurologiche, oculistiche, ginecologiche. Dopo due anni di dolori e dubbi, ancora nessuno era stato in grado di dirmi cosa avessi. I miei familiari, allora, iniziarono a pensare che la mia condizione non fosse causata da un problema fisico, ma da un problema psicologico. La cosa mi diede molto fastidio, perchè io sapevo che c’era qualcosa dietro al mio malessere.Un giorno, feci una delle mie tante visite e finalmente, mi diedero una diagnosi (16 anni): era ed è fibromialgia. In quel momento provai sollievo perché finalmente ebbi una risposta. Iniziai, allora, una cura con un miorilassante, che, nonostante abbia funzionato fino a pochi mesi fa, ora non ha più gli effetti benefici di prima. Purtroppo, la poca conoscienza di questa malattia non ci permette di conoscere le cure adeguate e ottenere un riconoscimento da parte dello Stato. Per questo, ora che ho 18 anni ed ho più consapevolezza della mia condizione, vorrei poter ricevere cure che mi aiutino perché la malattia incide sullo studio e sulle relazioni interpersonali».

Rosy Formichella: «Troppa ignoranza sulla fibromialgia»

«Ci voleva il coraggio della verità di Lady Gaga, che ha annullato il suo tour europeo per via della sofferenza fisica, per far parlare in Italia di fibromialgia. Una malattia che, nonostante ne soffrano circa tre milioni di persone , è considerata una “non” malattia. Follia pura.Io vi voglio raccontare la mia fibromialgia. Questa sindrome reumatica non è facile da diagnosticare , non vi sono esami specifici che facciano capire di soffrire di fibromialgia. Noi abbiamo 18 tender point (punti dolenti) sul nostro corpo e , per diagnosticare la fibromialgia il reumatologo deve accertare che vi sia dolore almeno su 11 dei 18 tender point. Ecco, pensate al mio corpo come una cartina geografica, i miei punti doloranti al tatto sono risultati 18 su 18. La fibro comporta forti dolori e rigidità muscolare diffusi, associati a cefalea, astenia, disturbi del sonno, dolori grastrointestinali, acufeni, parestesie ovvero dolori simili a punture su tutto il corpo e tanti altri sintomi.Non è facile vivere in un corpo avvolto da dolore cronico continuo. In inverno tutto si intensifica, è difficile anche uscire, la sera è un tabù per me. Non esistono settimane bianche! Brividi di freddo attraversano il corpo e il dolore rende difficile i movimenti delle gambe, a volte si fa fatica anche a guidare (fortuna che ho il cambio automatico in macchina). Le mie mani spesso vengono attraversate da tremori ed il corpo anche di notte continua a non riposare, ad avere spasmi. Sono come un elastico sempre in tensione.La mia convivenza con lei mi ha portato a studiarla e, giorno dopo giorno, con il passare del tempo si è aggiunto qualche altro sintomo, come le microemorragie ai polpastrelli ed i tremori. Questo mi ha crostretto a lasciare il lavoro, era diventato difficile stare seduta dietro ad un computer per tante ore, sia per le mani, sia per la schiena e sia per la mia vista che a volte resta sfocata. Ma non ho rimpianti, la vita è una sola e dovendo scegliere al primo posto metto la mia salute. Mi sento spesso chiedere: ma non esiste una cura per farti passare il tutto? La risposta è no. Ad oggi non esiste una cura specifica per la fibromialgia che possa arrivare alla causa, e non c’è ancora una ricerca specifica. Un tavolo di lavoro era stato imbastito all’Istituto Superiore di Sanità poi non essendoci i fondi, hanno pensato bene di bloccare il tutto. Per calmare il dolore noi pazienti fibromialgici veniamo bombardati da farmaci associati ad antidepressivi, insomma per curarci si va per tentativi!La cosa che mi ha turbato in tutto questo è che c’è poca informazione sulla fibromialgia, anche tra medici e specialisti soprattutto i medici di base dove il primo approccio avviene proprio con loro. Noi fibromialgici non veniamo proprio considerati, purtroppo c’è una forte ignoranza. Familiari e medici debbono sapere che la fibromialgia è una malattia cronica dolorante e come tale deve essere considerata. La mia testimonianza vuole essere di aiuto per chi ha paura di esporsi, non deve esserci vergnogna anzi chi deve vergognarsi è lo Stato che nonostante sappia, non fa nulla per aiutarci e sostenerci, lasciando la fibromialgia figlia del silenzio. Beh, io non lo voglio questo silenzio, io voglio un futuro dignitoso, voglio un futuro con una ricerca, voglio un futuro con uno Stato presente. Non dimentichiamoci di metterci al primo posto, non dimentichiamoci di quanto valiamo, non dimentichiamoci che non siamo sole, non dimentichiamoci che non siamo invisibili, non dimentichiamoci che siamo un animo guerriero e, come tale, non stanchiamoci mai di lottare».

