Adelma, vedova pensionata, spinge il carrello, mentre guarda la frutta che l’accoglie nel supermercato. Mele, pere, uva, fragole. Si avvicina e si ferma qualche attimo per leggere i prezzi: 3,50 euro per un chilo di mele; 1,50 euro per un etto di fragole; quasi 5 euro per una confezione di uva. Ormai da qualche tempo la frutta se la concede solo d’estate, quando ci sono le offerte. Anche la verdura la guarda e basta. O quasi. A volte prende un cavolo cappuccio o un cespo di lattuga, le carote e le patate. Sempre e solo in offerta, col rischio di scoprire a casa che l’insalata è quasi marcia, le carote sono amare e flaccide e le patate nascondono sotto la buccia decine di gallerie di insetti. Così è più quello che butta che quello che mangia. Il suo carrello è ancora vuoto quando arriva al reparto delle carni. Guarda i vari tagli, ma i prezzi sono alti e non c’è nessuna offerta. Il suo medico le dice sempre che deve mangiare più carne, che le analisi non vanno bene e che è dimagrita troppo. Lei annuisce, promette che lo farà, perché si vergogna a dirgli che non può permettersela.

Chi sono gli esperti che ci parlano di diritto al cibo sano

Quella che hai appena letto è solo una delle 13 storie che trovi nel libro La spesa nel carrello degli altri. L’Italia e l’impoverimento alimentare uscito a fine agosto per Baldini + Castoldi. Autori: Andrea Segrè, che insegna all’Università di Bologna, è consigliere speciale del Sindaco di Bologna per le Politiche alimentari urbane e metropolitane e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International – Campagna Spreco Zero; Ilaria Pertot, che insegna all’Università di Trento ed è figura di riferimento internazionale nella ricerca avanzata agroalimentare.

Che cos’è l’impoverimento alimentare

«La premessa della nostra indagine è l’interrogativo: “Come mangiano i poveri?”. Per scoprirlo, oltre a studiare i dati, abbiamo iniziato a fare la spesa con il carrello degli altri, con chi arranca alle casse del supermercato. E ciò che emerge dalla nostra indagine va ben oltre la semplice risposta su come mangiano i poveri. Si tratta di una nuova condizione che coglie meglio il legame complesso e multidimensionale tra povertà, insicurezza, spreco, malnutrizione e altri fattori. L’abbiamo definito “impoverimento alimentare”, una situazione di squilibrio sofferta da una platea di persone molto ampia e in forte crescita in Italia e che ha delle conseguenze negative sulla salute, sull’ambiente, sull’economia» raccontano i due autori.

Cibo sano: gli italiani sono sempre più poveri e fanno fatica a comprarlo

Ma partiamo dai numeri. Purtroppo ci dicono che gli italiani stanno diventando sempre più poveri. «In Italia i dati dell’Istat indicano un aumento delle famiglie in situazioni di povertà estrema, che passano dal 7,7% nel 2021 all’8,5% nel 2023. Il fenomeno riguarda più di 5,7 milioni di persone» spiega Segrè. A peggiorare è anche il nostro potere di acquisto: nel 2023 la spesa media per i consumi è aumentata del 3,9% rispetto all’anno precedente – e la causa principale è l’inflazione che è cresciuta del 5,9% annuo – ma nei nostri carrelli, pur spendendo di più, ci mettiamo meno cose (per la precisione, l’1,8% in meno). Quindi quali sono le strategie di risparmio adottate dalle famiglie? Secondo i dati dell’osservatorio Waste Watcher International (WWI), si rinuncia alla qualità degli acquisti alimentari, si riduce la quantità e si aumenta la spesa nei discount.

Mangiamo peggio e sprechiamo di più

Sempre dalle indagini del WWI sullo spreco alimentare svolte in vari Paesi, fra i quali il nostro, emerge una tendenza mai notata prima e per certi versi controintuitiva. «I ceti meno abbienti della popolazione, quelli più colpiti dalla crisi economica e dall’inflazione alimentare, paradossalmente sprecano di più rispetto agli altri. Lo spreco è addirittura “doppio”. Nel senso che l’abbassamento della qualità dei prodotti alimentari acquistati porta a uno spreco quantitativo, per esempio la frutta e la verdura in offerta prossima al deterioramento, mentre il consumo di alimenti poco costosi, ma di basso valore nutrizionale, si riflette sul peggioramento della dieta e quindi della salute» dice Andrea Segrè. Proprio quello che emerge dalla storia di Anselma.

Ci manca l’educazione al cibo sano

Tuttavia risulta che anche chi se la passa meglio dal punto di vista economico spreca alimenti, benché in misura relativamente più contenuta, non dedicando attenzione all’alimentazione. E qui entra in gioco il secondo grande fattore, forse ancora più importante del primo, legato all’impoverimento alimentare.

Nel nostro Paese manca una sana educazione alimentare, che andrebbe inserita nei programmi scolastici sin dalle prime fasi dell’istruzione

dice Ilaria Pertot. «Per insegnare non solo i valori nutrizionali, ma anche come riconoscere dal sapore un cibo buono e uno cattivo, come creare una dieta equilibrata, come conservare e utilizzare al meglio gli alimenti».

Quali soluzioni abbiamo

Che fare, dunque? «Se vogliamo contrastare l’impoverimento alimentare è necessario adottare interventi di medio e lungo termine. Ciò implica che la politica dovrebbe abbandonare un modello orientato esclusivamente all’intervento in situazioni di emergenza e impegnarsi a mettere in pratica il diritto al cibo» dice Segrè. «Ovvero, il diritto a un’alimentazione adeguata, sufficiente, nutriente, compatibile culturalmente. Che è un diritto universale, perché lo ritroviamo già nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, ma che al momento è rimasto solo sulla carta» continua Ilaria Pertot.

Che cos’è la giustizia alimentare

E che si porta dietro un altro importantissimo concetto: la “giustizia alimentare”, cruciale non solo per la nostra salute e sicurezza, ma anche per la sostenibilità ambientale e il benessere sociale. Perché, per esempio, evitando la pressione per produrre alimenti a basso costo, gli agricoltori sono più inclini a praticare metodi di produzione rispettosi dell’ambiente. Oppure, istituendo una specie di etichetta “narrante” sui cibi a basso costo, in cui si spiega perché li paghiamo così poco, si promuove un acquisto più attento e consapevole. Un diritto, quello al cibo, che dobbiamo conquistarci. Perché avrebbe il vantaggio non solo di rendere meno vulnerabile chi è già in difficoltà e di contrastare la condizione di impoverimento, ma agirebbe da spinta gentile sui comportamenti, orientandoli verso stili di vita più sani e sostenibili.

Il libro da leggere

Il saggio La spesa nel carrello degli altri. L’Italia e l’impoverimento alimentare di Andrea Segrè e Ilaria Pertot (Baldini + Castoldi) “fotografa” i carrelli della spesa di 13 famiglie italiane per capire come sta cambiando la nostra società e restituire a tutti il diritto al cibo sano. La prima presentazione del libro al pubblico è alla 25ª edizione del festival letterario Pordenonelegge, domenica 22 settembre alle 19 (il programma completo è su pordenonelegge.it).