Whatsapp, Facebook e gli altri social sono diventati strumenti quotidiani, ma spesso se ne abusa o si utilizzano in modo scorretto. Ecco, allora, che anche la maleducazione diventa 2.0, con un’invasione di “like”, “emoticon” o messaggi vocali. Come districarsi nella giungla dei social? Quando e come rispondere per non passare per inopportuni, invadenti o persino “stalker”?
I consigli generali
Un gruppo di esperti di social media americani ha stilato una serie di consigli generali, pubblicati su UsaToday, che vanno dai tempi entro cui rispondere ai messaggi alle modalità con cui postare foto o video su Facebook o Instagram. Ecco alcune indicazioni:
– Rispondere a un sms con un sms e non con una chiamata. Lo stesso vale per le email;
– Evitare di non lasciare messaggi in segreteria se scatta il segnale acustico;
– Non inviare sms troppo lunghi;
– Non chiedere il perché ad ogni cosa e piuttosto cercare di rispondere a tutte le domande che vengono poste;
– Non utilizzare Facetime o videochiamate in genere senza prima avere avvertito con un sms;
– Non abusare di “ok” o “Lol”, perché potrebbero troncare la conversazione;
– Non aspettare troppo a rispondere; se proprio non si può farlo subito, almeno avvertire (scusandosi) ed evitare di prendersela se sono gli altri a non poter rispondere in tempi brevi;
– Se si fanno gli auguri via sms (ad esempio per Natale), non è necessario poi anche chiamare;
– Non intasare i gruppi whatsapp;
– Non usare sms o twitter per comunicare brutte notizie;
– Attenzione alle foto o video: non esagerare con quelle “sdolcinate”.
Un decalogo dettato dal buon senso, come spiegato da James Ivory, professore di comunicazione al Virginia Tech Institute: “Le regole del galateo digitale sono regole semplici che provengono dal passato. Il rispetto deve essere la guida”. Banale? Non proprio.
Messaggi vocali: sì o no
I messaggi vocali hanno invaso le nostre vite, spesso in modo ridicolo o maleducato. «Possono essere utili quando sostituiscono la vecchia segreteria telefonica, ma se diventano una sorta di botta e risposta a distanza che prende il posto di una chiamata vera e propria non sono accettabili” dice Nicola Santini, giornalista esperto di costume e società, volto tv e autodefinito “pentito del bon ton”. “Ben vengano se bisogna avvertire, ad esempio, che si arriverà in ritardo. Oppure quando non si possono digitare sms scritti. Da evitare, invece, in risposta a un messaggio scritto, perché dà l’idea che chi lo invia sia pigro e non abbia voglia (o capacità?) di digitare”. Insomma, meglio non abusarne, anche perché i messaggi vocali si ascoltano in vivavoce, quindi costringono chi li riceve ad appartarsi e non sempre è possibile. “Nel degrado generale della comunicazione, meno se ne manda, meglio è. Dovrebbero essere l’estrema ratio, se non si hanno altre alternative agli sms o alle telefonate” prosegue Santini.
Quando rispondere a sms e whatsapp
“Purtroppo molti hanno la pessima abitudine di leggere gli sms, visualizzandoli, ma senza rispondere se non dopo lungo tempo, magari ore. Ci sono persone che hanno la capacità e la voglia di tenerti sulle spine, di qualsiasi cosa si tratti” spiega l’esperto di galateo. “È un atteggiamento molto maleducato. A meno che non si richieda una risposta che implica tempo, ai messaggi si dovrebbe sempre replicare a breve, magari anche solo avvertendo che si è impossibilitati a rispondere in modo completo. Non si dovrebbe mai lasciare l’interlocutore in sospeso. Diverso è il caso delle email, per le quali si può prendere più tempo, magari anche perché implicano risposte più articolate. Va tenuto presente, però, che c’è anche chi – al contrario – non appena non riceve una risposta a un sms inizia a tempestare con messaggi incalzanti: anche questo è un comportamento molto maleducato, al limite dello stalkeraggio”.
I “like”: quanti e quando metterli
Per chi usa Facebook o Instagram, esistono alcuni consigli particolari che riguardano i “like”. Ad esempio, non rispondere a tutti quelli che si ricevono né mettersi i “like” da soli o tantomeno chiederne in modo esplicito ai propri post. Gli esperti americani invitano anche a non commentare o rispondere a sconosciuti che mettono “like” alle proprie foto o post. “Una pratica ormai piuttosto consolidata e ridicola è quella del cosiddetto ‘like for like’ (mettere “like” a qualcuno per poterne ottenere a propria volta). Un’altra tendenza diffusa e inopportuna è quella di entrare nel profilo di qualcuno e mettere una raffica di “like”, in genere per attirare l’attenzione su di sé” spiega Santini.
Ci sono altri due atteggiamenti antipatici: “Quello dei ‘like d’ufficio’, messi quasi per dovere e a qualsiasi cosa uno faccia o posti, e quello di chi invece non mette ‘like’ pur seguendo il tuo profilo. È una sorta di ripicca: magari visualizza tutti i tuoi video, ma non mette il ‘like’. Oppure lo mette a qualsiasi tipo di foto, che sia di gattini o di cibo, ma non ai selfie o agli scatti in cui compari tu in persona”
Emoji: quando non si deve esagerare
Un ultimo aspetto riguarda il ricorso alle emoji: “Sono utili a colorare un linguaggio che, quando è solo scritto, può essere frianteso: aiutano a capire se una battuta è ironica o affettuosa. Quando invece vanno a sostituire le parole, non vanno più bene: infarcire di faccine può essere ridicolo se fatto da un adulto, dannoso per un ragazzino. Già si parla poco e in modo volgare, almeno sforziamoci di scrivere. Se scrivo e metto un cuoricino, posso farlo anche a 70 anni e pur avendo – per ipotesi – 5 lauree, perché arricchisco il senso del mio messaggio. Se invece mi limito alle emoji, allora ne sto abusando” .