Di fronte ai primi pianti insistenti del bambino, i genitori iniziano a dover decidere come comportarsi: rispondere, prendendo in braccio il bebè oppure lasciare che smetta, rendendosi conto che la mamma o il papà non cadrà nella “trappola dei capricci”? È solo l’inizio, perché poi arrivano i “terribili due” anni e dopo i “quattro anni spaventosi” e, man mano che il figlio o la figlia crescono, le “prove di forza” aumentano, fino ad arrivare allo tsunami dell’adolescenza.
Che fare? Il dilemma è sempre lo stesso: cedere o restare fermi sulle proprie posizioni? “Né l’uno né l’altro: bisognerebbe piuttosto essere “genitori positivi”, spiega Rebecca Eanes, autrice di Essere genitori positivi (Franco Angeli), un bestseller che nasce dal successo strepitoso della community (Positive Parenting: Toddlers and Beyond, “Genitorialità positiva: infanzia e oltre”). Il gruppo è sorto attorno a una nuova concezione di genitorialità e vanta un milione di followers solo su Facebook. Ma di cosa si tratta? È una “terza via” tra un’impostazione più severa e tradizionale, e quella più moderna improntata a un maggior permissivismo. E voi, che genitori siete?
Genitori “rigorosi” o permissivi?
“I bambini sono dei doni, ma piuttosto che vivere con gioia il miracolo di questa vita per esserne parte, tanti di noi cadono nella trappola di tentare soltanto di gestirne il comportamento”. Parte da questo presupposto Rebecca Eanes, per spiegare come l’essere eccessivamente autoritari non porti a lungo andare ai risultati sperati: “Ci viene detto che dobbiamo esercitare il nostro controllo e mostrare loro chi comanda prima possibile. Per un breve periodo la sottomissione dei nostri figli funziona abbastanza bene. Abbiamo certamente dalla nostra il vantaggio delle dimensioni, della forza e di un cervello completamente sviluppato. Nonostante ciò, prima o poi il bambino inizia a reagire. Da qui parte la lotta senza fine per il potere che si esprime nella genitorialità moderna”.
In aumento i bambini con attacchi di panico
D’altro canto negli ultimi anni è aumentato anche il numero di genitori più propensi a concedere, assecondando le richieste dei figli, sia durante l’infanzia che in adolescenza. “In questo momento c’è molta confusione: si passa da punizioni eccessive, date in modo autoritario e senza fornire spiegazioni, a comportamenti iperprotettivi, che finiscono però con il creare ansia nei figli fin da quando sono piccoli” spiega Barbara Volpi, psicologo e psicoterapeuta, esperta di educazione e gneitorialità, e coautrice di Family Home visiting (Il Mulino). “Sono in aumento, infatti, i casi di bambini che fin dalle elementari lamentano di soffrire di panico o dicono di essere stressati. Per questo manuali come quello della Eanes riscuotono tanto successo, perché offrono linee guida chiare e semplici a genitori spaesati.
Ma come si diventa genitori positivi?
Cos’è la genitorialità positiva?
“I metodi genitoriali convenzionali spesso mettono i genitori contro i figli, come fossero avversari in una lotta senza fine per il potere. Questo naturalmente provoca un distacco tra i membri della famiglia e scontento in casa” che, a lungo andare – scrive la Eanes – può portare anche a problemi di coppia. Secondo l’autrice, questo tipo di educazione più tradizionale nasce da un equivoco: “L’assenza di punizione non è la stessa cosa dell’assenza di disciplina”.
Al contrario, la genitorialità positiva prevede cinque concetti-base:
– attaccamento: il legame naturale tra genitore e figlio;
– rispetto: i bambini meritano lo stesso rispetto riservato ad altre persone adulte;
– genitorialità proattiva: affrontare i primi segnali di disagio prima che diventino più seri e difficili da gestire;
– leadership empatica: i genitori non devono abdicare al loro ruolo di guida, come invece accade quando sono troppo permissivi;
– disciplina positiva: la punizione deve “fare in modo che qualcuno soffra a sufficienza da indurlo a evitare quel particolare comportamento in futuro. L’obiettivo della disciplina è di insegnare a controllare impulsi e comportamento, di imparare nuove abilità, di correggere errori e trovare soluzioni”. La filosofia della genitorialità positiva va oltre, considerando che il comportamento si apprende grazie a “centinaia di migliaia di momenti di sorrisi e lacrime, di successi e insuccessi, di incoraggiamento e scoraggiamento, di risate e dolori, di accettazione e negazione, di distacchi e ricongiungimenti” che caratterizzano l’infanzia dei bambini.
Come tradurre in pratica questi principi?