Non tutte però riescono a uscire allo scoperto con il loro dolore. Ci contattano anche donne che preferiscono mantenere la loro privacy.

Roberta: «Vorrei fare tante cose ma il mio fisico non risponde»

«Ho 53 anni e non riesco nemmeno a ricordare da quando ho dolori, sono andata nel 1992 in un centro di reumatologia a Roma e mi hanno riempito di medicinali che il mio medico di base non mi ha fatto prendere perché ha detto non mi sarei più alzata dal letto. Tutti oppiacei. Sono sempre andata avanti con antidolorifici e ogni volta che andavo dal medico passavo per una debole con poca resistenza al dolore, ipocondriaca e somatizzatrice. Intanto ansia, depressione, diarree, anemia, problemi di tiroide: nessuno capiva nulla, in realtà io somatizzavo e basta.

Nel 2011 un bravo endocrinologo ha capito che soffrivo di Tiroidite di Hashimoto. Oltre a tante analisi mi consiglia una visita dal reumatologo: lì mi hanno diagnosticato fibromialgia e artrite connettiva. Con i farmaci sono ingrassata 10 kg. Sono sempre stanca, apatica, vorrei fare tante cose ma il mio fisico non risponde, allora mi deprimo ancora di più.

Non riesco più a fare una passeggiata perché mi stanco subito, mi sembra di spostareo una montagna e questo si ripercuote sulla famiglia che sì, loro mi capiscono ma non comprendono bene… ho sentito che a Pisa all’ospedale curano con la cannabis, sarei quasi tentata, chissà se funziona a far rivivere questo corpo stanco».

Vittoria: «Continuo a stare male e ho dovuto lasciare il mio lavoro»

«Non so da quanti anni ne soffro, ero giovanissimi quando iniziai ad alzarmi stanca ogni mattina. Non riuscivo a capire, mi alzavo con fatica e dolorante andavo a lavorare, male alle braccia, alle gambe, alla schiena, collo sempre bloccato, insonnia quasi ogni notte. Non riuscivo ad essere allegra, sempre triste, mi dicevano: ma fattela una risata ogni tanto! Un giorno dell’estate 2015 facendo un lungo viaggio in auto ebbi dolori lancinanti alle gambe, al rientro delle vacanze (si fa per dire) andai da un medico che mi diagnosticò attraverso degli esami e una lunga visita, la fibromialgia. Prendo antidepressivi e rilassanti, ma non mi bastano. Continuo a stare male, e ho dovuto lasciare il mio lavoro».

Michela Traverso: «Ogni giorno indosso la mia maschera per trovare la forza»

«La mia vita non è cambiata con la fibromialgia, continuo con i ritmi di sempre” mi ripeto, pur sapendo che ogni giorno perdo un piccolo tassello del mio puzzle. Ogni mattina al risveglio sento sgretolarsi qualcosa di me: la convinzione che non le permetterò di cambiarmi. Trovare l’energia per sollevarsi da letto è sempre più difficile e alcune volte non ci sono alternative: mi arrendo ai dolori e bloccata per ore nella stessa posizione attendo che i miei muscoli smettano di urlare e la mia mente ritrovi lucidità.

