È un outsider, ’o prufessore. Un combattente rimasto fino a oggi lontano dalle luci della ribalta per stare lì dove la sua missione lo ha chiamato. Tra i ragazzi del quartiere Barra, la VI municipalità di Napoli che conta 40.000 abitanti, la percentuale di giovani e di dispersione scolastica tra le più alte della città e zero cinema, teatri, campi sportivi, autobus che ti portino a una scuola superiore. «La prima raggiungibile è a 4 chilometri a piedi. Come ci vai quando piove e magari già non hai tanta voglia di studiare?» si domanda ironico Giovanni Savino, classe 1979, di professione “artista sociale” e presidente della cooperativa Il tappeto di Iqbal.
La storia di Giovanni Savino e de Il tappeto di Iqbal diventano un film
Una realtà, quella de Il tappeto di lqbal, nata per contrastare lo sfruttamento minorile e la povertà educativa attraverso il teatro di strada, il circo, i “nasi rossi”, il basket e altri microprogetti sociali premiati all’estero, sostenuti da Save The Children ma meno valorizzati in Italia. Almeno fino a oggi. Perché la sua scelta di vita di essere dalla parte dei “buoni” («ma non mi chiami eroe» si raccomanda), di accogliere sotto il suo tendone ogni anno 200 minori, di metterli sui trampoli, a fare parkour o acrobatica, o anche solo di cenare insieme per evitare che se ne vadano in giro la sera è diventata un film. Si intitola Criature e il protagonista è il maestro di strada Mimmo, un ex insegnante che tenta di strappare i ragazzini delle scuole medie agli ingranaggi della malavita e dello sfruttamento del lavoro attraverso l’arte circense.
Gli effetti del Decreto Caivano a Napoli
Il film è ora nelle sale. Rincorso dalla cronaca che vede Napoli di nuovo al centro dell’emergenza minorile dopo gli omicidi di Emanuele, Santo e Angelo, tre giovanissimi uccisi per mano di altrettanti teenager con la pistola in tasca. Secondo il nuovo report dell’associazione Antigone, in 22 mesi i detenuti negli Istituti penali per minorenni italiani sono cresciuti del 48%, ma i reati non sono aumentati. «Un’impennata che non trova fondamento in un parallelo picco della criminalità minorile, negli ultimi 15 anni ha avuto un andamento ondivago e nel 2023 ha visto diminuire del 4,15% denunce e arresti». Secondo Antigone, sarebbe uno degli effetti del Decreto Caivano dello scorso anno, che ha inasprito le sanzioni e aumentato il ricorso alla detenzione. Giovanni Savino fa un lungo sospiro e allarga le braccia.
«Dopo l’omicidio di Mergellina in cui ha perso la vita Giogiò per mano di un ragazzo di Barra nel 2023, avevo proposto di istituire un assessorato dedicato all’adolescenza. C’era stata subito grande adesione e poi è caduto tutto nel dimenticatoio. Noi possiamo dimostrare che, quando ci sono i finanziamenti, i progetti portano risultati concreti. Ma se i fondi vengono tagliati cosa puoi dire alla mamma di Santo e di tutte le vittime? Che non c’erano abbastanza soldi per salvare i loro figli? Sa cosa sogniamo noi operatori? Di lavorare meno: ho 45 anni e sono in prima linea da 15, sono stanco e, come accade nel film, penso ogni mattina di mollare ma poi ovviamente non lo faccio. Quando il prefetto mi dice che i ragazzi dovrebbero stare a casa, di quale case parla? Di quelle di 30 metri quadri dove sono in nove con i familiari agli arresti domiciliari? Questa sera io ho una cena con 25 adolescenti, che per me vuol dire toglierli dalla strada, e poi tornerò troppo tardi per stare con la mia famiglia. Non è una vita semplice».
Giovanni ha 3 figli, il primo si chiama Martin, «come Martin Luther King, proprio quello che si vede sul gigantesco murales appena scesi dal treno a Barra ed è stato disegnato da Jorit».
Così Giovanni Savino ha deciso di mettersi a disposizione della comunità
In questa terra di confine Savino ci è nato. «Ma stavo nella parte bene del quartiere, mio papà era un dirigente sanitario e mia mamma un’insegnante. La realtà, però, era sotto gli occhi di tutti. Ricordo un giorno che stavo andando al liceo e vidi la sagoma di un uomo a terra con un lenzuolo addosso. C’era chi lo scavalcava, fu un fatto che mi colpì tantissimo. Da studente di Ingegneria iniziai poi a lavorare come educatore e nel 2005 uno dei miei ragazzi venne ammazzato. Due ore prima giocavamo insieme, due ore dopo non c’era più. In quel momento decisi che avrei fatto un mestiere sul campo, nel mio quartiere. Sapevo la matematica, mi piaceva fare teatro e giocare a basket, così pensai di mettermi a disposizione della comunità. Non sono un insegnante, anche se qui mi chiamano tutti ’o prufessore perché a Napoli qualsiasi persona che insegna viene definito così».
Giovanni Savino: Il tappeto di Iqbal è il mio quarto figlio
Il professore di cose ne ha fatte parecchie (è tutto sul sito iltappetodiiqbal.org), il film racconta la prima parte della sua missione. «Lì c’è la mia idea e la mia strategia di partenza, è la mia storia all’80%. Oggi ci sono i risultati. Abbiamo recitato Gramsci davanti a papa Francesco in San Pietro, siamo stati premiati dal Parlamento Europeo, gestiamo progetti per Save The Children… Adesso che si vedono le locandine del film appese per Barra, c’è pure chi pensa abbia fatto i soldi. Ma, a parte il fatto che la notorietà non mi interessa perché mi avrebbe distratto dal mio obiettivo, le pare che se fossi diventato ricco me ne starei ancora qui? (ride, ndr). Appena ho ricevuto il compenso dalla casa di produzione, ho portato 20 ragazzi in Svizzera a fare un torneo di basket». Il tappeto di Iqbal, dice Giovanni, è il suo quarto figlio e il tentativo di realizzare il suo sogno di bambino:
«Immaginavo di creare la Contea di Barra e chiudere fuori tutti i cattivi. In questi anni abbiamo avuto intimidazioni, animali impiccati, ruote bucate, messaggi minatori. Ma il giorno in cui le minacce si fermeranno sa cosa significa? Che avranno vinto loro».
Criature è al cinema
Criature racconta la storia di Mimmo, educatore di strada a Napoli che attraverso l’arte circense cerca di recuperare un gruppo di ragazzi. Li riporta sui banchi di scuola e li strappa al lavoro e alla criminalità. Il film è Ispirato alla vita e all’impegno di Giovanni Savino, presidente dell’associazione Il tappeto di Iqbal. È diretto dalla regista italo-francese Cécile Allegra, pluripremiata per i suoi documentari di denuncia sociale. E interpretato da Marco D’Amore, l’ex cattivo di Gomorra. Nel cast anche Maria Esposito di Mare fuori. Ora in sala per Medusa Film.