Inglesi e americani, che lo hanno inventato ormai mezzo secolo fa, lo chiamano “gap year”. Noi per ora non abbiamo importato il termine, ma la tendenza sì: sono sempre di più i giovani italiani che dopo il diploma decidono di concedersi un anno sabbatico prima di affrontare l’università o cominciare il proprio percorso lavorativo. Per viaggiare e scoprire altri mondi e culture, chiarirsi le idee, seguire un corso, imparare una lingua straniera o fare volontariato. Esperienze diverse unite dal filo comune dell’arricchimento umano che, contrariamente a quanto si pensa, iniziano ad avere un impatto positivo anche sui curricula.
Esperienze formative come stage o volontariato
«Conoscere bene almeno una lingua straniera e aver maturato presto esperienze lunghe all’estero sono qualità sempre più apprezzate quando si cerca il primo impiego, perché vengono considerate indicative di una mente aperta e innovativa» spiega Giovanna Rizzo, direttrice del Centro orientamento studenti all’Università della Basilicata. E la sperimentazione che dal prossimo anno scolastico introdurrà il diploma quadriennale in 100 classi fra licei e istituti tecnici potrebbe favorire l’ulteriore diffusione del gap year, visto che gli studenti non “perderanno” più un anno, allineandosi così alla durata degli studi superiori in Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Progetti e mete originali
«Anche se mancano statistiche specifiche a livello nazionale, per quella che è la nostra esperienza registriamo un aumento di richieste del 20% all’anno, mentre nel 2017 sappiamo già che l’incremento sarà del 30%, il più alto registrato negli ultimi 10 anni» spiega Alice Riva, presidente e fondatrice di YearOut (www.yearout.it), fra le prime e più attive organizzazioni nel proporre progetti di gap year tramite esperienze di volontariato sociale e ambientale in Africa, India e Sudamerica. Dimentica però il classico zaino in spalla e i viaggi on the road alla ricerca di se stessi come avveniva quando, a partire dagli anni ’60, la moda del gap year cominciò a prendere piede prima in Inghilterra e poi negli altri Paesi occidentali.
Un mix di lavoro e studio
I moderni gappers sono molto più organizzati, tecnologici, con progetti strutturati in grado di mixare esperienze di lavoro e di studio. «La curiosità per l’ignoto c’è sempre, ma oggi lo studente medio vede l’anno sabbatico soprattutto come un investimento su se stesso» spiega Giovanni Moretti, area manager di Esl, società specializzata in soggiorni linguistici combinati con esperienze di lavoro, stage e volontariato. «Rispetto al passato c’è una maggiore attenzione al dettaglio. Si scelgono alloggio, corsi, stage, lavoretti o volontariato in contesti considerati interessanti. Tutto viene pianificato, privilegiando mete dinamiche e internazionali, dove si potrebbe poi decidere di restare».
Come è successo a Federica Bertozzi, 25enne di Rimini. Dopo aver completato 3 anni fa un programma di 8 mesi fra Mongolia e Cina con Projects Abroad, le si sono spalancate le porte del mondo: «Grazie al progetto a cui ho preso parte, ho potuto fare stage in un quotidiano e in una radio e approfondire la mia conoscenza del cinese». Ora Federica si trova in Malesia, dove ha intrapreso un praticantato di 6 mesi nell’ambito delle relazioni internazionali e contemporaneamente sta ultimando un Mba, un master in business administration. «Prendersi un anno sabbatico» spiega «può essere una scelta difficile, perché interrompendo gli studi si rischia di non riuscire più a riaprire i libri. Ma può trasfomarsi anche in un trampolino di lancio che ti apre a nuovi orizzonti».
Esperimenti di indipendenza
Anche chi torna, e fa tesoro dell’esperienza, matura una consapevolezza di sé maggiore e diversa. «Al liceo non riuscivo a capire cosa volessi veramente fare, così ho pensato che partire mi avrebbe aiutato» racconta Tiziana Zamboni, 20 anni, che dopo la maturità ha lasciato San Giuliano Milanese per lavorare in India e Camerun con un progetto destinato ai bambini. «Dovermi adattare a una vita completamente diversa da quella cui ero abituata mi ha fatto crescere e insegnato a vedere le cose secondo un’altra prospettiva, a innamorarmi della diversità delle culture. È per questo che al mio ritorno in Italia ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Antropologia».
Partire è uno «shock benefico»
Conferma Marzia Terragni, psicoterapeuta familiare presso il Servizio tutela minori e il Consultorio Aisel di Castellanza (Va): «L’anno sabbatico può avere la funzione di “rito di iniziazione”, di passaggio all’età adulta. Un tempo, finita la scuola, si usciva di casa andando a lavorare e sposandosi. Oggi il cordone ombelicale con la famiglia di origine viene reciso molto più tardi. Per questo il gap year può traghettare in altro modo i ragazzi verso l’autonomia e l’indipendenza». Perché, prima che lavorativa o linguistica, è innanzitutto un’esperienza forte a livello umano, che responsabilizza e aiuta a maturare. «Prima di partire» non ero mai stato particolarmente socievole» racconta Nicola Morandi, 28 anni di Lugano, che ha svolto 6 mesi di volontariato a contatto con i bambini in India. «Ma in quel Paese ho incontrato persone provenienti da ogni parte del mondo e problematiche diversissime dalle mie: posso dire di aver subito uno shock benefico arricchendo, e non di poco, il mio mondo interiore».
4 regole per un anno sabbatico di successo
1 Scegli la destinazione giusta Non si tratta solo di decidere la meta, ma di individuare il percorso e il progetto che si sentono più vicini a sé e ai propri obiettivi.
2 Informati Che ci si muova autonomamente o tramite le agenzie specializzate, è fondamentale verificare l’affidabilità dei progetti, ma anche parlare con chi ha già fatto questo tipo di esperienza.
3 Definisci i tempi L’ideale è stare via da 3 a 12 mesi, durante i quali non bisogna lasciare nulla al caso. Per essere veramente fruttuoso, l’anno sabbatico non va confuso con una semplice vacanza.
4 Cavatela da solo Un gap year fa crescere se lo si affronta con responsabilità e senza troppi bonifici “facili” da parte dei genitori. Esistono vari programmi di autofinanziamento che offrono vitto e alloggio in cambio di lavoretti, come il Servizio volontario europeo (www. serviziovolontario europeo.it) e Woofing (www. wwoof.net).
I Paesi più gettonati
Accanto alle intramontabili Londra e Berlino, in Europa, mete molto richieste sono Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda. «Anche Africa, Asia, America Latina ed Europa dell’Est esercitano grande fascino» spiega Simona Eco, responsabile dell’agenzia specializzata Projects Abroad Italia, fra le più importanti del settore. «I Paesi per cui riceviamo maggiori richieste sono nell’ordine Nepal, Sudafrica, Sri Lanka, Ghana, Tanzania e Argentina». Senza dimenticare Cina, India e Thailandia.