Gli impegni presi 25 anni fa a Pechino, in occasione della quarta conferenza mondiale sulle donne, stabilivano come la parità di genere fosse una condizione indispensabile per la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile. A distanza di un quarto di secolo, come riporta uno studio della rivista medica Lancet riportato da Il Messaggero, quegli impegni non sono stati mantenuti. «Sebbene siano stati compiuti importanti progressi in molte aree, si può dire che nessun Paese sia stato all’altezza di questa visione e i contraccolpi contro i diritti delle donne stanno crescendo. Il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum (che utilizza una definizione limitata di salute sessuale e riproduttiva) rileva che, sulle tendenze attuali, il divario globale di genere richiederà 99,5 anni per essere colmato», si legge nel report.
Nonostante le promesse fatte nel 1995, insomma, il lavoro da fare resta ancora tanto. È sorprendente, però, notare come la parità fra i sessi sia stata messa sempre in secondo piano nelle politiche di amministrazione della salute pubblica e dei programmi di sviluppo economico e sociale. Ne è un esempio lampante il cancro al collo dell’utero. È il caso dello studio presentato dal direttore generale dell’OMS in vista del Consiglio esecutivo del prossimo febbraio che, come riporta sempre Lancet, «è un progetto di strategia globale per accelerare l’eliminazione del cancro all’utero». Si basa su solidi principi di promozione e prevenzione della salute pubblica «attraverso la vaccinazione, lo screening e il trattamento delle lesioni pre-cancerose e la gestione tempestiva del cancro precoce», eppure «non riesce ad applicare un’analisi di genere e non prende in considerazione i numerosi fattori politici, economici e sociali che ostacolano un’azione concreta su questo tipo di malattia».
Sono questi fattori, infatti, che in molti Paesi nel mondo ancora oggi impediscono alle donne con malattie precoci di iniziare un percorso di cure. Inoltre, gli investimenti nei servizi oncologici per le donne dovrebbero essere accompagnati da politiche che promuovano l’uguaglianza di genere e la protezione dai rischi contro i costi delle cure. Su Donna Moderna, avevamo parlato anche del gap che esiste nella diagnosi di malattie che non sono invece prettamente femminili. Non è raro, infatti, che alle donne vengano diagnosticate in maniera tardiva malattie cardiache, diabete e patologie considerate “maschili”, come ictus e infarto. Ecco perché servono la medicina di genere, un campo che oggi fa progressi importanti, e campagne di informazione adeguate. Tutte sfide aperte da 25 anni.