«Sono una quindicenne del 21esimo secolo; sono una ragazza del metro, con la musica nelle orecchie, i libri in mano e l’amore in testa.
La giovinezza pulsa nelle mie vene, traspare dagli occhi vigili, si sprigiona dalla mia voce dirompente; pensieri veloci si affollano dentro di me dando vita alla mia opinione sul mondo dei grandi, mentre la mia testa impreca tregua.
Quando però il sole cala sui tetti delle monotone abitazioni milanesi, quando per la strada le mie scarpe da ginnastica producono l’unico rumore percettibile, quando fiochi lampioni tentano di contrastare il buio, i miei quindici anni scompaiono. Musica libri e amore sono annientati. Il ritmo del respiro aumenta e lo sguardo si abbassa, perché il pensiero è solo uno. Quando il buio cala i miei quindici anni non hanno bocca per urlare. Quando il buio cala la mia sete di libertà è messa a tacere.
Quando il buio cala i miei quindici anni devono avere paura. Perché nel mondo dei grandi ho paura di svoltare l’angolo, di salire sul tram, di incrociare sguardi inopportuni. Nel mondo dei grandi i miei quindici anni sono seni giovani e gambe scattanti dalla pelle rosea. Nel mondo dei grandi svoltando l’angolo, salendo sul tram, i miei quindici anni potrebbero essere ferocemente violati da qualcuno che vede in me un allettante piccola preda.
Ma io voglio vivere i miei quindici anni, mostrando la mia pelle e ciò che ricopre, urlando a squarciagola, ballando fino all’alba. Voglio vivere i miei quindici anni all’insegna della spensieratezza e non della paura. Voglio vivere nel mio mondo, quello dei grandi può aspettare.
Mia madre mi mette in guardia. A volte i grandi ci raccontano storie dell’orrore per spaventarci. Ma ora che non sono più così piccola capisco che non sono solo favole. Come la vicenda di Fortuna Loffredo. Non so perché ma oggi, nella Giornata delle bambine, penso a lei e mi viene da piangere. Ma sento anche tanta rabbia. Fortuna non ha potuto vivere i suoi quindici anni; non ha pianto a un concerto, non ha dato il suo primo bacio, non ha varcato la soglia di casa con le chiavi in mano, non ha respirato la sua libertà. A Fortuna è stata negata la spensieratezza, al suo corpo è stata negata la dignità. I sei anni di Fortuna sono stati violati, scaraventata prima nel mondo dei grandi e poi a terra dall’ottavo piano. Fortuna, voglio dirti che la vita non è questa. Vola più in alto di tutti noi, conquista ciò che ti hanno tolto. I miei quindici anni urleranno per te».
testo di Carola Mauri, 15 anni