Giocare per i nostri figli è importante tanto quanto mangiare. A dirlo sono diverse ricerche recenti, eppure nel 76% dei casi il tempo a disposizione per le attività ludiche è ritenuto troppo poco. Colpa degli impegni extrascolastici (22%), dei compiti (16%) e del fatto che tempi sono dettati dagli adulti (15%). E’ quanto emerge da una ricerca (Pepita Onlus), condotta da un team di psicologi in tutta Italia su 507 bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni e su 643 genitori. Per il 15% dei bambini intervistati il gioco preferito è il cellulare, seguito dai giochi in scatola (13%) e dai videogiochi (11%), mentre solo l 2% sceglie di disegnare o fare giochi di finzione.

“I bambini hanno la stessa voglia di giocare del passato. Quello che è cambiato è la solitudine, perché giocano sempre più spesso da soli. Gli studi in materia hanno evidenziato la necessità che i genitori abbiano più consapevolezza dell’importanza del gioco con i figli, che rappresenta un vero atto educativo” spiega a Donna Moderna Andrea Ballabio, educatore professionale e tra gli autori del libro Giochiamo! (San Paolo).

Il gioco e la sua importanza

“I bambini sono spesso prede in trappola, piccoli automi del ‘fare’ tra corsi di lingua, allenamenti sportivi e saggi di danza o gare di nuoto. Hanno bisogno anche di fermarsi e rilassarsi giocando con i genitori, con i nonni, con i loro amici. Giocare con loro costruisce solidi ponti che verranno utili quando, una volta diventati adolescenti, sembreranno poco coinvolti e burberi orsi dal facile ruggito” si legge nel libro.

“Molto è cambiato rispetto a 50 anni fa o più: nonni e genitori hanno dovuto fare i conti con guerra e necessità di lavorare, ma il gioco era considerato più importante e ai bambini erano lasciati spazi e tempi più liberi – spiega Ballabio – Certo oggi le condizioni sono cambiate, ma non bisogna dimenticare che il gioco per i bambini è importante tanto quanto il mangiare, perché muove dei neurotrasmettitori nel cervello, che hanno funzione di stimolo esattamente come il cibo. Si tratta di un bisogno primario per i più piccoli. I genitori, invece, non lo considerano come tale, ma spesso come mezzo per raggiungere un secondo fine” dice l’educatore.

Secondo la ricerca, il 65% degli adulti è consapevole che il gioco in generale favorisce la valorizzazione di un talento del figlio/figlia, per il contributo allo sviluppo di qualità strategiche (13%), logico-matematiche e mnemoniche (12%), soprattutto se si tratta di giochi in scatola.

“Valorizzare il talento è importante, ma lo è ancora di più giocare ‘con il cuore’, non per senso del dovere” spiega Nan Coosemans, Family Coach e fondatrice di Younite, associazione che organizza programmi, workshop e campus per adolescenti e genitori. “Penso che sia più importante proporre un gioco o un’attività che piace ai genitori stessi o nella quale gli adulti possono esprimersi meglio, perché il loro entusiasmo viene percepito dai figli. Loro cercano la nostra attenzione e se questa non è ‘vera’ lo capiscono e si può creare disagio, oltre a una sempre maggiore richiesta di considerazione, che può diventare morbosa”, aggiunge Coosemans.

Gli impegni e il tempo da ritrovare

Il lavoro e le attività quotidiane non facilitano la vita dei genitori e in particolare delle mamme. Secondo la ricerca queste riescono a dedicare al gioco coi figli ancor minor spazio rispetto ai padri, probabilmente perché maggiormente prese dal tempo destinato alla cura dei figli, all’accompagnamento alle attività extrascolastiche e ai compiti. Eppure ritagliarsi momenti per i figli è fondamentale, puntando sulla qualità più che sulla quantità. “Non bisogna esserci perché è un dovere, ma perché bello stare con i nostri figli a giocare, così come facciamo quando ceniamo insieme” spiega Ballabio, che aggiunge: “Se manca il tempo possiamo trasformare le azioni quotidiane in momenti di gioco: perché, ad esempio, non provare cucinare con i figli? O perché non provare a trasformare la necessità di fare la spesa in una caccia al tesoro all’interno del supermercato, dove farsi aiutare dai figli a trovare i prodotti tra gli scaffali? Certo, non sempre è possibile, ma esistono modi per dedicare ai bambini attenzioni anche nella vita quotidiana” aggiunge l’esperto.

Cosa si può fare

“Innanzitutto usare la fantasia” suggerisce Coosemans, che spiega come anche piccoli oggetti apparentemente inutili, come un legnetto o un filo possono trasformarsi in giocattoli rudimentali. Per chi fosse a corto di idee, però, il libro Giochiamo! dedica un intero capito a qualche prezioso consiglio.

I giochi all’aperto sono i più facili da poter fare. “In un prato possiamo giocare ai classici giochi: guardie e ladri (prendersi), mago libero, mosca cieca… Questi giochi aiutano il bambino a sfogarsi (cosa non di poco conto!), ne favoriscono lo sviluppo motorio (attraverso la corsa e il salto) e ne attivano i sensi (nel caso di mosca cieca)” si legge.

Tra i giochi meno noti, invece, sono citati ad esempio quello del “Solletico” (solleticare la pelle del bimbo, specie se piccolo, con un filo d’erba o della sabbia, ecc) o il “Cammina come…” (simulando la camminata di differenti animali). Se si è in spiaggia è possibile realizzare un “Acchiappasogni di conchiglie” o un “Memory delle vacanze” (dopo aver scattato foto durante un viaggio, le si possono stampare in doppia copia e usare come Memory per ricordare luoghi visitati e momenti trascorsi insieme).

Anche in casa è possibile reinventare giochi classici, come con il “Fazzoletto bomba”, dove l’obiettivo sarà passarsi un fazzoletto finché suona la musica e, una volta interrotta, cercare di non rimanere con la “bomba” in mano. Anche in sala d’attesa è possibile far passare il tempo, ad esempio col gioco delle “Parole parole parole”, dove bisogna che ciascun giocatore dica una parola che inizia con la sillaba finale di quella del giocatore precedente.

Cosa evitare

“Il gioco più bello per il tuo figlio sei tu”. Non ha dubbi Ballabio. Eppure, secondo il sondaggio, i bambini riescono a convincere mamma e papà a giocare con loro soprattutto con il telefonino (15%), seguito dai giochi in scatola (13%) e dai videogiochi (11%). Solo al quarto posto si trova il parco.

“Il rischio, oggi, è che il cellulare diventi una sorta di baby sitter. Per gli adulti può risultare più facile ricorrere ai videogiochi, ma per un bambino è più importante giocare con il suo papà o la sua mamma, in modo attivo e coinvolgente” spiega Ballabio. “Per ritagliarsi del tempo sarebbe sufficiente dedicare ai figli quello che si passa su WhatsApp o Facebook, dedicargli attenzione ed essere pronti a ricevere le loro storie. Spesso accade che loro ci stupiscano, con pensieri più interessanti di quanto non immaginiamo!” aggiunge Coosemans.

“Purtroppo, invece, accade di vedere, anche al ristorante, famiglie che danno il tablet o lo smartphone ai figli anche di due anni, per distrarli e per avere più tempo per se stessi. Ma dove sono finite le macchinine con le quali magari giocare insieme?” conclude Coosemans.