Una stretta di mano, un abbraccio più vigoroso, una frenata sull’autobus fanno parte della tortura quotidiana. Una battaglia impari: più mi sforzo di resisterle e più Lei si accanisce sul mio corpo. L’energia è sempre più preziosa: non bisogna sprecarla ma usarla con accortezza. Nulla è più banale: la giornata va organizzata in modo da ridurre gli “sprechi”. Ogni variazione dell’ultimo momento è destabilizzante, sgretola tutta una rassicurante e accurata programmazione.

Le giornate si accorciano: quando arriva la sera il mio corpo grida così forte che non posso più fingere e allora accade che all’improvviso concedo un attimo a me stessa. Questo è il momento peggiore: sento le urla del mio io, usurato, rassegnato, ormai privo di forze e stremato dal mia caparbietà. I dolori mi bloccano il corpo e la mente. Le lacrime sciolgono la maschera che erigo intorno a me per proteggermi dalla quotidianità. Mi svuoto di tutto e di tutti. Lentamente ritrovo quel minimo di forza che mi permette nuovamente di sollevare lo sguardo e riposizionare quella maschera che mi protegge all’apparenza dagli sguardi attoniti di chi non conosce o difficilmente comprende questa malattia subdola».

Ed ecco Stefania e Patrizia, che non vogliono pubblicare le loro foto ma ci tengono a farci avere le testimonianze:

Stefania Calastri: «La mia terapia sono yoga e Pilates»

«Ho scoperto di soffrire di questa malattia da circa due anni. Per il momento, nonostante i dolori costanti, riesco a fare una vita normale, a lavorare ed occuparmi della casa. Devo necessariamente fare movimento, se mi fermo sono persa. Seguo lezioni di hata yoga e di pilates, quando riesco faccio lunghe passeggiate. Assumo magnesio a cicli periodici. Per ora evito i farmaci. La cosa peggiore per me è non essere compresa dagli altri, che, vedendomi fare una vita tutto sommato regolare, non prendono sul serio il mio malessere».

Patrizia Marchese: «Anche solo parlarne è fondamentale»

«Grazie di avere scritto sulla fibromialgia, malattia sottovalutata e invisibile. Siamo viste come pigre e depresse. Ansiose lo siamo, è vero,ed è anche vero che uno stress cronico può portare ad ammalarsi. In questo caso è la soglia del dolore ad ammalarsi. È una malattia dovuta a un deficit dei neutrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, deputati al dolore. A tutto ciò si aggiunge la stanchezza cronica, che ci rende frustrate e umiliate.
Nonostante tutto si può migliorare (con alti e bassi), riducendo l’ansia, svolgendo attività fisica e cambiando stile di vita. Il nostro corpo ci sta dicendo che stiamo sbagliando qualcosa, va corretto, interiormente ed esteriormente.
Io ho ottenuto l’invalidità civile del 35% per la fibromialgia. La malattia esiste, esistiamo, siamo 2.000.000 in Italia… e per fortuna esistono quei pochi, rari medici che la conoscono e ci capiscono, come il mio medico di base.
Grazie di cuore. Per noi solo parlarne è fondamentale».

Altre pazienti ci raccontano le loro storie di ammalate, ma preferiscono non risultare troppo riconoscibili.

Chiara: «Non pubblicate il mio cognome, ho paura di essere discriminata al lavoro»

«Non pubblicate il mio cognome. Non sono ancora pronta a uscire completamente allo scoperto, ho paura di venire discriminata al momento di essere assunta in qualche posto di lavoro e di venire compatita e considerata una malata immaginaria.

Ho 33 anni, e sono da circa un anno una fibromialgica ufficiale, però posso vantare i primi dolori da quando ero bambina, quindi dal punto di vista sintomi sono una veterana. Leggere le altre testimonianze è come guardasi allo specchio e vedere un tristissimo riflesso.

