Non bastava la Fomo (letteralmente “fear of missing out”), e cioè la paura di perdersi qualcosa che tutti intorno a noi considerano imperdibile – dalle serie tv ai film, dall’ultima tendenza in fatto di scarpe al ristorante da provare assolutamente fino alle esperienze di vita come fare un viaggio. Ora ci si mette anche la Fobo (che sta per “fear of better options”) a complicarci la vita.
A coniare il termine è stato Patrick McGinnis, l’impreditore che aveva coniato anche Fomo e che così ha commentato il nuovo acronimo al Guardian: «Questo tipo di sentimenti sono, biologicamente, parte di noi. Io la chiamo “biologia del volere il meglio”. I nostri antenati erano programmati per aspettare il meglio perché solo così avrebbero avuto più possibilità di sopravvivere». Ma oggi quel desiderio e quella spinta verso il miglioramento continuo sembrano essersi trasformati in vera e propria indecisione cronica. La Fobo, infatti, colpisce nei momenti più disparati: quando dobbiamo scegliere un ristorante o quando dobbiamo scegliere cosa cucinare per cena, ad esempio, oppure ancora di fronte alla lista dei film da vedere, in streaming o al cinema, o nelle più comuni, piccole e grandi decisioni che la vita ci mette di fronte quotidianamente.
I social e le tecnologie più sofisticate di machine learning, come l’algoritmo che ci propone di fare nuovi acquisti in base ai nostri gusti e alle cose che abbiamo già comprato, hanno poi peggiorato la situazione, dice ancora McGinnis, perché hanno moltiplicato all’infinito le possibilità, almeno potenzialmente: sembra che tutto sia a portata di mano e, allo stesso tempo, impossibile da raggiungere. Dobbiamo comprare un paio di calzini bianchi e ce ne sono 200 disponibili, una scelta talmente vasta che finisce per paralizzarci perché continuiamo a chiederci: quale sarà il paio migliore?
D’altra parte, il processo decisionale è una complessa procedura mentale che coinvolge molte delle funzioni esecutive del cervello. Le persone che soffrono di autismo o di deficit dell’attenzione spesso hanno difficoltà a scegliere fra più opzioni: si chiede allora il Guardian se la Fobo non sia solo «un eufemismo facile da digerire» o se invece sia un sintomo «di qualcosa di più serio o di un tabù, come un disturbo d’ansia»?. Secondo gli esperti interpellati dal quotidiano britannico, è più facile sperimentare la Fobo se si soffre di condizioni preesistenti legate all’ansia. In ultima analisi, la “paura delle opzioni migliori” o di “perdersi il meglio” è paura di rinunciare a qualcosa, paura di doversi poi ritrovare a rimpiangere un errore o di aver intrapreso la strada sbagliata.