Lui smette di fumare, lei continua. Perlomeno in Italia. «Stiamo assistendo alla fine delle differenze di genere», sottolinea Silvia Novello Presidente di WALCE, Women against lung cancer Europe e docente del dipartimento di Oncologia polmonare all’Università di Torino. «Cala infatti il numero di uomini fumatori che in un anno sono passati da 6,9 a 6 milioni. Però crescono le fumatrici che da 4,6 milioni del 2016 salgono a 5,7 milioni. Questo cambiamento si riflette anche nel tumore del polmone. Per questo tipo di cancro i nuovi casi tra le donne sono in aumento del 3 per cento ogni anno».
Aumentano le donne che fumano
A conferma di quanto stia diventando un vizio prettamente femminile ci sono anche i dati di un’indagine promossa da Fondazione Umberto Veronesi e condotta da AstraRicerche. Dieci donne su cento accendono almeno 16 sigarette al giorno. L’abitudine al tabacco è inoltre più diffusa fra le donne “over”: fuma la metà delle donne fra i 55 e i 65 anni d’età, contro il 39 per cento delle ragazze al di sotto dei 24. Le ragioni? Ha un effetto rilassante per il 42,3% delle fumatrici e aiuta a cancellare le arrabbiature per il 37%.
I danni del fumo in gravidanza
A peggiorare una situazione già abbastanza critica, c’è anche spesso l’assenza di impegno a smettere in gravidanza e dopo il parto. «Fumare in “dolce attesa” provoca diversi danni alla salute», sottolinea la professoressa Novello. «I più frequenti sono aborto spontaneo, parto prematuro, aumento della mortalità perinatale e infantile, basso peso alla nascita e ritardi nella crescita cognitiva». La lista dei danni si allunga se si include poi chi fuma da molti anni. «È un peccato se si pensa che basterebbe non fumare, o comunque smettere, per ribaltare un destino infausto», dice la professoressa Novello. «Il fumo aumenta fino a 14 volte il rischio di insorgenza del tumore del polmone».
I rischi dei luoghi pubblici dove ancora si fuma
Quest’anno c’è una ricorrenza importante: sono trascorsi 15 anni dall’entrata in vigore della cosiddetta “Legge antifumo”, più nota come Legge Sirchia dal cognome dell’allora ministro della Salute, che ne è stato il promotore. Dal 2003 non si può più fumare nei luoghi pubblici, come bar, cinema, ristoranti.
Ma non è ancora sufficiente. Perché ci sono ancora troppi posti dove si può fumare, danneggiando anche chi sta vicino. Spiagge, canyon street, cioè zone pedonali in città, stazioni ferroviarie: eccole, le zone più “tossiche”. «Negli anni abbiamo rilevato la concentrazione di black carbon, un tracciante presente all’interno del particolato più fine», sottolinea Roberto Boffi, pneumologo e coordinatore della Tobacco Control Unit dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. «I risultati contribuiscono a demolire la falsa concezione che fumare all’aperto faccia meno male. Nella realtà, invece, non è così. In più, non dimentichiamoci che le sostanze tossiche e cancerogene della sigaretta si concentrano nell’aria e vengono respirate anche da chi non fuma».
Per dare un’idea, la concentrazione di black carbon è otto volte superiore nelle zone all’interno della Stazione Centrale di MIlano, dov’è permesso fumare, rispetto alle densità rilevate nelle aree all’esterno della stazione. «Ci sono poi locali dove si continua a fumare», aggiunge il dottor Boffi. «Come nelle sale da gioco d’azzardo. Qui a causa del fumo di sigaretta c’è più del doppio di inquinamento, come polveri fini e black carbon, rispetto a quello del traffico cittadino».