Come tutti gli ammalati mi sono sentita dire il solito campionario di frasi tipiche quando dicevo di non sentirmi bene: “non dormi la notte perchè non sei abbastanza stanca”, “non riesci a muoverti perchè non hai forza di volontà”, “non mangi la verdure perchè sei schizzinosa”, “è solo ansia”, “dai, non puoi dire che ti fa male sollevare un phon, sei solo pigra e non ti interessa nulla del tuo aspetto” e la classica frase che tutte noi donne ci sentiamo dire quando ci lamentiamo: “fai un bambino, che non avrai più il tempo di accorgerti dei dolori”.

Inutile descrivere quanta rabbia e quanto dolore queste frasi provochino, soprattutto perchè alla fine ci si crede e ci si convince di non valere nulla. Un anno e mezzo fa la situazione si è aggravata e la fibromialgia ha iniziato a impedirmi di muovere le mani. La situazione poi è degenerata, i dolori sono letteralmente esplosi, non camminavo più, non riuscivo a guidare, mangiare era un incubo perchè ogni cosa mi provocava crampi e diarrea, anche vestirmi era diventato problematico, cose troppo pesanti o il banale reggiseno mi facevano male.

Proprio nel momento più buio, però, ecco la svolta: durante un controllo per un’altra patologia mi sfogo con il mio endocrinologo. Questo ascolta pazientemente tutto e poi inizia a provare i tender points, il mio pensiero è: “deve essere impazzito: gli dico che ho male a mani e addome e lui mi tocca la schiena?” e beh ho visto le stelle letteralmente! Finalmente avevo la mia diagnosi, confermata da un paio di esami per escludere altre patologie e da due reumatologi. Non sono felice di avere una malattia cronica, ma già avere un qualcosa che spieghi tutti i problemi in un colpo solo, invece di pensare di avere mille patologie differenti, aiuta.

Ora ho iniziato la cura a base di antidepressivo, oppiacei al bisogno, terapia fisica (sono fortunata, mia madre è terapista e almeno non devo pagarla), yoga (che mi piace moltissimo), meditazione, camminate (che con il freddo sono una tortura) e la prescrizione più gradita per me: bagni caldi! I dolori alle mani ci sono, ma ora riesco a muoverle (e scrivervi quest’email), gli aghi infuocati ora si limitano a essere aghi e non sono costanti, sono stata anche un paio di mesi senza la febbre. Riesco a nuotare di nuovo, tenere in mano la mia macchina fotografica, mangiare fuori casa e a viaggiare quasi serenamente.

Posso confermare: l’attività fisica nelle giuste dosi aiuta. Se faccio troppo o troppo poco mi blocco, quando riesco a ottenere e mantere il ritmo giusto riesco addirittura a non prendere gli antidolorifici. Peccato si debba essere veramente costanti, basta una settimana di stop che ecco che si torna a essere rigidi e doloranti. In questo calvario posso dire che la parte peggiore è sapere di non essere tutelati, ho paura di dire di avere la fibromialgia perchè non voglio essere considerata sul lavoro la “malata immaginaria”, la lavativa o peggio ancora di non essere nemmeno assunta, essere riconosciuta come una vera malata sicuramente toglierebbe tanto dell’ansia che tutti ci raccomandano di evitare.

Credo che ci sia anche il rischio concreto di finire nel circolo della disinformazione e delle terapie pericolose. Mi sono sempre chiesta come fosse possibile crederci, e credo che la colpa sia anche di alcuni medici che si limitano a dirti “deve sopportare il dolore”, questa frase è terribile, se qualche medico mi legge: “per favore basta sminuire il dolore! vero che bisogna curare la causa e non i sintomi, ma vi prego non fateci sentire come se non valessimo nulla solo perchè abbiamo male e non una patologia mortale! “, dopo un po’ si muore dentro a non poter fare nulla se non soffrire, e soffriamo non solo noi ma chi ci circonda! Loro ci guardano impotenti e soffrono quanto noi.