La regola di fondo è quella di rispettare i bambini e chiedersi sempre se una certa azione possa dare fastidio a noi, se fossimo nei loro panni, anche se si tratta semplicemente di sistemargli i capelli in modo spontaneo, senza lasciare che siano loro a farlo.
Un altro consiglio è quello di evitare di mettere i figli in imbarazzo davanti ai coetanei, chiedere scusa se necessario o evitare di rispondere al comportamento scorretto del bambino con rabbia, aggressività, vergogna e con i mezzi convenzionali di punizione (time-out, sculacciate e altre tecniche). La premessa di Eanes è che si dovrebbe lavorare prima di tutto per disciplinare se stessi, e infatti fornisce nel libro una serie completa di consigli e suggerimenti per raggiungere l’obiettivo.
Se il bambino vuole stare nel lettone
Il bambino piccolo piange e fa i capricci perché non vuole dormire nella propria camera, ma vorrebbe stare nel lettone: che fare? Una madre autoritaria risponde generalmente e in modo fermo di no, portando il figlio nella sua cameretta, magari chiudendo anche la porta e sgridandolo al suo risveglio, il giorno dopo, per aver fatto i capricci. All’opposto una madre permissiva, accoglie subito la richiesta del figlio, caccia il marito dal lettone e dorme con il bambino, lo abbraccia e spesso, se c’è un conflitto coniugale in atto come accade di frequente dopo la nascita di un figlio, ‘usa’ il figlio come scudo per evitare il contatto col partner.
Questa situazione può andare avanti anche fino a quando il bambino ha 8 anni e dorme ancora nel lettone” racconta la dottoressa Volpi, che invece consiglia di scegliere un altro atteggiamento. “Io preferisco parlare di genitori sintonici. Nello scenario descritto, un genitore in sintonia affettiva con il proprio figlio cerca di capire cosa ci sia dietro a richieste eccessive o capricci: spesso nascondono l’esigenza di essere compreso e aiutato a capire le proprie emozioni. Nel caso specifico occorre un intervento equilibrato: per esempio, gli si può leggere un libro per aiutarlo ad addormentarsi, rassicurandolo che il distacco sarà solo notturno e al mattino la mamma sarà lì a svegliarlo. Se lo si fa addormentare nel lettone, poi è bene portarlo nel suo lettino e al mattino farsi trovare pronte a svegliarlo in modo positivo” dice l’esperta, che aggiunge: “È fondamentale iniziare dall’infanzia creando un attaccamento positivo che poi sarà importante durante l’adolescenza” dice l’esperta.
Se il ragazzo non vuole fare i compiti
Un secondo esempio riguarda proprio l’età in cui i figli diventano teenagers: “Un classico caso riguarda l’atteggiamento da tenere quando un ragazzo non vuole fare i compiti. Un genitore severo farà scattare una punizione, togliendo il cellulare, come accade spesso. Uno più indulgente lascerà correre, ma sarebbe invece meglio capire perché nostro figlio non vuole studiare: si tratta di un disagio causato da qualche motivo particolare? O invece è dovuto al fatto che passa troppo online? Anche i genitori dovrebbero, in questo caso, diventare digitali e sforzarsi di capire meglio i figli. Ciò è possibile se si è costruito un legame solido fin dall’infanzia, creando delle routine e un attaccamento che poi, superata la fase di ribellione tipica dell’adolescenza, permetterà un riavvicinamento” spiega la psicologa e psicoterapeuta.
Che fare se un genitore è “indulgente” e l’altro è rigido?
Un’altra parola d’ordine nella gestione dell’educazione e degli eventuali conflitti è “restare uniti”. “È difficile che due persone, con esperienze diverse, che si uniscono in una nuova famiglia non incontrino delle difficoltà” dice Eanes. Come comportarsi se madre e padre hanno stili genitoriali differenti, e in particolare se uno è più permissivo e l’altro più rigido? Il consiglio di Eanse è quello di rimanere “connessi”, condividendo la positività, con alcuni suggerimenti: discutere in modo costruttivo, trattarsi con rispetto, flirtare, rispettare gli spazi reciproci, divertirsi insieme, mostrare apprezzamento reciproco, essere affettuosi, limitare le critiche, condividere la leadership, comunicare in modo efficiente.
“Trovare un accordo è fondamentale e anche quando non si raggiunge, è sempre bene non darlo a vedere davanti ai figli, ma discuterne in separata sede. Il rischio, altrimenti, è che il bambino o il ragazzo si allei con il genitore che gli fa più comodo o che si crei un conflitto al suo interno, che può sfociare in altre forme di disagio” spiega Volpi.