Che il fumo faccia male è risaputo da tempo, che abbia effetti nocivi in particolare sulle donne anche, soprattutto in gravidanza e sul feto. Ma che possa contribuire ad accelerare la manifestazione di alcune malattie, come le patologie autoimmuni, o ad ostacolarne le terapie è una novità, che è emersa grazie al sempre maggior numero di studi effettuati negli ultimi anni.
L’attenzione alla medicina di genere, quella cioè che si occupa delle differenze nelle diagnosi e cure tra uomini e donne, sta permettendo di scoprire una serie di conseguenze negative che le sigarette hanno sulla popolazione femminile, come emerso dal XXXIX Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), appena conclusosi a Salerno: “Nelle donne la potenza del fattore di rischio causata dal fumo è più elevata. Le differenze di genere sulle malattie autoimmuni sono note da tempo, ma ora si stanno indagando e scoprendo i motivi. Uno di questi è legato al sistema immunitario che funziona in modo differente tra uomini e donne” spiega Antonella Vezzani, anestesista e rianimatore, presidente dell’AIDM.
Fumo e malattie autoimmuni
“Le donne fumatrici sono più fragili per diversi motivi. I rischi più evidenti sono già emersi e conosciuti per quanto riguarda la gravidanza e gli effetti sul feto, così come i tumori, ma i nuovi studi si concentrano anche sul fronte delle malattie autoimmuni, per le quali è risaputo che c’è una maggiore incidenza tra le donne. Questo perché il sistema immunitario nel genere femminile è più attivo e risponde maggiormente (anche in senso negativo, cioè contro se stesso) a possibili minacce esterne per via degli estrogeni, gli ormoni tipicamente femminili” spiega l’esperta. “In secondo luogo perché nell’organismo femminile la concentrazione degli elementi tossici è più alta” spiega Vezzani. Un conto è assumere una certa quantità di nicotina per un fisico di 50 kg, un altro è farlo in un corpo di 90 kg. “Ciò può avere conseguenze negative non solo a breve termine, ma anche nel lungo periodo” aggiunge il medico.
I danni a lungo termine
Le malattie autoimmuni sono per loro stessa natura multifattoriali, dunque implicano il coinvolgimento di più fattori. Oltre ad indagare possibili effetti dei cromosomi (si è visto come una certa influenza è esercitata dal cromosoma X, quello femminile), gli esperti della medicina di genere hanno già potuto constatare come diverse patologie colpiscono di più le donne fumatrici.
È questo il caso delle “malattie asmatiche e del broncospasmo, ma anche di tutti i tumori e in particolare di quello al seno o al polmone, per il quale le diagnosi nelle donne sono aumentate del 45% negli ultimi 15 anni. Il fumo può essere un fattore ‘favorente’ anche per il cancro all’apparato gastro-intestinale e non va neppure dimenticato che, oltre ad avere effetti visibili sulla pelle (con una maggiore insorgenza di rughe), fa aumentare l’attività catabolica, cioè il consumo energetico. Questo è uno dei motivi per i quali si può assistere a un forte dimagrimento nei soggetti fumatori e in particolare nelle donne” conclude l’esperta.
Ma perché? “In tutti questi casi il fumo, per via dell’esposizione a sostanze nocive, concorre ad accelerare la manifestazione della malattia, peggiorarne il decorso e ostacolarne la terapia. Questo è il motivo per cui occorre studiare ancora di più possibili percorsi di diagnosi e cura al femminile” dice la dottoressa Vezzani.
Diagnosi e cura nelle donne
“Il nostro obiettivo, come operatori specializzati nella medicina di genere, è quello di arrivare a una maggiore personalizzazione della terapia, ottimizzando i percorsi di diagnosi. Se un tempo ci si limitava a constatare differenze tra uomini e donne, oggi si è capito il ruolo fondamentale che giocano, ad esempio, gli estrogeni nelle malattie e in particolare in quelle autoimmuni. Il problema è che è difficile condurre ricerche mirate sulle donne, perché non è semplice trovare soggetti disposti a sottoporsi agli studi a causa degli impegni lavorativi e familiari. Le donne, inoltre, sono soggette a variazioni ormonali sensibili su base mensile, che rendono complicato uno studio omogeneo. C’è infine anche preoccupazione nello sperimentare farmaci su donne che in futuro potrebbero avere figli” conclude la presidente dell’AIDM.