Nel mio caso sto imparando a convivere con questa bestia nera, accetto che al momento non riesco più a correre e mi rallegro delle piccole cose come riuscire a camminare, cerco di chiedere aiuto e mi permetto di essere debole anche con gli amici, inizio a parlarne e a scherzarci con le persone più fidate (è più forte di me, dopo tante lacrime devo sdrammatizzare, non voglio permettere alla fibro di portarmi via il senso dell’umorismo). Non sarò ancora pronta per mandare una foto a una rivista, ma già scrivervi è una grande cosa, e più ne parlo più questo mostro sembra addomesticabile. In quest’anno ho scoperto che ce ne sono tanti di ammalati (anche uomini!) e che ci sono tante persone sane che ti ascoltano: magari verrà un giorno che finalmente avremo la nostra bella tessera malattie rare, però per ora un collega che ti abbraccia perchè sa cosa stai passando; un parente che smette di dirti di reagire ma ti dice “sei forte”; un amico che ti prende lo zaino senza che tu debba chiederglielo, sono quelle grandi cose che fanno bene al cuore. A tutti gli altri ammalati posso solo dire che dobbiamo cercare di non farle prendere il controllo, lei è parte di noi ma noi non siamo solo lei, e per quanto possibile goderci al massimo i momenti di pace che abbiamo».

Elena: «La malattia non mi ha lasciato neanche dopo essere diventata mamma»

«Vi racconto la mia storia. Ho 38 anni e ho iniziato ad avvertire i primi disturbi legati alla fibromialgia a 23 circa. All’epoca nessuno mi ha diagnosticato una vera e propria malattia. Così la mia vita è stata per tanto tempo una ricerca continua di terapie e medici che potessero curare questi sintomi diffusi in tutto il corpo. Sono passata attraverso visite fisiatriche, cardiologiche, gastroenterologi e poi terapie alternative, ginnastica, integratori. Le ho provate veramente tutte, ma niente mi ha mai dato quel beneficio sperato di guarigione.

Spesso ho pensato che tutto potesse essere nella mia testa, però perche nei momenti tranquilli e sereni i miei sintomi erano sempre lì, forse meno invasivi, ma sempre presenti dentro di me? Poi un paio di anni fa sempre alla ricerca di una soluzione mi sono rivolta a un neurologo che finalmente mi ha parlato della fibromialgia. A quel punto miha dato una terapia, che ho seguito nonostante fossi sempre stata contraria ad assumere questo genere di farmaci (antidepressivi) che abbassano la soglia del dolore. Non sono guarita, perché non si guarisce, stavo solo un po’ meglio: erano migliorati i dolori muscolari, l’ansia e i problemi gastrici, ma di base la stanchezza e l’intorpidimento erano sempre presenti e si può dire che al 30% io avessi ancora i miei dolori.

A gennaio 2016 ho dovuto sospendere la cura perché ho scoperto di essere incinta , è stata dura smettere quel genere di farmaci. Ho avuto molti effetti collaterali da astinenza, comunque alla fine ce l’ho fatta. E tra alti e bassi, malesseri e paure, è nato il mio bimbo con un parto naturale. Sono stata forte, ero fiera di me, ma nonostante tutta questa forza e questo grande amore la fibromialgia non mi abbandona e continua a rendermi la vita difficile, a farmi paura…. Vorrei solo essere capita!».

Caterina: «I medici per anni mi guardavano con sarcasmo»

«La fibromialgia è poco conosciuta e alcuni medici ancora la snobbano; quel sottile sarcasmo quando esponi la tua anamnesi, per parecchi anni mi ha costretto a non parlarne. Quando ti senti invece compresa dal medico ti senti addirittura sollevata. Da molti anni soffro di fibromialgia e il riconoscimento è stato un lungo percorso. Ho partecipato a studi sperimentali per trovare risposte. Ma la ricerca non ha sostegni per proseguire. Comunque cerco di vivere al meglio e non far pesare la mia condizione. Al mattino è sempre un impresa titanica mettersi in moto».

