Tra le tante email con la vostre storie di ammalate di fibromialgia, ci raggiunge in redazione anche quella di Rachele, che ci colpisce in modo particolare. Così questa paziente commenta il nostro articolo in cui Paolo Valli, professore a contratto di fisioterapia presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca, fisioterapista e “coach del dolore” (autore del libro “La tua svolta al dolore”- Tecniche Nuove) dà 10 consigli per convivere con il dolore tipico di questa patologia. «Ottimi consigli!! In teoria. Come consigliare a un cieco depresso per le sue condizioni di farsi un giro in macchina o di leggere il giornale per distrarsi . Prima di scrivere questi consigli all’acqua di rose sarebbe meglio che vi informaste sul dolore cronico e conosceste i limiti che procura».
Le sue parole continuano a schiaffeggiare: «È una malattia invalidante ed è difficile mantenere un lavoro (per i fortunati che l’hanno), la fatica è doppia rispetto agli altri. I sonnellini pomeridiani che il dottore sconsiglia, per chi può permetterseli sono momenti sacri per riuscire a non addormentarsi a cena. Le attività rilassanti per noi fibromialgici sono attività di grande sforzo. Dottore, magari riuscissi vedere un film o fare conversazione o una cena tranquillamente come consiglia! Riuscire a terminare una giornata è già un successo. Lo yoga, un coach… sono suggerimenti apprezzabili, ma ricordiamo che sono tutti a pagamento, nostro. Tutto è a nostre spese: farmaci, terapie, osteopata. Dottore, chiedimi pure di non essere di malumore! Il mio consiglio, a differenza del suo, è di parlarne il meno possibile, altrimenti a isolarti saranno gli altri».
È evidente che Rachele, come poi ci scrive dopo, abbia commentato a caldo. La sua condizione la rende insofferente e rabbiosa, e questo è più che normale. Però vogliamo cogliere le sue osservazioni come spunto per far arrivare a tutte le donne un messaggio importante: non isolatevi, non abbiate paura di sembrare noiose, parlate del vostro dolore, urlatelo se serve. Molte persone vi abbandoneranno, i veri amici resteranno.
Ecco come risponde il nostro esperto
«Cara Rachele, conosco bene i pazienti con la fibromialgia, conosco le loro sofferenze e i loro tormenti e ho scelto di dedicarmi a loro perché ho l’assoluta certezza che tutti possano tornare a stare a bene o, quantomeno, ad avere una qualità della vita migliore.
Lei sa benissimo quanti problemi porta con sé questa malattia e con quanti livelli differenti si manifesti. Proprio per questo motivo, quando si parla dell’argomento su una rivista divulgativa, si deve cercare di dare informazioni valide per la maggior parte dei lettori, non potendo avere un rapporto diretto con ciascuno. L’obiettivo finale rimane comunque quello di far parlare della malattia e di sensibilizzare l’opinione pubblica. Questo è fondamentale nel percorso verso il riconoscimento.
Fare o no il sonnellino pomeridiano?
Rispetto alle sue osservazioni, cerco di risponderle direttamente. Quando sconsigliavo i sonnellini durante il giorno, era funzionale al riposo notturno: ho pazienti che hanno l’abitudine di fare uno o due sonnellini pomeridiani togliendo potenzialità a un buon riposo notturno. Se nel suo caso il sonnellino pomeridiano serve a migliorare il suo livello di energia e a ricaricarla, nessuno lo vieta. Nel suo caso è buono che sia così.
Quali attività rilassanti si possono fare?
Le attività rilassanti vanno scelte sulla base delle proprie esigenze e dei propri desideri. Il film, la cena, la chiacchierata sono alcuni esempi. Per qualcuno, rilassarsi può voler dire altro. Può essere fare una doccia o un bagno caldo, ascoltare musica classica…. ci sono livelli di attività che, anche nella peggiore delle condizioni, possono essere fatte. Molti dei miei pazienti, ad esempio, hanno acquistato dei cd per fare auto rilassamento e training autogeno e si trovano molto bene con questo. Valuti nella lista delle sue attività praticabili quali possono essere quelle che le procurano senso di rilassamento e tranquillità.
Meglio parlare del proprio dolore o evitare?
