Sono ormai passati i tempi in cui si usava il termine “matrigna” o “patrigno” che portava con sé una connotazione negativa. Di riflesso, quindi, questa figura doveva stare un passo indietro rispetto al genitore biologico, quello “vero”, l’unico che aveva il diritto di prendersi cura o di educare il figlio o la figlia.
Oggi si chiamano “genitori sociali” e la loro figura è riconosciuta. Ma quali sono esattamente i loro diritti o i loro doveri?
Il genitore sociale non è una figura giuridica
Con questa definizione si intendono i nuovi compagni della madre o del padre, che hanno figli nati da un precedente matrimonio o relazione. Siamo ormai abituati a vedere sempre più famiglie allargate (o meglio, ricomposte, come sono definite oggi) che non solo si frequentano e spesso trascorrono le vacanze insieme, ma spesso vivono anche sotto lo stesso tetto.
In questo caso si parla di genitori sociali (o genitore terzo): «È frutto di un nuovo approccio anche alla separazione che, secondo quanto stabilito dalla Cassazione già da tempo, non è vista come l’annientamento di un nucleo familiare, ma come seme per la nascita di nuove famiglie. Il genitore sociale è in qualche modo una conseguenza di questo concetto, anche se si tratta di una definizione sociale e non giuridica: si intende colui che, pur non avendo legami biologici, intrattiene una vita di relazione o una vita familiare con i figli della nuova compagna o compagno. Ad oggi, però, dal punto di vista legale non c’è una regolamentazione specifica né una definizione riconosciuta» spiega Lorenzo Puglisi, avvocato e fondatore di Family Legal.
Famiglie ricomposte e “arcobaleno”
Insomma, se un tempo si parlava di “figli di primo letto” oggi le famiglie sono spesso semplicemente ricomposte. «Oggi sono moltissime le famiglie che vivono questa realtà, dato l’alto numero di matrimoni che finiscono con separazioni e divorzi. Ma esistono anche molti genitori biologici che non hanno il senso della genitorialità o hanno problemi, magari psicologici, che impediscono loro di svolgere le proprie funzioni, affidate di fatto a genitori sociali» osserva l’esperto.
D’altro canto la genitorialità è cambiata non solo nella “misura” della famiglia, ma anche nella tipologia. «Ad esempio, sono genitori sociali anche quelli di famiglie formate da coppie omosessuali che hanno figli tramite tecniche di procreazione medicalmente assistita. I compiti di un genitore, infatti, non sono solo di provvedere ai bisogni di natura economica, ma anche di fornire un bagaglio di affetto e protezione» conferma l’avvocato.
Diritti e doveri: cosa dice la legge?
Ma se a livello sociale (e numerico) le famiglie ricomposte o omosessuali sono in crescita, cosa è previsto a livello giuridico? Da questo punto di vista sembra che la legge sia rimasta indietro, nel senso che al momento non esiste una normativa che estende al genitore sociale una responsabilità genitoriale, come quella del genitore biologico, rispetto ai figli del coniuge o partner. Cosa può o deve fare, dunque?
«Purtroppo l’articolo 433 del codice civile non contempla tra i soggetti con doveri (come il mantenimento) o diritti i genitori sociali: sono previsti, oltre ai genitori, i fratelli o sorelle e persino le nuore e i generi. Questo rappresenta un anacronismo da parte della giurisprudenza, che non si è adattata alla realtà- osserva Puglisi – In questi casi, infatti, si suggerisce di contrarre le nozze, che consentono il riconoscimento di diritti e doveri reciproci tra coniugi, tra i quali il supporto alla famiglia. In questo modo, seppure con una interpretazione estensiva della legge, si vanno ad abbracciare anche i figli di primo letto dell’altro partner».
Esistono obblighi morali?
Resta il fatto che nella maggior parte dei casi si formano dei legami affettivi. Ma si traducono in obblighi morali? «Dal punto di vista morale dovrebbero esserci, ma nella realtà spesso subentrano delle strumentalizzazioni che non tutelano gli interessi dei figli. Per esempio se una coppia con una figlia nata dal precedente matrimonio della partner si separa, accade spesso che la ex non permetta la frequentazione della bambina al genitore sociale, nonostante magari lui se ne sia preso cura per molti anni, instaurando un rapporto solido. Il risultato è che la bambina perderà la figura maschile di riferimento. In situazioni del genere dovrebbero prevalere l’intelligenza e il buon senso, ma non sempre è così. Questo è un tema molto sentito, per esempio, anche nelle coppie gay dove uno dei due genitori è biologico e l’altro è sociale, ma privo di diritti in caso di separazione» spiega Puglisi.
Da genitore sociale ad adottivo
Se, invece, il genitore sociale decide di chiedere l’adozione dei figli del coniuge, acquista anche la responsabilità genitoriale. Il bambino/a o ragazzo/a diventa anche erede e ha il diritto di essere mantenuto dal genitore sociale se quello biologico non può farlo. «L’adozione in casi speciali, come viene definita, può avvenire solo a certe condizioni: il genitore adottante deve avere almeno 18 anni in più rispetto all’adottato. Occorre anche un’autorizzazione da parte di quest’ultimo: se ha più di 14 anni deve dare il proprio consenso, se ha tra 12 e 14 deve essere sentito il suo parere, se è minore di 12 anni serve un nulla osta da parte del Tribunale dei minori, che si avvale dell’ausilio del servizio sociale che fa da “supervisore”. Occorre anche l’autorizzazione del genitore biologico, perché con l’adozione si va a perdere il cognome d’origine per prendere quello del genitore adottante, insieme a una serie di diritti e doveri reciproci, come per la filiazione naturale» spiega Puglisi.
In caso di opposizione da parte del genitore biologico, non è possibile adottare, a meno che non si tratti di un caso particolare: «Esistono eccezioni, come per esempio se le motivazioni del genitore biologico sono ritenute totalmente irrazionali e irricevibili, oppure se si trattasse di una persona con problemi tali da limitare la sua potestà genitoriale. In questo caso il Tribunale si sostituisce al genitore biologico e dà il consenso» conclude l’avvocato.