Anna: «Non rifiutate le cure, non fatevi spaventare»

«La mia diagnosi di fibromialgia è arrivata più o meno 8 anni fa, grazie al medico di famiglia che ha messo in fila una serie di sintomi per i quali sono stata curata, per periodi più o meno lunghi, in modo separato. I miei includevano: dolori diffusi, cefalee, spossatezza, incontinenza urinaria, tachicardia, mente annebbiata, disturbi del sonno, vertigini, nausea, acufeni, prurito, sensibilità al freddo e fastidio per la luce e i rumori forti. La depressione (perché c’era anche quella…) e i pianti improvvisi erano la conseguenza del mio stato fisico.

Per prima cosa il medico mi ha fatto fare le analisi e i test che escludessero ogni altra malattia con sintomi simili (es. sclerosi multipla, lupus, artrite ecc.): la fibromialgia non si diagnostica con esami di laboratorio, purtroppo. Poi abbiamo iniziato a testare farmaci che tenessero sotto controllo i sintomi: non esistono medicinali specifici. Dopo diversi tentativi, siamo arrivati a un mix che funzionava: un antidepressivo, un antiepilettico e un miorilassante. Al cambio di stagione, un paio di settimane di integratori.

Gli antidolorifici nel mio caso sono completamente inutili: non sono serviti neanche il toradol o gli oppiacei. Ho evitato, anche su consiglio del mio medico (che pure è favorevolissimo all’omeopatia e alle terapie “dolci”) qualsiasi cura di tipo naturale. Io avevo fretta di stare meglio, non mi importava niente dover dire che prendo antidepressivi. Se avessi il diabete prenderei l’insulina senza vergognarmi, quindi perché dover cedere allo stigma di certi farmaci?

Una volta che i sintomi si sono attenuati o spariti ho inziato a fare attività fisica: corsa, camminata e yoga. Le endorfine prodotte dall’esercizio fisico hanno favorito un ulteriore miglioramento. A qualche anno di distanza il mio bilancio è: sono viva e sto abbastanza bene. Non ricordo un giorno degli ultimi 20 anni che io abbia trascorso senza dolore o senza qualche forma di fastidio, ma ormai mi sono abituata e ignoro. Continuo a prendere i miei farmaci (tranne il miorilassante, che ho smesso dopo un paio di anni) e sopporto con pazienza le ricadute che di solito si presentano tra l’autunno e l’inverno, quando le giornate si accorciano e inizia il freddo.

La mia raccomandazione è: non rifiutate le cure farmacologiche, non fatevi spaventare dai bugiardini dei medicinali che vi prescrivono. La fibro è una malattia seria e seriamente va trattata».

Monica «Noi ammalati chiediamo più sinergia tra i medici»

«Io sono fibromialgica da 14 anni e poco più e sono sinceramente stanca ed arrabbiata per la coltre di indifferenza che ricopre questa sindrome a partire dall’ambiente medico. Siamo penalizzati sotto tutti gli aspetti, non possiamo dimostrare concretamente il nostro disturbo, non esiste una diagnosi certa e veloce, non esistono cure mirate e nemmeno una causa scatenante.

Come puoi spiegare che anche solo sollevare un bicchiere significa doversi sforzare come se si dovessero alzare massi enormi?! Ormai sono (inconsciamente) sempre concentrata per ridurre al minimo il dolore che arriva come una coltellata ogni volta che muovo un passo o mi siedo su una sedia. Non ho intenzione di elencare di nuovo tutti i sintomi o tutte le conseguenze che rendono impossibile avere una normale vita quotidiana.

Vi scrivo per chiedervi di pubblicare anche questo mia mail e per far sapere che a Somma Lombardo (VA) a fine maggio, grazie alla collaborazione tra l’associazione culturale “Rosse brume” e L’Istituto Psicologico Europeo (IPSE) che ha una sede anche qui, andrà in scena uno spettacolo teatrale, in conclusione del quale si darà spazio ad un dibattito medico scientifico per portare a conoscenza di un pubblico sempre più vasto il dramma che vivono le persone come me che lottano ogni giorno contro un dolore che logora e il disinteresse assoluto. Purtroppo abbiamo avuto l’ennesima risposta negativa in merito al suo riconoscimento, ma non staremo in silenzio, chiediamo tutele, ascolto e SINERGIA TRA I MEDICI».

