«Le donne non giocano a calcio».
«È naturale che le femmine abbiano una maggiore propensione per materie legate all’accudimento, come per esempio ostetricia, mentre i maschi siano più appassionati a discipline tecniche».
A stupirmi, più di queste frasi sentite negli ultimi giorni, è il moto di indignazione che hanno provocato. Mi colpisce lo sdegno perché se il pensiero di Gianluca Pecchini, (ormai ex) direttore generale della Nazionale Cantanti, fosse così impopolare, ci si litigherebbe i diritti tv per proiettare il campionato di calcio femminile e i genitori di tutta Italia farebbero a gara per iscrivere le loro figlie in una squadra. Se il pensiero del senatore Simone Pillon fosse così inviso, oggi non avremmo bisogno di scontare le tasse per le università scientifiche alle studentesse e non avremmo campagne volte a spingere le donne verso carriere in ambito tecnologico.
Quei pensieri se ne stanno rintanati sia nella testa di coloro che li sottoscrivono senza vergogna, che per me sono parenti dei terrapiattisti. Perché ognuno può aver diritto alle proprie opinioni ma non ai propri fatti. E ormai è un fatto ampiamente dimostrato che non ci sia una predisposizione genetica a determinate attività.
Ma quei pensieri hanno radici anche nella testa di chi non li verbalizzerebbe mai e inorridisce al solo udirli. Eppure ogni volta che diciamo: «La figura della mamma è insostituibile nei primi anni di età del bambino»; «Noi donne siamo più empatiche»; «Tocca a me occuparmi di mia suocera, perché mio marito non ce la fa», di fatto stiamo pronunciando forme più socialmente accettate degli stessi pensieri.
Più che lo sdegno, sarebbe utile dunque un esame di coscienza per assicurarsi che nessuna nostra azione educativa o scelta di vita sia stata mossa da tali opinioni che tanto ci sconcertano.
E dopo questo esame di coscienza, sarebbe il caso di chiedersi perché, nel 2021, qualcuno pronunci frasi simili in aperta contraddizione con lo spirito dei tempi, invece di limitarsi a pensarle, come fa la maggior parte. Se Gianluigi Pecchini è solo un uomo del secolo scorso, che non ha fatto corsi di aggiornamenti sul politically correct, e che ha pagato per ciò che ha detto, Simone Pillon invece è un personaggio ben consapevole del meccanismo dei social. Che ha semplicemente teso una trappola a cui abbiamo abboccato tutti. Ottenere un palcoscenico insperato per un pensiero apertamente fuori moda, che ha la particolare proprietà di propagarsi proprio mentre ci si affanna a confutarlo. Con questo articolo, mi ci metto pure io tra chi è caduto nella trappola di fare da megafono alle idiozie. Ma questa volta proprio non ho resistito.