A 16-17 anni oggi i ragazzi “si accasano”. Vivono il loro primo amore, e anche il sesso, in casa, sul divano di mamma e papà, o chiusi nella loro camera. Col frigo pieno, la spunta delle serie tv da guardare e i genitori lì accanto, presi dalle loro faccende, consapevoli che su quel divano possa accadere anche altro. 

Sono i genitori a inglobare fidanzatine e fidanzatini

Ma va bene così, si mette in conto: un po’ perché fa piacere averli ancora a portata di mano – e quindi continuare a esercitare una qualche forma di controllo – e un po’ perché in fondo, a noi adulti, ci piace “inglobare”: tirare dentro tutto, per rassicurarci e confortarci nelle nostre vite spezzettate e frenetiche, come le nostre famiglie (puzzle in continua mutazione), ma anche per offrire ai ragazzi una fuga dalla loro solitudine. È la tesi non consolatoria di Umberta Telfener, psicologa e presidente dell’Associazione Europea di Terapia Familiare. Una che ne sa, insomma, di dinamiche familiari, di fragilità e fughe in avanti, di paure e sogni, di quella che chiamiamo vita e che dovremmo essere in grado di riempire di senso per i nostri ragazzi. Ma che spesso oggi ne è priva anche per noi. A lei chiediamo di commentare questa tendenza che, per carità, non ha la pretesa di avere valore assoluto, ma che comunque possiamo tracciare nel nostro radar di genitori di altri adolescenti e amici di altri genitori. «Oggi le famiglie non sanno prendersi cura davvero dei ragazzi: com’è possibile che un 17enne stermini una famiglia? O che una dodicenne accoltelli una compagna di scuola, senza che le famiglie non si rendano conto di tutto quello che viene prima? Il fatto è che c’è poco spazio e tempo per stare insieme. Ognuno, anche in casa, è chiuso nella sua bolla: è quasi un’eccezione la famiglia in cui alla sera si mangia senza la tv o alla domenica si va dai nonni. Per questo si preferisce inglobare fidanzate e fidanzati: così, almeno, si compensa il nostro solipsismo e quello dei nostri figli, altrimenti incollati davanti allo schermo delle serie tv o con gli occhi sullo smartphone».

Poco sesso, tante serie tv per i nostri figli

Questa fotografia delle nostre famiglie non è troppo lontana dalla realtà. «Le famiglie oggi spesso stanno insieme per un accordo formale, di coabitazione coi figli: raro trovare un vero incontro di anime, presi come siamo, noi adulti, dalle nostre vite, dal lavoro, dal computer e dal cellulare, da una complessità del quotidiano sempre più esasperante. E i ragazzi se ne accorgono. Per questo, quando tendiamo loro la mano e cerchiamo di avvicinarli, ci rifuggono». Ed è per questo che non ostacoliamo, anzi caldeggiamo, la compagnia del fidanzatino o fidanzatina, compiacendoci del loro modo di stare insieme, al calduccio sul divano. Che tenerezza… Invece, un altro moltiplicatore di solitudine, un solipsismo condiviso: «I nostri figli adolescenti non giocano né escono ma guardano insieme le serie tv, chiusi nella loro stanza: lo stesso che guardarle da soli. Il fidanzatino o fidanzatina finisce per diventare una copertina di Linus che assume lo stesso ruolo di Internet, una consolazione, un salvagente non per buttarsi in mare e conoscere l’altro ma per restare immersi nel liquido amniotico del virtuale, chiusi nella cameretta, avvolti dalla comfort zone».

Noi Gen X, che ci amavamo in macchina

A noi genitori fa piacere ospitare perché quella presenza in fondo è consolatoria. E così il fidanzatino accompagna lei a casa e si ferma a dormire, oppure lei passa il weekend a casa di lui, con i genitori presenti. Impensabile per noi della generazione X, costretti a consumare i nostri amori in macchina, con i fogli di giornale appiccicati a finestrini o, quando andava di lusso, nella casa lasciata libera da mamma e papà. Oggi, mamma e papà la casa la lasciano comunque: basta chiudere la porta della cameretta. «La questione vera è che i ragazzi oggi di sesso ne fanno molto poco» prosegue la dottoressa Telfener. «All’altro chiedono semplicemente un approccio, una delle tante esperienze che si possono vivere nel quotidiano: non la sensualità, non la ricerca del piacere, proprio e altrui. Non quell’avventura che vuol dire esplorazione, conoscenza, mettersi in gioco. Per i nostri figli, insomma, il sesso non è trasgressione: è qualcosa di consueto, da mettere sul piatto del quotidiano, quindi facile da accettare per la famiglia ospitante. Di sicuro la pornografia ha “normalizzato” il sesso, rendendolo allo stesso tempo meccanico e scenografico, un grande palcoscenico dove tutto è recitato ed esasperato: espressioni, corpi, gesti. Tant’è che molte ragazzine oggi fingono l’orgasmo, pur di adeguarsi alle aspettative del fidanzato, molte volte – anche lui – più preso da se stesso e dal dimostrare che dal desiderio di dare piacere a lei».

Non è il sesso nella stanza accanto che deve preoccuparci

Più che infastidirci di eventuali rumori nella stanza accanto, quindi, dovremmo preoccuparci del malessere dei nostri figli, che non possiamo curare chiudendo un occhio sul tiepido sesso casalingo. «Vedo troppi ragazzi sfangare le loro giornate senza porsi le grandi domande dell’esistenza: perché stiamo al mondo, cosa dobbiamo imparare. Il fatto è che nessuno, né la famiglia né la scuola, oggi glielo insegna. Ai nostri ragazzi manca il senso del vivere, che sta nell’imparare a vivere: allora non inglobiamoli, loro e il loro mondo, ma lasciamoli andare».