Carla: «I medici dovrebbero essere più preparati»

«Ho 61 anni. Ho la sindrome di Sjogren, l’artrite reumatoide, la fibromialgia. Mi sono ammalata a 14 anni e ho avuto momenti più facili e momenti terribili. Denominatore comune di tutti questi periodi il sentirmi dire: “non sembri malata”, “ce l’ha in testa”, “ci sono malattie peggiori”. E l’incomprensione. Non capiscono come sto neppure i miei famigliari, a parte mio marito (e questa è una fortuna enorme). Il dolore e la stanchezza regolano la mia vita. È tutto questo…non la mancanza di voglia di fare! Avrei in testa mille progetti di gite, mostre, concerti. Ma so che resteranno li nella mia testa.

La malattia isola perché le persone non vogliono vedere. Io vedo i miei occhi cerchiati e stanchi. Gli altri li vedono? No. E così si entra in un circolo di disagio, isolamento, mancanza di rapporti sociali. La medicina aiuta poco. Ho beneficio da passeggiate, massaggio shiatsu, ascolto di musica. Di più non so cosa dire. Non ho molte speranze che la situazione possa cambiare. Dovrebbe cambiare la sensibilità delle persone e la preparazione dei medici di famiglia. Da parte mia alla domanda “come va?” rispondo sempre “BENE”… tanto nulla cambia. Grazie per aver dato voce a me e a chi vive la mia situazione. I racconti che ho letto potrebbero essere il mio stesso racconto. Per questo ho omesso l’infinito iter diagnostico, sintomi, problemi con i farmaci. Grazie di cuore».

Loretta: «Con la crisi è difficile curarsi»

«Ho 52 anni vivo in Toscana. Mi è stata diagnosticata la fibromialgia nel 2008 , in questi anni visite contro visite analisi a non finire ma tutto negativo, primari di reumatologia e reumatologi di Pisa, Roma e Siena, tutti con la stessa diagnosi. Vivo da quasi nove anni con dolore cronico in tutto il corpo e le medicine non hanno nessun effetto sulla malattia. Apparentemente siamo persone normali ma dentro di noi c’è tanta sofferenza, non è facile vivere tutti i giorni con dolore cronico, è devastante, ti toglie il sorriso e la voglia di andare avanti. È vergognoso che non venga riconosciuta come malattia invalidante e non abbiamo esenzioni. Io lavoro in proprio ed ho dovuto diminuire il lavoro perché ho difficoltà a rimanere in piedi, e con molte difficoltà riesco a curarmi perché farmaci e integratori non vengono passati. Purtroppo con la crisi è difficile curarsi. La Fibromialgia non uccide ma avvelena ogni ora della nostra vita».

Grazia Drago: «Grazie a Donna Moderna per la prima volta un medico mi ha capito»

«Il 18 Maggio 2015 la professoressa Marina De Tommaso mi diagnostica la Fibromialgia. Ricordo tutta la visita, compreso il desiderio fortissimo di allontanare da me, o meglio dal mio corpo, le mani, o meglio le dita, della professoressa. Avrei urlato dal dolore acuto che avvertivo solo in alcuni punti…ma sono stata educata a ‘sopportare’ il dolore in silenzio, quindi ho taciuto urlando dentro. Ne parlo con le mie amiche ed una delle due, dopo qualche giorno, mi manda la foto del vostro giornale con l’articolo su Valeria Bonanno. E scopro che un noto medico pugliese l’ha aiutata molto. Volevo sapere chi fosse, così ho provato a cercare Valeria su Facebook. L’ho trovata! Nelle settimane precedenti, intanto, cercando professionisti a me più vicini (io sono di e vivo a Bari), avevo scoperto un’associazione a Verona che mi rimandava ad un ospedale dove si occupassero di Fibromialgia da più tempo: Borgo Roma (Verona).

