“La crisi di una famiglia non è l’inizio di una guerra”. Sembrano parole scontate, forse troppo semplici da mettere in atto al momento della fine di un’unione, ma che diventano un consiglio prezioso soprattutto per chi ha figli, che rischiano di pagare il conto più salato di un divorzio o di una separazione. “Sono momenti di passaggio, esattamente come quando nasce un figlio o muore un nonno. Per di più, le separazioni sono sempre più frequenti e in aumento: in alcune zone d’Europa come la Spagna riguardano oltre la metà delle famiglie, in Italia un terzo” spiega lo psicologo e psicoterapeuta Carlo Trionfi, Direttore scientifico del Centro studi famiglia di Milano.
Eppure sempre più spesso si assiste a vere e proprie battaglie tra genitori, a suon di insulti più o meno espliciti, dispetti, sguardi o gesti che possono portare all’alienazione familiare, ossia al tentativo di screditare l’altro genitore allontanando così da lui il figlio. Un fenomeno che con l’approvazione del ddl Pillon rischia però di avere conseguenze importanti soprattutto per i minori.
La separazione non è una “guerra”
“Di fronte a una separazione a volte il genitore tende a mettere in atto una sorta di rituale di guerra, attaccando l’ex partner per far valere i propri diritti. Ma quando ci sono i figli bisognerebbe invece tutelare la continuità della famiglia, che vive necessariamente un momento di trasformazione. L’obiettivo deve essere quello di trovare il più in fretta possibile e nel modo meno traumatico la maniera di riorganizzare la vita per i figli e per i genitori, perché la separazione porta con sé degli elementi di rischio per i bambini” spiega l’esperto psicoterapeuta.
Cosa rischiano i figli?
Le separazioni in Italia sono raddoppiate negli ultimi vent’anni, passando dal 11,3 per cento al 23,5 pe rcento (Istat, 2016). Pur essendo ancora una percentuale piuttosto bassa rispetto alla media europea, si tratta di numeri destinati a crescere ulteriormente. In un caso su quattro (25 per cento) il livello di conflittualità è così elevato da richiedere l’intervento del tribunale, con inevitabili conseguenze per i figli. “Diverse ricerche sono concordi nel ritenere che i figli di genitori separati abbiano almeno un terzo in più di probabilità dei coetanei di presentare difficoltà emotive, psicologiche, relazionali, comportamentali e di rendimento scolastico. E questo rischio sarebbe in stretta correlazione con il livello di conflittualità dei genitori” spiega Trionfi, facendo riferimento a studi italiani e stranieri.
“Gran parte della letteratura degli ultimi 40 anni ha messo in luce che i bambini e gli adolescenti di famiglie separate mostrano maggiori problemi di internalizzazione (ansia, depressione) e di esternalizzazione (disturbi della condotta, disturbi oppositivi-provocatori), difficoltà cognitive e problemi scolastici rispetto alla media dei loro coetanei. In particolare il disagio può tradursi in problemi di condotta, impulsività, comportamenti antisociali, difficoltà relazionali, ansia e depressione” spiega l’esperto.
Meglio separarsi prima o dopo?
“Molte coppie e diversi genitori tendono a posticipare il momento della separazione o del divorzio, pensando che sia meglio per il figlio affrontare questo momento in un’età più adulta, ma non c’è niente di più sbagliato per i bambini e i ragazzi perché li si obbliga a vivere in una condizione di eterno conflitto, li si espone a condizioni patogene create da relazioni familiari disturbate e indirettamente gli si insegna a non avere fiducia nell’amore” spiega lo psicoterapeuta. “Diversi studi testimoniano che più i bambini sono piccoli al momento della separazione, meno saranno le difficoltà per loro”. Se non ci sono margini per ricomporre la famiglia, dunque, meglio separarsi, superando anche una certa vergogna che possono provare i genitori: “Il conflitto è spesso un modo per restare uniti di fronte alla paura di restare da soli (o da sola, nel caso della madre) a gestire la famiglia. La separazione, soprattutto in Italia dove il matrimonio è ancora considerato come un’unione per sempre, viene anche vissuta come un fallimento. Spesso ci si vergogna, sia con i familiari che con gli amici o i colleghi. Per questo di frequente subentra la tentazione di litigare per rimanere attaccati l’uno all’altro: non ci sono coppie che si dedicano più parole (tramite mail infinite o avvocati) di quelle che si separano” dice Trionfi. Ma i figli cosa provano?
Bambini “alienati”: cosa significa?
Di fronte ad atteggiamenti negativi da parte di uno o entrambi i genitori tra loro, si può verificare un fenomeno chiamato alienazione, con il figlio che si rifiuta di stare con uno dei genitori perché screditato e svalutato dall’altro, o perché visto come pericoloso. “Spesso si parla di bambino alienato ma non basta che un bambino non voglia vedere un genitore per parlare di alienazione: sicuramente è un segnale di disagio che va capito situazione per situazione. L’ideale sarebbe che il minore potesse mantenere sempre un contatto con padre e madre: infatti la legge del 2006 sull’affido condiviso prevede proprio una posizione paritaria. In italia però manca ancora una cultura della gestione paritaria dei figli. I padri non sono ancora pronti per abbandonare pro tempore le loro postazioni lavorative e condividere appieno con le madri la complessità della sfida educativa”.
Cosa potrebbe accadere con il ddl Pillon? “Il disegno di legge prevede, ad esempio, un obbligo alla parità dei tempi di frequentazione. Pur essendo favorevole alla parità dei ruoli tra maschio e femmina, ancor di più in famiglia, credo che il problema non si risolverebbe con un obbligo alla frequentazione con tempi pari, ma con una visione nuova dei ruoli di madre e padre. Nel Nord Europa, dove la cultura è diversa, entrambi si occupano paritariamente dei figli, senza bisogno di vincoli legislativi” dice Trionfi. Insomma, non è la legge a imporlo.
I consigli per tutelare i figli nella separazione
Per gestire in modo meno traumatico possibile un momento delicato come la separazione, è possibile seguire alcuni consigli:
1 – Non litigate davanti ai figli: cercate sempre di dire a vostro figlio che il genitore da cui vi state separando è un bravo genitore. Non basta limitarsi a non parlarne male.
2 – Pensate a un nuovo progetto di vita: per uscire dalla situazione di svilimento depressivo e di lutto che porta la separazione, le risorse si trovano all’esterno. Si cambia anche il modo di essere genitori e, così come con la maternità, si impara a gestire situazioni più complesse, a negoziare meglio con l’altro. È una nuova skill, una competenza che ci si può giocare anche in un altro ambito della vita.
3 – Meglio separarsi prima che stare in una situazione di conflitto troppo a lungo: se litigate è meglio affrontare la crisi, che non deve per forza arrivare a una separazione. I figli stanno bene se non litighiamo, non se evitiamo la separazione.
4 – Non vergognarsi, ma farsi aiutare: se state male e l’aiuto di un amico o amica non è sufficiente, rivolgetevi a un professionista, una figura specializzata con comptenze psicologiche, giuridiche e di mediazione, che può dare sostegno in un momento difficile. Non sentitevi in colpa, non pensate a cosa penseranno gli altri o se lo riterranno un fallimento sociale.