La pandemia ha avuto come effetto un calo di separazioni e matrimoni. Non che il lockdown abbia portato più serenità nelle famiglie italiane e nel mondo. Piuttosto, secondo gli esperti, si è fatto meno ricorso alle cause per il semplice motivo che per mesi i Tribunali non sono stati accessibili.
Meno separazioni e meno divorzi nel 2020 a causa del blocco dei Tribunali
Lo raccontano i dati: nel 2020 ci sono state poco meno di 80mila separazioni, in calo rispetto alle 97.474 del 2019. Lo stesso andamento si è registrato per i divorzi, passati da 85.349 a 66.662, come certificato dagli ultimi dati Istat. Si tratta di una riduzione rispettivamente del 18% e del 21,9%. Numeri differenti, invece, sono quelli forniti qualche tempo fa dall’Associazione nazionale divorzisti, secondo cui nel 2020 c’era stato un boom di richieste di scioglimento dei matrimoni, pari a +60%.
I Tribunali ripartono e i figli tornano merce di scambio
Come si spiega? Da un lato la convivenza forzata, che ha fatto “scoppiare” le coppie, dall’altro il blocco dei procedimenti nei Tribunali, che poi hanno ripreso le attività e ora devono ancora smaltire gli arretrati. Ciò che non si è fermato, però, è lo scontro dentro e fuori alle aule dei Palazzi di Giustizia per l’affido dei figli, che troppo spesso diventano “bottino” degli ex. Le conseguenze psicologiche, però, possono essere enormi, proprio per i bambini e i ragazzi. Se la Cassazione ha bocciato il concetto di Pas, la sindrome da alienazione parentale, con una sentenza dello scorso marzo, rimangono però troppi casi di “plagio”, come riferiscono gli esperti di mediazione familiare, con conseguenti strascichi psicologici sui minori.
Il record di bisogni psicologici per i figli
Secondo uno studio, condotto in Toscana dall’Ordine degli Psicologi, il 64% dei professionisti dichiara una crescita di casi di separazione e divorzio tra i propri assistiti, in particolare nella zona dell’empolese-Valdelsa, rispetto all’era pre-Covid. Oltre alle crisi di coppia e alle rotture familiari, a preoccupare è l’incremento dei comportamenti a rischio degli adolescenti e dei più piccoli, con ansia, disturbi del sonno, droghe, alcol e gioco. Insomma, il mix tra il Covid e la disgregazione familiare pare avere lasciato un seguito pesante con un aumento del 33,6% delle richieste di supporto psicologico. Dati che sembrano in linea con quelli che si registrano anche in Europa, con l’aggravante che in Italia le separazioni e i divorzi si trasformano molto spesso in contese tra gli ex per l’affido dei figli, anche per alcuni limiti oggettivi all’applicazione della legge sulla bigenitorialità.
Non c’è più il “padre della domenica”
La legge sull’affido condiviso del 2006 (n. 54) stabilisce «il diritto del minore di mantenere il rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori», anche in caso di separazione o divorzio. Ma in Italia più volte è rimasta disattesa, tanto che la Corte europea per i diritti dell’uomo è intervenuta già quattro volte dal 2010 al 2018, esortando a far sì che il principio sia messo in atto. «Una volta esisteva il “padre della domenica” o il “padre delle vacanze”, perché prima della legge sulla bigenitorialità le separazioni e i divorzi si risolvevano affidando il figlio o i figli nella maggior parte dei casi esclusivamente alla madre, con la possibilità di sporadiche visite al padre. Ma molti studi, condotti anche e soprattutto nel nord Europa, hanno dimostrato che è molto più vantaggioso per i figli mantenere il rapporto con entrambi i genitori. In passato uno dei due si staccava, volente o nolente» osserva Anna Oliverio Ferraris, psicologa e autrice, tra gli altri, del libro Dai figli non si divorzia. «Per esempio, nei casi di conflittualità che sorgono proprio per garantirsi l’affido condiviso, si ricorre sempre più spesso alla figura del mediatore familiare» aggiunge l’esperta.
Bisogna evitare il “divorzio genitoriale”
«Oggi c’è maggiore consapevolezza del bisogno di mantenere un legame con entrambi i genitori e anche gli avvocati, che in passato erano guidati da minore sensibilità per questi aspetti, se ne sono resi conto: per il bene dei figli occorre ridurre la conflittualità evitando le vendette, che sono gli atteggiamenti più diffusi. Questo per due motivi: il primo è che, pur cessando il legame tra gli ex coniugi o compagni, non viene meno quello coi figli, da loro non si divorzia, appunto, per questo dico che non esiste il “divorzio genitoriale”; il secondo sono le ricadute psicologiche, spesso nascoste, che possono esserci per i figli» spiega la psicologa. «Il divorzio è un’esperienza dolorosa e traumatica ma, se viene assimilata e compresa può essere superata e rivelarsi addirittura un decisivo punto di svolta per la futura serenità di genitori e figli – aggiunge la psicologa – Al contrario, se ci si arrocca sulle proprie posizioni, a rimetterci sono i figli, che spesso si sentono in colpa».
I figli al centro (anche grazie al mediatore familiare)
«Nella realtà dei fatti si sa che l’affido al 50% non è sempre possibile: a volte per l’età dei bambini, altre per retaggi culturali. In alcuni Paesi nordici si arriva al 35%-40% con uno, e al 55%-60% con l’altro. Ma l’importante è evitare la conflittualità che per i figli può avere effetti anche molto pesanti e sul lungo periodo: il più ricorrente è il senso di colpa. Si possono sentire responsabili della fine del rapporto tra i genitori oppure, se sono stati poco con uno dei due, possono sentirsi responsabili per non aver frequentato il padre o la madre. In altri casi, più gravi, possono generarsi altri sentimenti negativi, quando sono utilizzati come “complici” o “spie”. In tutti questi casi, se non si riesce a risolvere la questione tra genitori, è utile e indispensabile rivolgersi a una persona terza, come il mediatore familiare. Sarà questa figura ad aiutare a trovare soluzioni equilibrate nella gestione del tempo delle vacanze, della scelta della scuola o altri aspetti di vita quotidiana, evitando nuove tensioni» conclude la psicologa.