Parlo finalmente con Valeria e mi fornisce il nome del medico: Michele Covelli, reumatologo al policlinico di Bari. Parte la mia ricerca e mi ritrovo con più numeri da chiamare nel tentativo di trovarlo. Non desisto, l’ostinazione finalmente è mia compagna! La stessa che molti mi ‘accusano’ di avere. E finalmente rintraccio il medico. Le sue parole finali, a fine visita, sono queste: “Signora Drago, io le credo! Credo a quel che dice, credo al suo dolore”. Ho pianto una volta uscita dallo studio. Mi commuove sempre, ancora oggi, essere creduta!

Sullo sfondo sempre voi, Donna Moderna e Starbene, una copia omaggio unita al vostro giornale, ritagli e foto inviatimi da amiche preziose. Dopo ormai averne sentiti e viste tante, approdo a Verona. Qui, unica voce fuori dal coro: “ma quale movimento? Quale raggiungimento del punto da ‘sforzo’? È controindicata un’attività fisica che non sia moderata. Ma quale depressione? Quale immaginazione? Quale finzione?”. Così mi chiarisce le idee la professoressa Marina De Tommaso, neurologa e ricercatrice al policlinico di Bari.

Torno rincuorata e racconto tutto allo psicologo che avevo nel frattempo cercato, perché mi aiutasse a non desistere. Prima che partissi per Verona, ero arrivata in un punto di non ritorno, desideravo smettere ogni tipo di terapia. Gli parlo del desiderio di voler diventare referente pugliese dell’associazione che ho contattato e decido di attivarmi in prima persona, determinata a costituire un centro di ascolto, totalmente gratuito per pazienti fibromialgici e non, per i loro familiari. E lui m’incoraggia a farlo.

Ora, mentre vi scrivo, passo in rassegna i miei sentimenti e le mie emozioni. Mi dò da fare, combatto, aiuto, sostengo, ascolto. Ci sono momenti, come questo, in cui vorrei andarmene in un posto lontano e solitario, buttar via tutti i farmaci e vivere una vita vera senza bluff. Nella natura… Contare i giorni, ammesso che serva, osservando il sole nascere e morire… Mi sento come uno straccio da terra ormai logoro e inutilizzabile… Faccio molto di più di quanto mi sia possibile fare e mi sento dire che anche se non ho voglia dovrei sforzarmi… E fino ad adesso che cosa ho fatto? Non perché non riesca più a fare molte cose significa che non voglia! Mai nessuno che mi chieda hai voglie? Desideri? A cosa stai rinunciando? Ti pesa il rinunciare? Mi svegliavo la mattina col desiderio d’incontrare l’amore della vita mia, mi coricavo alla sera con la speranza che potesse succedere l’indomani..! Ora sono talmente goffa e brutta da dirmi sempre più spesso: “ma ti sei vista? Dov’è che ti presenti? Accudivo un bimbo…non ci pagavo il fitto ma contribuivo alle spese… Non mi sentivo un peso! Guidavo, andavo al mare, studiavo, leggevo, camminavo all’alba. Ho 55 anni ma forse è come se ne avessi 90! Vorrei ballare, non ballo più qui in casa come facevo sentendo una canzone che mi piacesse. Non posso battere più le mani. Oh, quante sono le cose che vorrei fare! E c’è pure qualche fibromialgico che mi dice: “allora la tua non è fibromialgia! Io queste cose posso farle!”. Sennò mi sento dire: “a me è la forza! Le devo fare per forza!” – Le guerre tra malati sono come quelle tra poveri. Sono le più crudeli, le più feroci! – “Non posso concedermi lussi, come fosse un lusso non poter camminare. Cosa posso rispondergli? Sorrido. Sto nel qui! Sto nell’adesso! E questo è quello che c’è! Quel che ci sarà che non dipende solo da me, sono gli incontri, le relazioni, la visibilità. A me così sembra di non esistere».

L’intervista a Valeria Bonanno che abbiamo pubblicato sul n. 20 di Donna Moderna il 30 aprile del 2015

L’articolo sulla cannabis terapeutica pubblicato su Donna Moderna l’8 gennaio 2016