Capisco perfettamente quando mi dice che nutre la paura di vedersi allontanare le persone attorno a lei se parla troppo dei suoi problemi. Eppure, le dico che in un progetto di cura il sostegno e la condivisione con chi le sta vicino è di fondamentale importanza, costasse anche il rischio di rimanere solo con 2 amici anziché dieci. Ma su quei due, lei sa che ci può contare. E parlarne non vuol dire andare da loro a riferire ogni dolore ogni giorno, ma chiederne il sostegno nei momenti in cui siamo più scoraggiati (e restituirgli anche feedback positivi nei giorni in cui ci sentiamo un po’ meglio), raccontargli come stanno andando le cose, chiedergli di aiutarci a tenere sotto controllo il nostro percorso e a spronarci quando serve. Dopo il primo incontro che faccio con un paziente fibromialgico e in cui insieme capiamo dove ci troviamo e da che cosa dobbiamo partire, chiedo di avere un incontro anche con una persona a loro cara (a volte è il compagno, altre volte un’amica, la madre, il padre) che devono essere i complici di questo loro percorso. E chiedo, se necessario, di incontrare anche i familiari per far capire loro cosa significa soffrire di fibromialgia. Cerco poi di spiegare come possono aiutare la persona, ed è importante che i familiari capiscano anche il perché del comportamento e dell’atteggiamento che il loro caro assume in certi momenti. E questo aiuta molto nelle relazioni.
Come affrontare i costi delle terapie?
Per quanto riguarda i costi da sostenere son ben consapevole che purtroppo siete scoperti da molte cure e dovete pagare di tasca vostra. E questo è il problema dei servizi di assistenza in Italia che non assicura la copertura per moltissime patologie oltre la fibromialgia. Su questo il mio contributo penso di averlo dato scrivendo il libro. Quando ho deciso di scriverlo il mio intento è stato proprio quello di far fronte a questo aspetto e fornire a chi soffre di fibromialgia e dolore cronico uno strumento concreto e chiaro affinché il paziente da solo possa già ottenere molti benefici in associazione a quello che il proprio referente medico o terapista suggerisce. E non glielo dico per pubblicizzare il libro. Qualcuno nei commenti agli articoli ha scritto che io e la giornalista facciamo business e pubblicità approfittando dei problemi degli altri. Nulla di più lontano dalla realtà. L’ultima cosa di cui ho bisogno, senza volerle sembrare presuntuoso, è di farmi pubblicità perché la mia agenda e la mia vita sono oltremodo colme. Mi impegno a scrivere per le riviste perché vorrei che venisse data la giusta attenzione alla patologia e perché credo fortemente in quel che faccio.
Come evitare la rabbia?
Su una cosa sto riflettendo da molto tempo e sulla quale vorrei che i pazienti fibromialgici facessero attenzione. Mi capita davvero molto spesso di leggere commenti ad articoli o post che non solo si accaniscono sul contenuto ma gettano sconforto anche sui malati e fra malati, anche in quelli che si trovano all’esordio della malattia e che partono così con un atteggiamento negativo sulle possibilità di stare meglio. Capisco la rabbia che un malato può provare, ma questa non giova affatto per se stessi. La rabbia nutre rabbia. E, oltretutto, credo non sia rispettoso nemmeno nei confronti di quei pazienti che, con tutte le loro forze, ce la stanno facendo a fare un po’ di ordine nella vita e stanno cominciando a sentirsi meglio. In più non possiamo pensare che l’esperienza negativa di ogni singolo sia la regola per tutti. Proprio una mia paziente la scorsa settimana mi ha raccontato che ormai da un anno si è posta questa regola: lei legge un articolo o un post e si fa una sua opinione, lo commenta se ha qualcosa di positivo da dire, ma appena parte il circolo di chi si arrabbia o esprime negatività lei chiude tutto e lascia perdere. E si è pure tolta da un gruppo chiuso in Facebook dove la costante era la lite col mondo intero e anche fra malate. Il mio input è quello di leggere, cercare, confrontarvi, ma lasciare da parte tutto ciò che porta negatività. Ci sono molti gruppi di fibromialgia decisamente utili nel web che hanno come regola di pubblicare solo articoli e contenuti che possono essere utili, bandendo ogni forma di polemica e di lite perché, oltre a non portare da nessuna parte, alimentano angoscia e delusione. Spero di aver risposto ai suoi quesiti e di averla in qualche modo aiutata».
a cura di Barbara Rachetti
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