Sto leggendo un libro che mi accende lampadine incandescenti. Racconta di come si oltrepassa il recinto invisibile dentro cui lasciamo agire le nostre esistenze. È un recinto fatto di idee: «Più guadagno, più serenità avrò in futuro». Di forme standardizzate: «Un libro è un insieme di fogli cuciti assieme». Di utilizzi prestabiliti: «Il bicchiere serve per bere; la sedia per sedersi». Quando, però, si mette un piedino fuori dal recinto ci si accorge di infinite possibilità in più, di mosse che non avremmo mai pensato di giocare nella partita a scacchi della vita.
Su Donna Moderna abbiamo raccontato di quelli che, negli ultimi anni, hanno deciso di andare a vivere in montagna, in paesi abitati da poche decine di persone, iscrivendo i loro figli a scuole con classi uniche per tutte le et. Abbiamo raccontato anche di donne e uomini protagonisti di adozioni impossibili, ovvero quelle di bambini con gravi patologie congenite. Sono tutte persone che, in un modo o nell’altro, hanno fatto
il salto dall’altra parte del recinto. E non sono più tornate indietro.
Passare dall’altra parte non comporta necessariamente stravolgere la propria esistenza. Mentre scorro le ispirazioni che Mafe De Baggis regala nel suo Libera il futuro (Damiani), penso che viaggiare, ossia guardare
il mondo da una diversa prospettiva, sia stato il mio modo di saltare
il recinto. Eppure, alla fine di ogni viaggio, ci sono sempre tornata dentro. Mi accorgo, invece, che il passo più grande là fuori l’ho fatto in questo anno di immobilità, di sedentarietà, di orizzonte incredibilmente vicino
al mio naso. E l’ho fatto scoprendo ciò che mi è veramente necessario
a vivere bene, molto meno di quello che pensavo fino a ieri.
Non fraintendetemi. Non parlo dell’essenziale in termini di utilità. Questo
è l’anno in cui ho comprato un cappello da regina delle nevi solo per ballare in casa e ho regalato a mio marito un gioco di costruzioni. Scoprire di cosa abbiamo veramente bisogno può portarci a risparmiare, certo, ma può significare anche spendere di più per quel meno, comprare in maniera sostenibile, avere la pazienza di aspettare qualche giorno in più per la consegna.
Le spinte a riportarci nel recinto sono tante. La corsa al consumo
generata dal cashback è una di queste. Un’altra è la minaccia di tutti
coloro che perderebbero il lavoro come conseguenza di un nostro
cambio di stile di vita. Il punto è che l’economia mondiale, dal dopoguerra a questa parte, è fondata sul bisogno indotto. Ovvero sul fatto
che tutti pensiamo di aver bisogno delle stesse cose, prodotte in grandi quantità e quindi a prezzi accessibili. Sarebbe il momento di
ridisegnare questo modello economico, ce lo dice anche l’allarme climatico, ma avremmo bisogno di governanti capaci di sognare
e progettare un mondo nuovo. Prima o poi succederà. Nel frattempo,
però, non facciamoci riportare dentro il recinto.
A proposito, il libro di cui vi parlo l’ho comprato su Bookdealer, una piattaforma che riunisce le librerie indipendenti. Ho aspettato qualche giorno in più per la consegna, ma era splendidamente incartato.